Messico: l'invasione di armi americane
L'ondata di violenza che in 10 anni ha provocato oltre 100 mila vittime è perpetrata con armi «made in the Usa»
«Metà delle 33 mila vittime di omidicio in Messico l'anno scorso sono state ammazzate da un'arma prodotta negli Stati Uniti». L'accusa arriva di The Economist, attraverso un articolo intitolato «Armi statunitensi stanno invadendo l'America Latina». Ancor più diretto il sommario, che recita: «Più probabile che un'arma prodotta negli Stati Uniti uccida un messicano che un americano».
Il settimanale britannico porta alla luce un fenomeno sconcertante: l'esplosione degli omicidi a mano armata in Messico, passati dal 16 per cento del 1997 al 66 per cento del 2017. Il Paese più a Sud del Nord America sta sperimentando un'inaudita ondata di violenza armata, che fra il 2008 e il 2018 ha causato la morte di oltre 100 mila persone.
L'aspetto paradossale è che tutto ciò avviene in un Paese che ospita un unico negozio di armi. Proprio così: nell'intero Messico si possono comprare pistole e fucili solamente presso la Dirección de Ventas de Armas y Municiones, una rivendita gestita dalle Forze armate in una sorvegliatissima base militare alle porte di Città del Messico. Per accedervi, gli acquirenti devono sottoporsi a mesi di controlli (sono richiesti sei diversi documenti) e a una minuziosa perquisizione finale.
Il risultato di questa complessa trafila burocratica è che lo spaccio militare vende in media 38 armi al giorno. Peccato che, ogni giorno, almeno 580 armi vengano contrabbandate in Messico dagli Stati Uniti.
Già, gli Stati Uniti... «Le armi da fuoco americane stanno direttamente alimentando la violenza» denuncia senza mezzi termini il quotidiano Los Angeles Times. «Nonostante giochino un ruolo anche gli appetiti statunitensi per la droga e la corruzione dilagante fra i funzionari messicani».
A puntare il dito in modo ancor più esplicito sulle responsabilità del vicino settentrionale è il sito bilingue Mexicanist, che scrive: «Le armi arrivano in Messico di contrabbando, ma in precedenza sono state acquistate legalmente negli Stati Uniti». Pesantissimo il commento finale: «Si tratta di una politica degli armamenti per esportare tassi di criminalità in Messico e nel resto dell'America latina».