Napolitano dalla montagna incantata vigila sul governo Renzi
Passeggiate, romanzi e un libro su Togliatti: le giornate del capo dello Stato sulle Dolomiti con Macaluso. Re Giorgio è tornato centrale sulle riforme
Lunghe passeggiate e romanzi. Con un occhio a Palmiro Togliatti: le lettere dal 1944 al 1964 nel libro «La guerra di posizione in Italia» di Gianluca Fiocco e Maria Luisa Righi, con prefazione di Giuseppe Vacca, in cui «Il Migliore» appare più moderno di Enrico Berlinguer, perché già nel 1946 incaricò Luigi Longo di fare una relazione sul partito laburista inglese.
L’unico rammarico di Giorgio Napolitano, in questi giorni di vacanza sulle Dolomiti, probabilmente è la pioggia che va e viene. Per il resto legge e passeggia, conversa con l’amico di una vita Emanuele Macaluso che per il secondo anno ha convinto «Giorgio» a unirsi a lui in Val Fiscalina. I due sono un pezzo di storia del Pci arrivati al giro di boa degli 89 anni (Napolitano) e dei 90 (Macaluso). È l’estate in cui ricorre il trentesimo anniversario della scomparsa di Berlinguer, ma anche il cinquantesimo anniversario della morte di Togliatti (agosto 1964). Avranno tante cose da dirsi e sulle quale riflettere.
La montagna «incantata» di Napolitano sembra lontana anni luce dal caos romano della riforma del Senato, dai giorni della bolgia e dell’ostruzionismo. Eppure, dopo mesi di apparente oscuramento da parte del protagonismo e velocismo renziano, «Re Giorgio» è tornato al centro dei giochi.
Se il presidente legge, passeggia, vigilando sul caos di Roma, sfoderando quella imperturbabilità che ebbe di fronte all’ «Apocalisse» (Curzio Malaparte) dei bombardamenti a Napoli, Matteo Renzi si dibatte e si dimena per dissinnescare la mina dell’ostruzionismo al Senato. E mai come in questo momento ha bisogno di Napolitano che vigila e interviene, quando è proprio necessario. In aiuto del premier Napolitano era già andato la settimana scorsa durante la cerimonia del Ventaglio con la stampa parlamentare, quando bacchettò l’ostruzionismo di chi parla di «svolte autoritarie», poi un’altra nota «contro la paralisi del paralamento» e ancora altre parole per smentire seccamente pressioni da parte della Presidenza della Repubblica sui «ribelli», come avevano scritto alcuni giornali. Le cronache hanno anche parlato di critiche che Napolitano avrebbe fatto in privato al presidente del Senato Pietro Grasso per la conduzione dei lavori in aula.
Nel mirino la concessione del voto segreto su 920 emendamenti. Secondo gossip di Palazzo il capo dello Stato non avrebbe molto apprezzato che Grasso abbia fatto questa scelta senza far votare la giunta del regolamento, assumendosi lui la decisione. Se ci fosse stato un voto probabilmente la seconda carica dello Stato non sarebbe stata bersaglio delle aspre critiche da parte del Pd, lo stesso partito con il quale il presidente del Senato è stato eletto. E gli animi non si sarebbero così incendiati. Ma Napolitano, nonostante il caos di queste giornate, sarebbe fiducioso sul fatto che il treno delle riforme abbia iniziato a camminare. Probabilmente confida in una trattativa sull’Italicum che abbassi le soglie di sbarramento per i partiti minori. Ma deve anche tenere ben conto del fatto che Silvio Berlusconi non potrà mai concedere a partiti come Ncd di far scendere la soglia in modo tale da non rendere più FI il perno della coalizione di centrodestra. E,comunque, fanno notare attenti osservatori delle cose del Colle, il presidente non ha mai messo una data x, una deadline, l’importante insomma che il treno delle riforme incominci a marciare. È ovvio che dalla sua montagna «incantata» il presidente, che recentemente ha avuto parole di elogio per le dichiarazioni di Silvio Berlusconi sulla magistratura, dopo l’assoluzione al processo Ruby, continui a esercitare il suo ruolo chiave. Decisivo a questo punto per Renzi che non è più l’uomo solo al comando. Perché «Re Giorgio» è tornato.