Alla corte del re kazako
In Italia infuria la polemica sul presidente Nazarbayev indicato come amico di Berlusconi e che invece ha ottimi rapporti con molti leader occidentali
Il 23 maggio, una settimana prima del blitz nella casa romana della moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov, Romano Prodi prendeva la parola
al Palazzo dell’indipendenza di Astana, capitale del Kazakhstan. Con un discorso di 10 minuti l’ex presidente del Consiglio educava il pubblico riguardo ai problemi dell’eurozona. Il succo dell’intervento è visibile su Youtube: «In Europa circola l’idea che tutto il mondo sia in crisi. In realtà il mondo nel suo complesso non è mai andato così bene» sentenziava, con un inglese non troppo spigliato, l’ex premier. «L’Asia sta crescendo e pure l’Africa, che parte da zero. Solo l’Europa soffre».
Il relatore successivo è stato il premio Nobel Christopher Pissarides, che poi ha ceduto la parola all’ex direttore del Fondo monetario internazionale, Dominique
Strauss-Kahn. Nella sala congressi al terzo piano sembravano tutti preoccupati dai mercati e non dal padrone di casa, quel Nursultan Nazarbayev che aveva introdotto i lavori della «Conferenza anticrisi» al mattino. Per il direttore della Repubblica, Ezio Mauro, il presidente kazako Nazarbayev è «un satrapo che dall’età sovietica, reprimendo il dissenso, guida il paese e le ricchezze oligarchiche del gas, che gli garantiscono amicizie e complicità interessate da parte dei più spregiudicati leader occidentali, con il putiniano Berlusconi naturalmente in prima fila». I grandi personaggi che sfilano alla corte di Astana sembrano avere un rapporto con Nazarbayev più sereno.
Molti politici italiani, come Silvio Berlusconi, Oscar Luigi Scalfaro, Romano Prodi, Lamberto Dini, Mario Monti, sono andati in visita ufficiale in Kazakhstan, dove gli
interessi economici italiani restano enormi. Nessuno, però, ha continuato a frequentare il paese anche dopo aver perso la sua carica istituzionale. Prodi è l’eccezione alla regola: ad Astana è praticamente di casa. «Dal 2011 viene tre volte l’anno e mantiene ottimi rapporti con Nazarbayev» conferma una fonte kazaka di Panorama. Si sono visti anche all’ultimo Astana economic forum: dopo la sua lezione Prodi ha avuto modo di passare un’oretta in compagnia del «satrapo» Nazarbayev. Visti i rapporti tra i due, è strano che Prodi, in questi giorni, abbia avuto il tempo per esprimere «sincero stupore» per le frasi razziste del vicepresidente del Senato Roberto Calderoli, ma non abbia trovato parole per commentare l’espulsione dall’Italia di Alma Shalabayeva e di sua figlia, avvenuta nella notte tra il 28 e il 29 maggio e diventata un caso di stato.
Sarebbe un commento più che mai prezioso, vista la reputazione ambigua del marito della donna espulsa, l’oligarca Ablyazov: per la stampa italiana è il principe dei dissidenti kazaki, per l’Interpol è un uomo da braccare con tre mandati di cattura internazionali. L’ex leader dell’Ulivo non è l’unica vecchia gloria della politica con un debole per il Kazakhstan. Secondo il settimanale tedesco Der Spiegel, Nazarbayev ha riunito attorno a sé un comitato di consulenti i tutto rispetto: il «satrapo», oltre che da Prodi, è consigliato da saggi come «l’ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder e il ollega austriaco Alfred Gusenbauer, dall’ex premier britannico Tony Blair così come dal presidente emerito polacco Aleksander Kwasniewski o dal già ministro dell’Interno tedesco Otto Schilly». Pezzi grossi della politica internazionale, tutti esponenti di rilievo del centrosinistra, che non hannoproblemi a stringere la mano a Nazarbayev.
Stando a Der Spiegel, i loro consigli sono tutt’altro che gratuiti. Per il settimanale tedesco, per le prestazioni dei superconsulenti «vengono pagate parcelle annuali con cifre a sei zeri». Secondo la stampa britannica, Tony Blair, l’ex premier inglese, incassa da Astana oltre 9 milioni di euro per il disturbo. Del resto, come ha detto un uomo del governo kazako al Daily Telegraph, «i suoi consigli non hanno prezzo». Questo comitato di consulenza internazionale, nato nel 2010, si è riunito ancora il 25 febbraio nel palazzo presidenziale di Astana, una replica in scala monumentale della Casa Bianca americana. Nelle foto ufficiali Nazarbayev trova conforto nei consigli dell’ex presidente polacco Kwasniewski, dell’ex cancelliere austriaco Gusenbauer e di Prodi. In quell’occasione il presidente kazako ha annunciato agli ospiti che il suo paese era passato «alla nuova strategia di lungo termine per il 2050». Prodi ha spiegato quali aree di cooperazione economica ritiene che fra Kazakhstan e Unione Europea si debbano promuovere.
Per definire gli intrecci tra l’ex repubblica sovietica e l’Italia, invece, basta andare indietro di 16 anni. È il 1997 quando sbocciano i nostri rapporti con Nazarbayev e l’allora capo dello Stato, Oscar Luigi Scalfaro, vola in Kazakhstan. Il 4 maggio l’ex leader comunista, padre padrone del paese, viene decorato con il Gran cordone, la più alta onorificenza concessa dal Quirinale. La proposta di nominare Nazarbayev «cavaliere di gran croce Ordine al merito della Repubblica Italiana» arriva da Prodi, che in quel momento è presidente del Consiglio. Il 5 maggio viene firmato il trattato di amicizia italo-kazako. In settembre Prodi sbarca ad Almaty, la vecchia capitale. Lo segue, a novembre, il ministro degli Esteri Lamberto Dini.
Nel 2000 viene scoperto l’enorme giacimento di Kashagan, nel Mar Caspio. L’Eni entra nel consorzio per lo sfruttamento del giacimento petrolifero, che inizierà a garantire 375 mila barili di greggio al giorno dall’autunno. Prodi torna ad Astana come premier nel 2007, una visita che Berlusconi ripeterà l’anno successivo. Nel 2009 il Cavaliere firma il trattato strategico fra Italia e Kazakhstan. Oggi l’Italia è il terzo partner commerciale del paese, dopo Cina e Russia. Berlusconi vedrà altre due volte Nazarbayev, che di suo è stato quattro volte in visita ufficiale in Italia. Il governo di Monti non cambia certo politica: per vedere il primo ministro kazako, Karim Massimov, il professore ribalta la scaletta di un suo viaggio in Asia. Il ministro della Difesa del governo Monti, Giampaolo Di Paola, è volato ad Astana a febbraio per siglare il patto di cooperazione nell’industria della difesa e per il passaggio di soldati e materiale diretti in Afghanistan.
Chi fra i leader di governo italiani non è stato alla corte dell’amico kazako scagli la prima pietra. Eppure i quotidiani italiani tacciono la circostanza per far credere che l’unico complice di quello che definiscono «un dittatore» non possa che essere Berlusconi.