Morti sul lavoro, coscienza e ricerca di rimedi
I fatti di cronaca, quotidiani, ci devono obbligare ad un nuovo e diverso atteggiamento dal punto di vista legislativo ma, ancor prima, di coscienza
E’ di questi giorni la notizia dell’ennesima morte sul lavoro.
A stupire, nel caso del bracciante indiano Satnam Singh, morto mentre raccoglieva verdura nei campi di Latina, sono l’evento morte ma, prima ancora, le modalità. Il tema, prima che “di legge”, attiene alla pietas e cioè l’insieme dei doveri che l’uomo – da un paio di millenni – ha, o dovrebbe avere, verso i suoi simili.
Fin tanto che non verranno doverosamente “ripassati” certi concetti, parlare di legge avrà una portata accessoria.
Al netto della questione etico / sociale, sono abbastanza note a tutti – o, dati alla mano, dovrebbero esserlo almeno per i “tecnici” – le macro-aree del mercato del lavoro per cosi’ dire “calde” e, in quanto tali, meritevoli d’essere attenzionate: appalti cd. Labour intensive; mancanza di formazione; esasperazione del profitto; controlli episodici (e, detta tutta, sovente mirati a “far cassa” piuttosto che non a combattere realmente illeciti dalla portata endemica).
A ciò si aggiunga l’assenza di una moral suasion realmente convincente ovverosia la tendenza a gestire l’argomento “sicurezza sul lavoro” alla stregua di ineluttabile fatto di cronaca, un prezzo da pagare, senza che, al riguardo, acquisti effettiva dimensione una campagna di informazione tesa a far acquisire, a tutti, maggior consapevolezza del problema.
Qualcosa va tuttavia muovendosi e – tornandosi alla “pubblicità” – è di recentissima introduzione l’integrazione dell’art. 29 del d.lgs. N. 276 / 2003 – meglio noto come “legge Biagi” – cui è stato aggiunto il comma 1 bis il quale stabilisce che al personale impiegato nell’appalto di opere o di servizi e nell’eventuale subappalto, va riconosciuto un trattamento economico complessivo non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi (nazionali o territoriali) maggiormente applicati “nel settore e per la zona il cui ambito d’applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto”.
Non la soluzione del problema, ma certamente un primo passo.
Chissà mai che possano seguire una legge – a valere per pubblico e privato – che stabilisca, in modo inequivocabile, quando il valore economico orario di una retribuzione non è più “sostenibile”; che possano istituirsi corsi di formazione obbligatori premianti le aziende che più ne sostengono; che si possa considerare, in un momento di totale emergenza, di accontonare per un attimo temi secondari (rispetto ai quali l’elenco potrebbe essere tanto lungo quanto “bipartisan”).
“chi teme di fallire limita le sue attività. Il fallimento è solo l’opportunità più intelligente per ricominciare” (Henry Ford).
Ecco, noi abbiamo il dovere di ricominciare dal “fallimento” che abbiamo subito con la morte del signor Satnam Singh perchè la storia del nostro paese impone di prendere le distanze da un certo modo di pensare e di agire e l’uomo, imprenditore o lavoratore che sia, deve tornare ad acquisire centralità nel “progetto”. Senza scappare!