Migranti in mare: chi deve soccorrerli secondo la legge
A regolare l'emergenza è la Convenzione di Amburgo. Ecco cosa prevede e cosa deve fare la Guardia costiera italiana
Malta e l'Italia si rimpallano le responsabilità, Macron dall'alto dei suoi porti lontani lancia rimproveri a Roma (dimentico dei respingimenti francesi sul fronte Ventimiglia), la Spagna accoglie e anche lei bacchetta. Con Matteo Salvini premier dell'Interno del neonato governo gialloverde, l'emergenza migranti che invade regolarmente l'estate italiana è diventata un rebus ancora più complicato. Con l'Europa tutta chiamata a sciogliere il dilemma dell'accoglienza.
Ma a chi spetta davvero il soccorso in mare? Ecco cosa dice la legge.
Cos'è la Convenzione di Amburgo
A regolare l'attività di soccorso dei migranti in mare è la Convenzione internazionale sulla ricerca e il salvataggio marittimo, siglata ad Amburgo nel 1979 e ratificata dall'Italia dieci anni dopo.
Accordo internazionale strutturato dall'Organizzazione marittima internazionale (Imo), la Convenzione di Amburgo è nata per tutelare la sicurezza della navigazione mercantile, quindi con funzione diversa da quella per cui ora si presta, di regolamentazione dell'emergenza migranti.
Cosa deve fare Guardia costiera di Roma
Come comportarsi se arriva la segnalazione di un'emergenza in corso al di fuori della propria area di responsabilità Sar (Ricerca e soccorso), in acque internazionali? Secondo la Convenzione di Amburgo, il Centro nazionale di Coordinamento del soccorso marittimo (Imrcc) della Guardia costiera di Roma, non appena riceve la segnalazione, deve avviare le prime azioni e assumere il coordinamento delle operazioni di soccorso.
Contemporaneamente l'Imrcc di Roma deve avvisare l'autorità Sar competente, o comunque quella in grado di fornire l'assistenza migliore ("better able to assist"), perché assuma il coordinamento. Se questa non risponde o non è disponibile, l'Imrcc di Roma coordina le operazioni fino alla loro conclusione e individua, in qualità di "autorità coordinatrice", il luogo sicuro di sbarco ("place of safety") dei naufraghi.
Cosa fare se un gommone è in difficoltà in acque libiche
Facciamo un esempio concreto. Se un gommone di migranti è in difficoltà in acque di competenza della Libia e la Guardia costiera italiana riceve l'sos, deve avviare le prime azioni di soccorso. Ecco quindi la trasmissione del "messaggio circolare" a tutte le unità in transito in quella zona. In questo messaggio si spiega che c'è una situazione di emergenza e si invita a contattare la Guardia costiera libica in quanto autorità competente per la ricerca e il soccorso; si forniscono i contatti della guardia costiera libica, insieme a quelli dei centri di soccorso marittimo più vicini, cioè Malta, Tunisia e Italia.
La Guardia costiera italiana intanto avvisa quella libica della situazione di emergenza in corso nella zona Sar libica, informandola dell'avviso inoltrato a tutte le navi in transito nella zona.
Ora si possono delineare due scenari.
- Se la Guardia costiera libica risponde positivamente, assume il coordinamento dei soccorsi. L'attività viene svolta del tutto legittimamente, in quanto nel dicembre 2017 la Libia ha dichiarato la propria assunzione di responsabilità su una determinata zona Sar (atto che può essere compiuto unilateralmente) ed è stata riconosciuta dall'Organizzazione marittima internazionale quale centro di coordinamento dei soccorsi per la propria area Sarch&Rescue.
- Se invece, per qualche motivo, la Libia non risponde o risponde negativamente alla richiesta di gestire l'emergenza, la Convenzione di Amburgo stabilisce che ad occuparsi dei soccorsi debba essere chi per primo ha ricevuto la richiesta, quindi l'Italia. Questo perché lo scopo primario resta la salvaguardia delle vite in mare.
Per saperne di più:
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