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(Ansa)
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Nassiriya fuoco amico in tribunale

Come Eravamo

Da Panorama del 6 maggio 2010


«Per me i feriti di Nassiriya sono 19, quelli rientrati in barella. Poi ne esistono altri che si dichiarano feriti e lanciano accuse sulla mancata sicurezza» sbotta l’ex brigadiere Cosimo Visconti. «Pensi che io, invalido al 100 per cento, mi sono sentito chiedere al telefono, da un ufficio governativo, se facevo parte dei feriti veri o di quelli finti». Carabiniere tutto d’un pezzo, a Visconti hanno dato due volte l’estrema unzione dopo l’attentato di Nassiriya del 12 novembre 2003. Una strage che ha ucciso 19 italiani (12 carabinieri, 5 militari dell’Esercito e 2 civili). Oltre ai 19 feriti gravi, ricoverati in ospedale, c’è chi è stato riformato, tempo dopo l’attentato, per stress post traumatico. Alcuni di questi carabinieri in congedo sono i più decisi nel sostenere che la base Maestrale, attaccata dai terroristi suicidi, non fosse adeguatamente protetta. Il 26 aprile si è chiusa la fase istruttoria del processo presso il tribunale militare di Roma contro il colonnello dell’Arma Georg Di Pauli, allora comandante della base. Fra il 19 e il 22 maggio ci saranno le arringhe finali e poi la sentenza. «Mi lecco le ferite e non mi sono costituito parte civile» sottolinea Visconti a Panorama. «Le insinuazioni e accuse su Nassiriya infangano noi che abbiamo subito lesioni gravissime e pure chi non c’è più». Non è l’unico a pensarla così. Il 12 marzo il luogotenente in congedo Vittorio De Rasis ha ricevuto, come gli altri militari feriti e familiari dei caduti della strage, una lettera del ministro della Difesa Ignazio La Russa. Il ministro informava che per legge aveva la facoltà di bloccare il processo contro Di Pauli (poi non l’ha fatto). E tastava il terreno sui definitivi risarcimenti per i lutti o le lesioni subite. De Rasis ha risposto a La Russa il 19 marzo: «Signor ministro, vorrei fare notare il comportamento di dubbia correttezza di alcuni miei colleghi». Il sopravvissuto alla strage, pur non facendo nomi, afferma che altri carabinieri feriti «al momento dell’attentato erano lontani dalla base Maestrale; terminata la missione Antica Babilonia (a Nassiriya, nda) hanno partecipato ad altre missioni; solo dopo tre anni si sono accorti di essere stati feriti e hanno ottenuto tutti i benefici di legge; si sono costituiti parte civile davanti alla magistratura militare e si sono sentiti gli unici depositari della verità circa l’attentato». De Rasis ricorda con Panorama che «siamo andati in Iraq sapendo i rischi che potevamo correre. Per proteggere la base contro un camion pieno di esplosivo ci voleva un muro di cemento armato spesso 8 metri». Il ferito grave punta il dito contro «chi non ha avuto neppure un graffio. Quando è saltato tutto, alcuni erano alla base Libeccio, dall’altra parte del fiume Eufrate, 100 metri in linea d’aria dalla palazzina colpita. Portavano i bagagli, perché stavano tornando a casa. Tempo dopo, in Italia, hanno accusato sintomi e disturbi ottenendo il congedo per stress post traumatico». Secondo l’ex carabiniere, che ha avuto il naso semi staccato dall’esplosione, alcuni suoi colleghi riformati «lanciano accuse sulla sicurezza della base che non esistono. E si sono costituiti parte civile. Qualcuno ci sta marciando». I carabinieri hanno avuto 19 feriti ospedalizzati, due dei quali con lesioni gravissime. Sette sono rimasti in servizio e 12 congedati. Altri 3 carabinieri hanno riportato ferite fisiche non così gravi da ricoverarli. In seguito sono stati congedati per la sindrome di stress post traumatico. Una lesione psicologica causata da un evento violento o catastrofico, che ha colpito molti soldati americani in Iraq impegnati in combattimenti feroci e ripetuti. I sintomi sono problemi a prendere sonno, scoppi di collera, difficoltà a concentrarsi. Otto carabinieri presenti a Nassiriya, che non hanno subito ferite fisiche, sono stati congedati solo per lo stress post traumatico saltato fuori a distanza di tempo dall’attentato. Può capitare, anche se due di loro vennero ritenuti abili, dopo la strage, per una missione in Bosnia e un’altra in Iraq. I 19 feriti ospedalizzati sono stati risarciti dall’assicurazione stipulata dalla Difesa, con i Lloyd’s di Londra, in proporzione all’invalidità. Non solo: ai 12 congedati per ferite gravi e agli 11 per stress è stata riconosciuta la speciale elargizione di 200 mila euro per le vittime del terrorismo. Oltre a un vitalizio di 1.553 euro e altri benefici. L’Arma ha assistito i feriti senza distinzioni. Però 13 carabinieri si sono costituiti parte civile nel processo militare sulla strage di Nassiriya. L’avvocato Enrico Donati ne difende due, compreso il più noto dal punto di visto mediatico, Giantullio Maniero. «Mi sembra una guerra fra poveri» sostiene il legale con Panorama. «I feriti hanno riportato conseguenze, alcuni più fisiche, altri più psicologiche. Tutto certificato da perizie medico-legali e commissioni militari». Maniero sostiene di avere subito ferite alla schiena, ma dopo l’Iraq è andato in Bosnia. Alla fine è stato congedato per lo stress. «Ho raccolto i brandelli di carne dei miei compagni a mani nude. Qualcosa che non si dimentica» dichiara a Panorama. «Se gli altri feriti accusano me, procederò per vie legali. Mi sembrano giudizi gratuiti». Fra i più presenti sui media, l’ex maresciallo dell’Arma si è costituito parte civile. «Sono un paladino della giustizia con la coscienza a posto. Ho perplessità sulla mancanza di responsabilità di Di Pauli, ma se verrà assolto fino alla Cassazione mi inchinerò di fronte alla sentenza». Ai familiari dei caduti nessun risarcimento porterà in vita i loro cari. «Conosco colleghi di mio marito rimasti feriti, che non hanno chiesto un euro in più. Qualcun altro, invece, si preoccupava perché aveva perso la catenina d’oro del battesimo». Parla con dolore Alessandra, vedova del sottotenente Filippo Merlino morto nell’attentato. I familiari di 9 caduti si sono costituiti parte civile. «Vogliamo la verità. Se la missione in Iraq è stata sottovalutata, che ci venga detto» afferma la signora Merlino. «Chiediamo la medaglia d’oro e che si pensi ai nostri figli. Io ne ho uno su una sedia a rotelle».

I numeri

Le conseguenze dell’attentato del 12 novembre 2003 alla base italiana Maestrale in Iraq. 19 caduti italiani (12 carabinieri, 5 esercito e 2 civili) e 9 iracheni. 30 carabinieri feriti: 19 ricoverati; due con lesioni gravissime e asportazione di organi interni; 12 congedati per le lesioni e lo stress post traumatico (tutti i 19 sono stati risarciti dall’assicurazione stipulata presso i Lloyd’s in proporzione all’invalidità). Ai 12 congedati per ferite gravi e a tutti gli altri congedati (compresi gli 8 riformati per stress post traumatico) è stata riconosciuta la speciale elargizione di 200 mila euro (legge 206/2004) e il vitalizio di 1.553 euro mensili. 3 feriti non ricoverati, poi congedati per stress post traumatico. 8 senza ferite fisiche poi congedati per stress post traumatico (2 di loro hanno partecipato ad altre missioni dopo Nassiriya).



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Fausto Biloslavo