'Ndrangheta, cosa sappiamo dell'arresto del boss Giuseppe Pelle
Prendeva le decisioni strategiche della 'Ndrangheta unitaria ed era uno degli elementi di spicco delle cosche coinvolte nella strage di Duisburg
E’ stato scovato anche il genero di "Ciccio U Castano", ovvero Francesco Barbaro, uno dei più feroci e potenti boss della 'Ndrangheta reggina e al centro della strage di Duisburg avvenuta nel 2007 in Germania.
Il boss Giuseppe Pelle, 58 anni, latitante dal 2016, visibilmente dimagrito, è stato arrestato all’alba di questa mattina in una contrada impervia nell’entroterra della Locride, dalla squadra mobile di Reggio Calabria e dagli uomini dello Sco.
Pelle, considerato dagli investigatori un elemento di spicco delle sanguinarie cosche di San Luca e facente parte della "Provincia", uno degli organi di vertice della 'Ndrangheta, viveva da alcuni mesi in un'abitazione nel cuore delle montagne calabresi, completamente isolata e nascosta da una folta vegetazione, senza strade di accesso. L'unico modo per raggiungerla, ripercorrere a ritroso il greto di un piccolo torrente.
Chi è il boss Giuseppe Pelle
Il boss Pelle, appartiene alla potente famiglia dei "Gambazza" di San Luca, un tempo guidata dal padre Antonio Pelle, elemento di vertice della 'ndrangheta fino alla sua morte, avvenuta nel 2009.
Ma il suo potere nell’ambito delle cosche calabresi era notevolmente aumentato dopo il matrimonio con Marianna, figlia del boss Francesco Barbaro, reggente della più potente e sanguinaria famiglia Barbaro di Platì, con ramificazioni non solo in numerosi paesi europei, in in primis la Germania, ma persino nel Nord America e Australiadove è riuscita ad infiltrarsi nel settore alimentare e degli appalti pubblici.
Il genero di Ciccio 'U Castano, era ricercato perché doveva ancora scontare una pena residua definitiva di 2 anni, 5 mesi e 20 giorni di reclusione per associazione mafiosa e tentata estorsione.
Nel 2017, infatti, mentre era già latitante, nei suoi confronti era stata emessa un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nell'ambito dell'inchiesta denominata "Mandamento Jonico",coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, non solo per tentata estorsione ma anche per illecita concorrenza, aggravata dal metodo mafioso.
Il clan Pelle e gli appalti pubblici
In particolare era stato accusato di avere tentato di accaparrarsi i proventi derivanti dall'esecuzione di lavori pubblici in alcuni comuni della Locride tra i quali Siderno, Palizzi, Condofuri e Natile di Careri.
L’operazione “Mandamento Jonico”, che fu condotta dai carabinieri, infatti, fece emergere non solo uno spaccato approfondito e completo delle dinamiche associative delle più importanti strutture territoriali della ‘ndrangheta che operavano nei tre Mandamenti in cui è divisa la provincia reggina, ma anche i settori nei quali si erano infiltrate, tra cui i lavori appaltati dalle pubblice amministrazioni.
Ad ‘esercitare pressioni’ con metodi mafiosi su dirigenti pubblici e politici, per pilotare gli appalti per la realizzazione di opere infrastrutturali, indetti dai Comuni di Platì e Careri e dalla Comunità Montana Aspromonte Orientale di Reggio Calabria, era proprio il boss Giuseppe Pelle.
Era lui che era riuscito a favorite ditte controllate dalle cosche locali in particolare la ‘ndrina del suocero, ossia, la Barbaro di Platì ma anche la Cua-Pipicella di Natile e, naturalmente, la Pelle di San Luca.
I tentacoli sul palazzo di giustizia
Giuseppe Pelle, infatti, era riuscito a mettere le mani anche negli appalti pubblici per il nuovo palazzo di giustizia, dell’ostello della gioventù, del centro di solidarietà Santa Marta e di istituti scolastici, e nella gestione di terreni pubblici o nell’assegnazione degli alloggi popolari della Locride.
In quell’inchiesta, articolata in più filoni investigativi, furono arrestati oltre centocinquanta tra capi ed esponenti di vertice di numerose Locali tra le quali quelle Palizzi, Spropoli, Africo, Bianco, Ferruzzano, Ardore, Natile di Careri, Portigliona e S.Ilario, ma furono anche censite numerose nuove ‘ndrine che stavano esercitando il controllo su porzioni di territorio anche distanti da quello in cui è insediata la Locale sovraordinata.
Il boss Giuseppe Pelle, però, riuscì a sfuggire all’arresto. Era l’estate del 2017.
Proprio nell’ultimo filone della maxi inchiesta “Mandamento Jonico”, nel 2017, la magistratura fece emergere il coinvolgimento diretto degli esponenti delle famiglie Pelle-Barbaro anche nella percezione indebita di contributi comunitari all’agricoltura avvenuta tra il 2009 e il 2013, e di truffe ai danni dell’Inps di Reggio Calabria, realizzate presentando false documentazioni di assunzioni temporanee di braccianti agricoli con il solo fine di ottenere il pagamento di contributi previdenziali e di disoccupazione.