Non solo Venezia: il turismo insostenibile per l'Italia
Dal 2010 i visitatori stranieri sono cresciuti del 20%. Ma le città non reggono il flusso. Dall'inchiesta di Panorama al "j'accuse" del New York Times
Una "Disneyland da spiaggia". È così che il New York Times in suo articolo del 3 agosto definisce Venezia vista dagli occhi dei suoi residenti. La meravigliosa città italiana è stata "sommersa" dai turisti ed è "in difficoltà". Quello dell'autorevole quotidiano newyorchese è un vero e proprio "j'accuse". Per colpa di una politica turistica incauta, molti abitanti se ne sono andati dal centro e a chi non lo ha ancora fatto non resta che stare lontano dalle zone più centrali come piazza San Marco. Letteralmente invasa.
L'articolo del New York Times su Venezia "Disneyland del mare" - 3 agosto 2017
È così che Bruno, veneziano intervistato dal giornale americano, si lamenta di non poter più comprare il prosciutto "perché la salumeria non c'è più", mentre la madre paragona Venezia a Disneyland e spiega che il crescente business del B&B spinge i residenti ad andarsene e a dare in affitto le case in centro.
Il tema è in effetti centrale. Come raccontato anche da Panorama nell'inchiesta di copertina del numero 33/2017 in edicola da giovedì 4 agosto, a Venezia ogni giorno arrivano fino a 6 navi da crociera di dimensioni enormi ciascuna con in media 4 mila persone. E ci sarebbe allo studio di farne salire il numero a 9. Significa 36 mila persone, pari a due terzi dei residenti veneziani, che vanno e vengono in una sola giornata. La soluzione praticabile è una sola: il numero chiuso.
È stato fatto così in occasione della festa del Redentore consentendo l'accesso in piazza San Marco a 70 mila persone, per lo più residenti, rispetto alle 100 mila stipate dello scorso anno.
Ma Venezia è solo una delle città interessate dal fenomeno. Qui l'inchiesta integrale del nostro settimanale.
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La Festa del Redentore a Venezia è uno spettacolo da favola: centinaia di barche riempiono il tratto di laguna da piazza S. Marco alla Giudecca, mentre il cielo si illumina di splendidi fuochi d'artificio. La Festa del Redentore a Venezia è uno spettacolo da favola: centinaia di barche riempiono il tratto di laguna da piazza S. Marco alla Giudecca, mentre il cielo si illumina di splendidi fuochi d'artificio.
I turisti di tutto il mondo, giustamente, vorrebbero prendervi parte, nella certezza che una esperienza così non la dimenticheranno per tutta la vita. Ma quella di quest'anno potrebbe essere ricordata anche per un'altra ragione. Per la prima volta il questore della città ha deciso di consentire l'accesso alle rive solo finoa un certo numero di persone. Così, mentre lo scorso anno a godersi la nottata erano più di 100 mila fra veneziani e turisti, accalcati fino all'inverosimile, stavolta c'erano in piazza non più di 60-70 mila persone, in prevalenza veneziani, con un po' più di tranquillità.
Un fatto del genere non sarebbe degno di particolare attenzione se non fosse l'ultimo anello di una catena. Il 12 giugno scorso Virginia Raggi ha messo sotto protezione 37 fontane di Roma, con tanto di multe da 40 a 240 euro per chi si arrampica o mangia dove non dovrebbe.
All'inizio di luglio il sindaco di Firenze Dario Nardella ha ordinato ai vigili di bagnare con gli idranti i punti più affollati del centro per scoraggiare i bivacchi, e pochi giorni dopo, nella stessa Venezia, dove la tensione ha raggiunto il culmine con la manifestazione di protesta di quasi 2 mila residenti, il sindaco Luigi Brugnaro ha lanciato una campagna di comunicazione per ricordare ai turisti, fra l'altro, che nella Serenissima è proibito bivaccare nelle piazze.
Né si tratta solo delle città d'arte, visto che in diverse località di mare, come Capri, Alassioo le Cinque Terre si discute ormai apertamente dell'ipotesi di imporre il numero chiuso. Dopo decenni passati a rincorrere i turisti (e a lamentare che Paesi come la Spagna, con un decimo delle nostre attrazioni, riescano ad averne più di noi) cercheremo di tenerli alla larga come fossero migranti?
L'interrogativo è paradossale ma inevitabile in questa estate torrida di cittadini furiosi e amministrazioni che corrono ai ripari contro i torpedoni dei visitatori mordi e fuggi. E poiché, alla stregua di altre inquietudini figlie della globalizzazione, anche questa ce la porteremo dietro per un pezzo ( basta vedere le previsioni di crescita del turismo mondiale a pagina 50, ndr), è tempo di cominciare a guardarla negli occhi.
I numeri anzitutto. Da sei anni a questa parte il turismo in Italia vive una crescita costante, divenuta più veloce negli ultimi due. Le statistiche fornite dall'Enit, l'Ente nazionale del turismo (elaborate con l'ausilio delle rilevazioni dell'Istat e della Banca d'Italia) parlano di un incremento cumulato di oltre il 20 per cento nel periodo fra il 2010e il 2016 che ci ha fatto raggiungere nell'ultimo anno ben 52,6 milioni di visitatori stranieri (per un totale di 195 milioni di notti, secondo in Europa solo a quello della Spagna), cui va aggiunto un numero ancora maggiore di italiani che riscoprono le bellezze del proprio Paese.
Già non sarebbe poco, ma è solo un pezzo del quadro: quello dei turisti alloggiati in strutture regolari, in cui si riscuote la tassa di soggiornoe si paga al fisco quel che si deve sul reddito. Poi ci sono i bed and breakfast e Airbnb, spuntati come funghi negli ultimi anni, con cui un numero crescente di famiglie arrotonda le entrate al tempo della crisi.
Se e quando saranno censiti anche questi, verrà fuori che la crescita del numero dei turisti in Italia è ancora maggiore. Quanto? "Contavamo di saperlo dalle prossime dichiarazioni dei redditi", spiegaa Panorama il presidente di Federalberghi Bernabò Bocca, che con il fenomeno delle locazioni brevi proposte sui portali online ha il dente avvelenato, "perché nella manovra correttiva 2017 il governo ha finalmente approvato la norma che obbliga gli intermediari tipo Airbnb a versare le tasse per conto dei loro clienti in cambio di una aliquota agevolata con cedolare secca. Peccato che i portali di prenotazione rifiutino in blocco di applicare la legge: uno schiaffo alle istituzioni, che va contro la necessità di trasparenza e di contrasto all'evasione fiscale".
E non è solo un fatto di numeri. Anche la tipologia dei turisti ha la sua importanza. "L'esplosione delle forme low cost di accoglienza" prosegue Bocca "ha cambiato profondamente il profilo dei viaggiatori e delle loro vacanze. Man mano che il numero delle persone aumenta, il loro tempo di permanenza media diminuisce. Sarebbe il caso di cominciare a pensare a forme di agevolazione per chi si ferma di più".
E siamo al versante economico della faccenda. Nella sua versione più estrema, il turista mordie fuggi non dorme neppure una notte e spesso si porta da mangiare e da bere. Ma fra un selfie e l'altro ha tutto il tempo di sporcaree congestionare le strade. Con una perdita secca per la città e per chi ci vive tutto l'anno.
A Venezia i comitati più agguerriti sono quelli contro le navi da crociera in città. "Ogni giorno arrivano fino a sei navi gigantesche" racconta Marco Gasparinetti, portavoce del Comitato Venezia che ha organizzato la protesta di inizio luglio, "ciascuna delle quali porta in media 4 mila persone,e sul tavolo c'è addirittura l'ipotesi di arrivare a nove. Vorrebbe dire un totale di 36 mila persone, pari a due terzi dei residenti veneziani, che vanno e vengono nell'arco di una giornata. Venezia non è fatta per sostenere questi numeri. È come quando si sale in ascensore: se si supera la portata massima si rompe!".
La soluzione? Ancora una volta: numero chiuso. Non per niente la scelta fatta per il Redentore (sebbene determinata anche dalla tragedia di qualche settimana fa a Torino in occasione della finale di Champions) è stata salutata come una grande vittoria dal comitato civico dei residenti, da mesi in polemica con il sindaco. Anche a Firenze il pericolo viene, in parte, dal mare e l'assessora al Turismo Paola Concia non ha paura di chiamarlo per nome. "A meno di 100 chilometri da noi" osserva "c'è il porto di Livorno, dove sbarcano migliaia di persone ogni giorno. Tutti vogliono venire a vedere piazza della Signoria e li capisco. Ma sono troppi! Non dico di arrivare a chiudere le piazze, ma come minimo occorrerà sconsigliarli se in quel determinato momento c'è troppa gente".
A Roma, dove lo stesso problema si crea alla Fontana di Trevi, l'amministrazione sta pensando di affrontarlo dal lato opposto: non bloccare le entrate ma accelerare le uscite, ossia impedire che le persone si trattengano troppo. Il tempo di una foto o di un lancio di monetina e via. Avanti un altro. Si vedrà se è un'idea praticabile.
Di sicuro la gestione dei flussi turisticiè diventata un banco di prova serissimo per molti amministratori italiani,i cui risultati sono per altro molto diversi fra loro.
A Milano, che dall'Expo sta mettendoa segno una crescita mai vista del numero dei visitatori, non c'è stata alcuna contestazione da parte dei cittadini che, al contrario, ne sembrano ben contenti. Certo, rispetto ad altre grandi città d'Italia ha il vantaggio di una quota significativa di viaggiatori "business", per definizione assai più facili da gestire, e di una minore concentrazione spaziale delle mete predilette dai turisti veri e propri (fra cui spiccano le vie dello shopping).Mai numeri sono comunque impressionanti: l'aumento degli stranieri del 2016 è stato del 17,6 per cento, per un totale di 6,6 milioni che colloca Milano ormai a ridosso di Roma (calata nello stesso periodo del 10,9 per cento a quota 6,8 milioni). E non è finita, perché anche nei primi quattro mesi del 2017 il capoluogo lombardo ha segnato un più 14,2 per cento.
Chi cerchi argomenti in difesa dei vantaggi del turismo ha a disposizione anche il boom dell'anno scorso al lago d'Iseo, dove la passerella sull'acqua ("The floating piers") dell'artista Christo ha attirato in due settimane quasi un milionee mezzo di visitatori in luoghi dove per fare certi numeri ci vogliono di solito mesi se non anni.
Un compito da far tremare le vene ai polsi per l'azienda di trasporto locale, la Brescia Mobilità, che però alla fine ha retto. "Ce la siamo cavata con un servizio di navette speciali" dice il presidente, l'economista Carlo Scarpa. All'epoca non sono mancate le contestazioni, ma le comunità locali devono essere soddisfatte del risultato se il 18 giugno scorso hanno celebrato il primo anniversario con uno spettacolo di luci sull'acqua. Già, perché è bene ricordare,a scanso di equivoci, che nella bilancia del tornaconto economico il turismo pesa pur sempre sul piatto dei pro, non su quello dei contro. "Quando sento parlare di proteste contro l'eccesso di turisti" dice il direttore esecutivo dell'Enit Giovanni Bastianelli "mi vengono i brividi.
Le previsioni dicono che aumenterà ancora nei prossimi anni e io aggiungo: per fortuna! Non dimentichiamo che da questa voce proviene una quota fra il 10 e il 12 per cento del nostro prodotto interno lordo". E la pressione sui servizi cittadini, dai trasporti alla nettezza urbana? "Va affrontata soprattutto valorizzando destinazioni alternative, di cui l'Italia abbonda. In tutti gli appuntamenti internazionali stiamo promuovendo i borghi medievali e rinascimentali, come pure i luoghi della civiltà etrusca, che hanno il vantaggio di trovarsi a due passi dal porto di Civitavecchia. Al momento con ottimi risultati. Ma lo stesso va fatto anche a livello locale. Roma non è solo il Colosseo e Venezia non è solo piazza S. Marco".
Il discorso torna così agli amministratori locali, su cui richiama l'attenzione anche Davide Papotti, docente di geografia culturale all'università di Parma e coautore qualche anno fa di un fortunato saggio sul cambiamento dell'immaginario dei viaggiatori moderni, intitolato L'altro e l'altrove. "Per migliorare la percezione del turismo da parte dei cittadini" dice "bisogna rendere trasparente la destinazione delle risorse ricavate dalla tassa di soggiorno o dai biglietti dei monumenti più visitati. Si capirebbe meglio che il turismo è una ricchezza da coltivare. Sempre che siano spese bene, naturalmente". Che vuol dire cominciarea occuparsi un po' anche dei bisogni dei residenti oltre che di quello dei turisti. Se sindaci e assessori lo facessero tuttii giorni, anche il fastidio di una presenza oggettivamente ingombrante sarebbe forse più sopportabile.