Al Shabaab, chi sono gli attentatori di Nairobi
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Al Shabaab, chi sono gli attentatori di Nairobi

Ritratto del gruppo legato ad Al Qaeda responsabile della strage al centro commerciale Westgate - la testimonianza  - la diretta tv  - gli aggiornamenti  - le foto

di LookOut News

All’inizio troviamo i conflitti intertribali, quelli che avevano portato al crollo del regime di Siad Barre. Seguono dieci anni di blackout, in cui a nulla serve l’operazione di Stati Uniti e ONU per ripristinare la pace.
Poi, nel 2000, il primo governo transitorio che rimarrà in vita tre anni. E il secondo, nel 2004, appoggiato dagli USA e riconosciuto dalla comunità internazionale. È in questa fase che entrano in scena gli islamisti. Mentre il governo transitorio è in esilio a Nairobi e il nord della Somalia è nelle mani dei vari signori della guerra, nel sud del Paese si fa strada l’Unione delle Corti Islamiche. Finanziata da Arabia Saudita e altri Paesi del Golfo, e sostenuta militarmente dall’Eritrea, essa prende il controllo di Mogadiscio dal giugno al dicembre 2006.
 
Il movimento Harakat al-Shabaab al-Mujahidin, più comunemente noto come Al Shabaab (“La Gioventù”), emerge in questo frangente come braccio armato dell’Unione delle Corti Islamiche. La formazione è in prima linea nel contrastare l’avanzata delle forze governative somale e delle truppe etiopi che, con l’appoggio degli Stati Uniti, tentano di sottrarre loro la capitale.
 
Ma, anche con la liberazione di Mogadiscio il 28 dicembre 2006 e i successivi bombardamenti americani, gli Shabaab continuano a essere ben radicati nelle aree meridionali del Paese e ne prendono progressivamente il controllo.
Con il ritiro delle truppe etiopi nel gennaio 2009, la formazione jihadista – ormai indipendente dall’Unione delle Corti Islamiche e affiliata ad Al Qaeda – pone Mogadiscio sotto costante assedio, e riconquista la roccaforte governativa di Baidoa e la città portuale di Kismayo, strappandola al gruppo islamista rivale Hizbul Islam.
 
Ma nel 2011 la carestia colpisce il sud della Somalia. Al Shabaab respinge gli aiuti umanitari occidentali e la credibilità dei mujaheddin – che fino a quel momento godevano del pieno sostegno delle popolazioni locali – crolla drasticamente. Nell’ottobre dello stesso anno, con l’ingresso delle truppe keniote nel Paese, viene inferto agli Shabaab il colpo decisivo. Questi, che si erano già ritirati da Mogadiscio due mesi prima, abbandonano, nel corso del 2012, i territori precedentemente occupati. Kismayo – ultima roccaforte islamista, nonché porto strategico che garantiva facili approvvigionamenti – cade nell’ottobre di quell’anno.
 
Nel frattempo, nell’agosto 2012, dopo oltre vent’anni di conflitti e di vuoto istituzionale, si insedia a Mogadiscio il primo governo federale somalo. Con una forza militare di circa 7.000 uomini, molti dei quali combattenti stranieri, Al Shabaab non può, tuttavia, considerarsi sconfitto. La sua presenza in molte aree rurali del Paese, da cui vengono coordinate le incessanti azioni di guerriglia contro il nuovo governo di Mogadiscio, costituisce ancora una seria minaccia alla stabilità della Somalia.
 
Il nuovo leader di Al Shabaab
Ahmed Abdi Godane – nome di battaglia Mokhtar Abu Zubeir – è stato ufficialmente nominato emiro di Al Shabaab nel dicembre 2007. Classe 1977, egli è anche uno dei fondatori dell’organizzazione.
Nelsuo primo annuncio come capo del movimento nel giugno 2008, Godane ha giurato fedeltà a Osama Bin Laden. Per il leader di Al Shabaab il territorio somalo è infatti solo uno dei tanti fronti del jihad globale condotto da Al Qaeda: obiettivo del gruppo, come si evince da una dichiarazione del giugno 2012, è imporre la sharia in Somalia e nel resto del Corno d’Africa, combattendo contro il governo di Mogadiscio e le due nazioni apostate, Kenya ed Etiopia.
Nel febbraio 2008 il Dipartimento di Stato americano annovera Al Shabaab tra le organizzazioni terroristiche. Sul finire dello stesso anno l’Office of Foreign Assets Control ha proclamato Godane Specially Designated Global Terrorist.

La diretta da Nairobi della tv Kenyana KTN

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Luciano Tirinnanzi