Obergrenze, il tetto ai profughi che mette in crisi Angela Merkel
Per avere l'appoggio della Csu ha fissato il limite a 200 mila ingressi all'anno. Ma i verdi...
Quando, in tempi non sospetti, Helmut Kohl intraprese la sua ultima sfida elettorale con Gerhard Schrὂrder nel 1988, aveva come slogan elettorale Weltklasse für Deutschland, tradotto: una statura mondiale per la Germania.
Ma perse. La Germania andò alla socialdemocrazia per due mandati, e nacque di fatto l’attuale sistema del welfare tedesco. Tuttavia lo slogan di Kohl torna attuale oggi, dal momento che la sua erede politica, Angela Merkel, si trova a dover gestire il tema migranti, sintetizzato dalla parola chiave della politica tedesca attuale: Obergrenze, tradotto: il tetto al numero di rifugiati che il Paese potrà accogliere.
Taglio netto col passato
Se Merkel al momento sembra stia lavorando al compromesso con i partiti che dovrebbero formare la futura coalizione di governo e che porterà la Germania a limitare l’ingresso massimo di 200 mila rifugiati (emergenze escluse), le trattative sono al momento riservate e il disegno di legge ancora tutto da scrivere. Ma potremo in futuro ancora dire che la Germania è in grado, politicamente, di accogliere i quasi 900 mila rifugiati giunti nel 2015 e le quasi 750 mila domande di asilo?
Come Merkel ha capito bene, dimostrandosi statista di levatura appunto mondiale, la sfida della globalizzazione che lo slogan della Cdu di Kohl intravedeva all’orizzonte è arrivata puntuale. Quindi il tetto, cioè il limite non superabile che gli alleati della Merkel reclamano, rischia di trasformarsi in un scontro politico tra miopia e visione generale.
In altre parole, di quale condizionamento sono capaci i partiti minori come la Csu, il partito di centro bavarese considerato omologo della Cdu, che vogliono arginare il consenso crescente di Afd e puntano tutto sull’inasprimento delle regole in tema accoglienza? E ancora: i Verdi, necessari a formare una maggioranza stabile, cederanno però su un punto così dirimente?
Una degna visione
Tanto per ragioni storiche legate al tema del diverso e dell’autoritarismo, quanto per capacità nel gestire le sfide del mondo contemporaneo, Merkel sa bene come la Germania attuale non possa permettersi “chiusure” e al contrario debba dimostrare – ma d’altronde lo dice la sua storia recente alla luce del contributo decisivo dell’immigrazione turca, ad esempio, nella seconda metà del Novecento – una capacità di visione degna di una grande potenza economica e culturale.
Un tema delicato, come dimostrano le ultime scelte di un Macron, ad esempio, che per salvare le frontiere francesi rischia di far volare davvero a bassa quota il rilancio sul palcoscenico mondiale della Grand Nation.
La sfida sull’Obergrenze è molto più di un confronto numerico sul numero di richiedenti asilo: è la linea rossa che sancirà se la Germania del quarto mandato Merkel sarà un Paese protagonista dei processi globali oppure li subirà, come quelle nazioni senza una visione politica e umanistica di alto profilo.
Quando Donald Trump – sappiamo tutti che l’America è per definizione terra di migranti, WASP ( white, Anglo-Saxon Protestant) compresi – incontra Angela Merkel e difende la chiusura dei confini negandole una stretta di mano, la differenza tra statisti di caratura mondiale e apprendisti appare in tutta la sua evidenza. E pericolosità.