Mosca, no di Putin alle adozioni Usa dei bambini russi
Il capo del Cremlino pronto a firmare la legge come ritorsione contro Washington per il Magnitsky Act
Sembra di essere tornati ai tempi della Guerra Fredda, quando l'equilibrio tra le due superpotenze era scandito da azioni e ritorsioni, in un circolo vizioso senza soluzione di continuità. Vladimir Putin si appresta a firmare la legge che vieta ai cittadini americani di adottare bambini dagli orfanotrofi russi. Ieri la norma è passata anche al vaglio del voto della Duma e ora il capo del Cremlino ha già la penna in mano.
Lo zar di Mosca è da sempre contrario alle adozioni degli orfani russi al di fuori dei confini della Federazione. A marzo, quando era ancora premier, aveva pubblicamente dichiarato che i bambini russi adottati da famiglie straniere devono essere una "rara eccezione". "Dovremmo tentare di garantire alla maggior parte dei bambini russi di trovare delle famiglie qui", aveva aggiunto all'epoca. E adesso è arrivato il momento di concretizzare quanto annunciato.
La Russia conta per il 10% delle adozioni negli Stati Uniti. Solo nel 2011 sono stati adottati da genitori americani circa 1.000 bambini russi. Dal 1999 la cifra di adozioni Usa-Russia è di 45.000 orfani. Ma, adesso, con il voto della Duma e la firma di Vladimir Putin, quel mercato si chiuderà, così come potrebbero interrompersi anche le adozioni verso altri Paesi stranieri.
Pavel Astakhov, Commissario per i diritti dell'infanzia a Mosca e tra i primi firmatari della legge anti-adozioni Usa, ha dichiarato che dopo il voto della Duma 46 bambini in procinto di partire verso gli Stati Uniti verranno trattenuti in Russia, e ha lanciato l'idea di proporre un divieto generalizzato per tutte le adozioni internazionali: "Credo che qualsiasi paese straniero sia cattivo per il nostro paese", ha dichiarato il fedelissimo di Putin.
Gli Usa hanno espresso rammarico e preoccupazione per la decisione del Cremlino, anche perché la posizione del presidente russo assume i contorni di una vera e propria ritorsione ai danni di Washington, per qualcosa che con le adozioni e i bambini non ha davvero nulla a che fare.
Il 14 dicembre Barack Obama ha firmato il Magnitsky Act, una legge che vieta i visti d'ingresso negli Usa a tutti coloro che sono legati alla morte in carcere di Sergey Magnitsky , l'avvocato russo arrestato per aver denunciato un intricato sistema di corruzione tra i massimi ranghi del Paese, coinvolgendo molti funzionari che figurano tra gli alti papaveri dell'amministrazione moscovita.
Washington e l'Osce hanno pesantemente puntato il dito contro la gestione dei diritti umani in Russia e la risposta di Putin non si è fatta attendere.
Il presidente russo ha anche detto che, contestualmente al divieto di adozione verso gli Usa, firmerà un decreto per migliorare la condizione degli orfani russi e di tutto il sistema di welfare per l'infanzia. Sostanzialmente, il capo del Cremlino ha intenzione di "modificare le procedure per aiutare gli orfani e tutti quei bambini che non possono godere delle cure genitoriali", e - soprattutto - "sostenere e aiutare tutti quei bambini svantaggiati che patiscono gravi malattie sin dalla nascita".
Ma, al di là dell'attenzione nei confronti dei bambini che Vladimir Putin ha sempre dimostrato sia da premier che da presidente, il divieto alle adozioni verso gli Usa assume i contorni di una drammatica rappresaglia che, per la prima volta, va a colpire direttamente l'opinione pubblica americana e non resta relegata ai giochi di potere delle alte sfere.
Tra le altre cose, la nuova legge rende carta straccia un accordo ratificato proprio quest'anno tra i due Paesi ed entrato in vigore il 1 novembre, nel quale veniva richiesta una maggiore vigilanza e attenzione ai profili dei genitori adottivi, in seguito a casi di abusi e alla morte di alcuni bambini russi adottati negli Stati Uniti.
Resta il fatto che 46 bambini russi, con i documenti in tasca e già con la valigia pronta, non potranno raggiungere le loro famiglie oltre oceano e dovranno continuare a vivere in un orfanotrofio, in attesa di un'altra famiglia che li accolga, preferibilmente con il pedigree rilasciato da Mosca.