Donald Trump
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Bando agli immigrati: la Corte Suprema dà ragione a Trump

Approvato il provvedimento che limita l'ingresso negli Stati Uniti ai cittadini di Iran, Libia, Somalia, Sudan, Siria e Yemen

La Corte Suprema degli Stati Uniti ha dato ragione al presidente, Donald Trump, e ha avallato la piena applicabilità del bando che limita l'ingresso negli Stati Uniti ai cittadini di sei Paesi musulmani (Iran, Libia, Somalia, Sudan, Siria e Yemen) che la Casa Bianca ha presentato in un'ennesima versione dopo una serie di azioni legali e proteste tese a contrastarlo.

E' la prima volta che la massima corte - interpellata in più fasi - consente l'applicazione piena di una misura dall'iter contrastato, sullo sfondo della frustrazione manifestata a più riprese dallo stesso presidente che della "sicurezza alla frontiera" ha fatto suo manifesto, sia nella lotta al terrorismo che alla criminalità.

Un iter travagliato

Ma proprio il "bando" era stato il suo esordio tanto clamoroso quanto controverso, quando a gennaio aveva firmato un ordine esecutivo che bandiva dall'ingresso negli Usa i cittadini di sette paesi a maggioranza musulmana e sospendeva l'accoglienza per i rifugiati.

Immediate le proteste ma anche i ricorsi legali, di fronte ai quali l'amministrazione si era trovata costretta a presentare una seconda versione rivista del provvedimento, a marzo. Quindi un via libera "parziale" da parte della Corte Suprema in giugno, che ha imposto di stilare una terza versione, a cui la Corte Suprema ha dato il via libera.

La decisione è stata presa a maggioranza, con il parere contrario di due giudici, Ruth Bader Ginsburg e Sonia Sotomayor. Così la vittoria giunge particolarmente gradita per il presidente Donald Trump, come a rafforzare una ondata di ottimismo per il vento che sembra adesso soffiare a suo favore, a partire dalla riforma fiscale che si avvia a un nuovo esame prima di diventare legge offrendo la prospettiva della sua prima vera vittoria legislativa e passando per la forte speranza della vittoria in Alabama - si vota il 12 dicembre nell'elezione speciale per sostituire Jeff Sessions nominato da Trump ministro della Giustizia - nonostante il candidato repubblicano Roy Moore sia stato travolto da accuse di molestie sessuali.

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Redazione