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Ad Aleppo e Mosul si decidono le sorti del Califfato

Ad Aleppo e Mosul si decidono le sorti del Califfato

Le città sunnite sono due tappe fondamentali della guerra contro l’Isis. Ma per vincere veramente occorre ora un accordo tra Trump e Putin

Per Lookout news

Dopo due anni di occupazione di ampie porzioni di territorio siriano e iracheno, da settimane l’ISIS è sulla difensiva in tutta la regione. Nella città siriana di Aleppo le truppe del Califfato sono strette d’assedio dalle forze del governo di Damasco, appoggiate dagli iraniani e dai russi.

Mentre a Mosul le milizie irachene hanno lanciato l’offensiva finale con il sostegno degli americani. Non si conosce la sorte del Califfo Abu Bakr Al Baghdadi il quale, secondo alcune fonti, sarebbe riuscito a fuggire da Mosul, mentre secondo altre fonti sarebbe rintanato in uno dei rifugi sotterranei costruiti dai jihadisti a Raqqa, l’ultima roccaforte dell’ISIS in terra siriana.

Macerie e distruzione ad Aleppo

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4 ottobre 2016. Un volontario dei “Caschi bianchi” mette in salvo una bambina travolta dalle macerie di un edificio bombardato ad Aleppo, in Siria.

Macerie e distruzione ad Aleppo

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4 ottobre 2016. Volontari dei “Caschi bianchi” traggono in salvo un ragazzo travolto dalle macerie di un edificio bombardato ad Aleppo, in Siria.

Macerie e distruzione ad Aleppo

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4 ottobre 2016. Un volontario dei “Caschi bianchi” sulle macerie di un edificio bombardato ad Aleppo, in Siria.

Macerie e distruzione ad Aleppo

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4 ottobre 2016. Un uomo disperato accanto alle macerie di un edificio bombardato ad Aleppo, in Siria.

Macerie e distruzione ad Aleppo

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4 ottobre 2016. Volontari dei “Caschi bianchi” traggono in salvo un ragazzo travolto dalle macerie di un edificio bombardato nel quartiere di Bustan al-Basha ad Aleppo, in Siria.

Macerie e distruzione ad Aleppo

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5 ottobre 2016. Volontari dei “Caschi bianchi” in azione tra le macerie di un edificio bombardato nel quartiere di Bustan al-Basha ad Aleppo, in Siria.

Macerie e distruzione ad Aleppo

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6 ottobre 2016. Soldati filogovernatvi in postazione nel quartiere di Bustan al-Basha ad Aleppo, Siria.

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6 ottobre 2016. Soldati filogovernatvi in postazione nel quartiere di Bustan al-Basha ad Aleppo, Siria.

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6 ottobre 2016. il quartiere di Bustan al-Basha distrutto ad Aleppo, Siria.

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6 ottobre 2016. Soldati filogovernatvi in postazione nel quartiere di Bustan al-Basha ad Aleppo, Siria.

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6 ottobre 2016. Soldati filogovernatvi in postazione nel quartiere di Bustan al-Basha ad Aleppo, Siria.

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6 ottobre 2016. Soldati filogovernatvi in postazione nel quartiere di Bustan al-Basha ad Aleppo, Siria.

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6 ottobre 2016. Soldati filogovernatvi in postazione nel quartiere di Bustan al-Basha ad Aleppo, Siria.

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6 ottobre 2016. il quartiere di Bustan al-Basha distrutto ad Aleppo, Siria.

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6 ottobre 2016. Soldati filogovernatvi in postazione nel quartiere di Bustan al-Basha ad Aleppo, Siria.

Macerie e distruzione ad Aleppo

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6 ottobre 2016. il quartiere di Bustan al-Basha distrutto ad Aleppo, Siria.

Macerie e distruzione ad Aleppo

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Forze armate siriane ad Aleppo

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La disperazione di due uomini dopo un bombardamento ad Aleppo – 27 settembre 2016

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Un padre disperato per la morte della sua bambina sotto le macerie ad Aleppo – 27 settembre 2016

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Il recupero del corpo di una bambina dopo i bombardamenti di Aleppo – 27 settembre 2016

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Aleppo, 25 settembre 2016

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Devastazioni nel nord di Aleppo

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Forse siriane ad Aleppo

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Forze siriane ad Aleppo

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Un bambino siriano riceve i primi soccorsi dopo il bombardamento nella zona settentrionale della città di Aleppo

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Nord di Aleppo, una donna tiene in braccio il figlio ucciso dopo un bombardamento

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Nord di Aleppo

Macerie e distruzione ad Aleppo

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Macerie e distruzione ad Aleppo

Un fermo immagine tratto da un video fornito dall’opposizione siriana mostra il salvataggio di Omran, dopo un bombardamento ad Aleppo.

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Nord di Aleppo, una donna tiene in braccio il figlio ucciso dopo un bombardamento

Macerie e distruzione ad Aleppo

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Aleppo, Siria, 15 agosto 2016

Macerie e distruzione ad Aleppo

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Macerie e distruzione ad Aleppo

Aleppo, Siria, 17 agosto 2016, le prime cure alle vittime di un raid aereo

 Aleppo
Fin dall’inizio della guerra civile in Siria nel 2011, Aleppo – la seconda città del Paese – è stata divisa in due parti: la parte occidentale è controllata dai governativi; quella orientale è occupata da diversi gruppi di ribelli appartenenti sia al Free Syrian Army (una coalizione di circa trenta formazioni “laiche”) sia al raggruppamento jihadista composto da Jabhat Fateh Al Sham (ex Jabhat Al Nusra), dagli epigoni di Al Qaeda e dai miliziani dell’ISIS.

Agli inizi dello scorso mese di settembre le forze lealiste, sotto la copertura aerea assicurata dall’aviazione russa, hanno completato l’assedio dei quartieri orientali, bloccando al loro interno circa 250.000 civili e diverse migliaia di combattenti ribelli.

Due settimane fa, approfittando di una tregua nei bombardamenti aerei decretata da Mosca per venire incontro alla richiesta delle Nazioni Unite di garantire l’accesso di convogli umanitari che avrebbero dovuto portare cibo e generi di prima necessità ai civili intrappolati nella parte orientale della città, i ribelli hanno lanciato una furiosa offensiva. Iniziata il 28 ottobre, l’operazione denominata “La battaglia epica per Aleppo”, nei primi giorni aveva permesso ai ribelli di riconquistare alcuni nodi strategici della città.

 Tutti i guadagni sul terreno sono stati però annullati tra l’8 e il 12 novembre da un’improvvisa quanto efficace controffensiva delle truppe siriane che, riconquistando il cosiddetto “Distretto degli Appartamenti 1070” e i quartieri Dahiyat Al Assad e Minyan, hanno cinto nuovamente la metà della città ancora in mano ai ribelli. La notizia è stata confermata dal responsabile dell’Osservatorio Siriano dei Diritti Umani, Rami Abdul Rahman, il quale ha confermato all’emittente televisiva Al Jazeera il fallimento dell’operazione.

 Il successo della controffensiva governativa pone una seria ipoteca sulla possibilità che i ribelli riescano a sostenere l’assedio nelle prossime settimane, anche perché Mosca ha inviato nelle acque siriane la portaerei Admiral Kuznetsov per fornire ulteriore supporto aereo alle truppe di Bashar Al Assad, approfittando evidentemente del vuoto di iniziativa americana determinato dalle elezioni presidenziali e dall’incertezza politica che regna a Washington.

La battaglia di Mosul (Iraq)

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BULENT KILIC/AFP/Getty Images

Soldati delle forze speciali irachene fanno il segno della vittoria all’ingresso a Mosul

La battaglia di Mosul (Iraq)

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10 novembre 2016. Una donna coperta da un burqa tiene tra le mani il suo gatto, Lulu, mentre attende di essere trasportata verso il villaggio di Shaqouli, a est di Mosul. La donna è fuggita con i propri figli dai combattimenti in corso a Intisar tra milizie curdo-irachene e miliziani ISIS.

La battaglia di Mosul (Iraq)

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ANSA/OXFAM

Le conseguenze degli incendi dei pozzi di petrolio bruciatio dall’Isis nella zona di Qayyarah, in Iraq

La battaglia di Mosul (Iraq)

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Abbie Trayler-Smith/Oxfam Tinah, in Qayarrah sub district, is situated south-west of Mosul near the Tigris river. It is a small village with a camp of 200 tents alongside it. In August 2016 as ISIS were retreating from Qayyarah town (60km from Mosul) they rigged 15 oil well heads with explosives and set them off by shooting at them from nearby buildings. The burning oil fields near Qayyarah town, and subsequent air pollution, is everyone’s number one concern when talking to communities throughout Qayyarah sub district. On some days in Qayyarah the air is so thick with black smoke that it completely blocks out the sun. There is a severe lack of services to help deal with people’s medical complaints. One small clinic in Haji Ali said they have been overwhelmed with people seeking medical help for air pollution related illnesses since they opened 10 days ago. People have been visiting the clinic from as far away as Al Tinah as no other clinics are open or stocked with medicines yet. According to OCHA over 1000 people have sought medical care to date. But there are thousands more who haven’t been able to seek the care they need. Doctor Basima Obnar Mohammed, in Haji Ali explained that symptoms range from severe headaches, coughing, chest pains, to skin rashes that look similar to eczema. So far authorities have managed to extinguish 6 of the 15 burning oil fields. Working with local partner RNIDP, Oxfam has distributed balnkets, buckets and hygiene items to people currently living in Tinah camp. As well as supporting with technical advice to ensure latrines and water tanks are installed effectively, Oxfam will continue to do regular assesments in Tinah and respond to needs there with further distributions.

La battaglia di Mosul (Iraq)

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Le conseguenze degli incendi dei pozzi di petrolio bruciatio dall’Isis nella zona di Qayyarah, in Iraq

La battaglia di Mosul (Iraq)

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Il fumo dai pozzi di petrolio bruciati dall’Isis nella zona di Mosul, Iraq

La battaglia di Mosul (Iraq)

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Le conseguenze degli incendi dei pozzi di petrolio bruciatio dall’Isis nella zona di Qayyarah, in Iraq.

La battaglia di Mosul (Iraq)

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I pozzi bruciati dall’Isis visti da a Tinah Camp, nell’Iraq del Nord, a 30 km da Qayyarah town che dista 80 km da Mosul, novembre 2016

La battaglia di Mosul (Iraq)

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Thana Abdulah nella tenda nel campo per rifugiati di Thana, finalmente al sicuro dai combattimenti contro l’Isis

La battaglia di Mosul (Iraq)

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La popolazione di Mosul in fuga

La battaglia di Mosul (Iraq)

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3 novembre 2016. Iracheni appena fuggiti da Mosul fumano sul camion che li porta lontani dalla città, nel campo di accoglienza di Khazir.

La battaglia di Mosul (Iraq)

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Una famiglia in fuga da Mosul arriva al campo di Khazir

La battaglia di Mosul (Iraq)

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Un poliziotto riabbraccia la madre, fuggita da Kokjali e appena arrivata al punto di raccolta di Bartila, fuori Mosul

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Gli arrivi al campo profughi di Khazir delle famiglie fuggite da Mosul

La battaglia di Mosul (Iraq)

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Famiglie arrivate al campo profughi di Khazir dopo la fuga da Mosul

La battaglia di Mosul (Iraq)

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3 novembre 2016. Bambini evacuati dal villaggio di Kokjali, vicino a Mosul

La battaglia di Mosul (Iraq)

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Civili fuggiti dal villaggio di Abu Shuwayhah, a sud di Mosul, 1 novembre 2016

La battaglia di Mosul (Iraq)

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1 novembre 2016. Un bambino fuggito dal villaggio di Abu Shuwayhah, a sud di Mosul.

La battaglia di Mosul (Iraq)

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1 novembre 2016. Un combattente delle milizie sciite Hashed al-Shaabi a sud di Mosul.

La battaglia di Mosul (Iraq)

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Truppe delle forze speciali irachene in avanzata verso Mosul

La battaglia di Mosul (Iraq)

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26 ottobre 2016. Sfollati iracheni nel campo di Khazir a 40 km da Arbil east of Arbil.

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23 ottobre 2016. Le forze irachene entrano nel villaggio di al-Khuwayn, a sud di Mosul.

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24 ottobre 2016. Un soldato iracheno fa il segno della vittoria alle porte di Mosul.

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24 ottobre 2016. Un soldato iracheno fa il segno della vittoria alle porte di Mosul.

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21 ottobre 2016. Un uomo si fa fotografare davanti al pozzo petrolifero incendiato alle porte di Mosul.

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Truppe irachene verso il fiume Tigre in un’operazione anti-Isis

 Mosul
In Iraq, a quattro settimane dall’inizio della campagna militare per la riconquista di Mosul, le forze speciali irachene – appoggiate sul terreno da “specialisti” americani, inglesi e probabilmente anche francesi, e con la copertura aerea di cacciabombardieri americani, inglesi e australiani – hanno conquistato importanti nodi strategici alle porte della città e si accingono adesso a cingerla completamente d’assedio.

Il governo turco ha tentato di partecipare all’offensiva inviando un contingente di truppe corazzate, ma è stato fermato dal governo di Baghdad che, con l’appoggio degli USA, ha diffidato Ankara dal violare le frontiere e la sovranità dell’Iraq.

I progressi nell’offensiva sono lenti e difficili perché i miliziani del Califfato usano senza risparmio cecchini, mine e autobombe condotte da jihadisti suicidi che vengono lanciate in continuazione contro le posizioni conquistate dalle forze governative. I miliziani dell’ISIS approfittano inoltre di una fitta rete di tunnel sotterranei per attaccare alle spalle le posizioni appena conquistate dalle truppe irachene. Tuttavia, nonostante la resistenza, le sorti del Califfato a Mosul sembrano segnate. Secondo un consigliere militare americano assegnato al comando delle forze speciali irachene, “non si tratta di sapere sela città cadrà, ma soltanto quando ciò avverrà”.

Intanto, il 13 novembre le forze governative hanno conseguito un risultato di grande importanza militare ma di ancor più grande significato politico e simbolico riconquistando la storica città di Nimrud, sito archeologico di enorme valore scientifico e storico, spietatamente vandalizzato dai miliziani del Califfato durante i due anni di occupazione. “La liberazione di siti archeologici iracheni strappati dalle mani delle forze dell’oscurità e del male rappresenta una vittoria non solo degli iracheni, ma di tutta l’umanità” ha dichiarato all’agenzia Reuters il vice ministro della cultura iracheno, Qais Hussain Rasheed, sottolineando che restano ancora sotto il controllo dei ribelli i siti archeologici di Ninive e di Khorsabad.

 Aleppo e Mosul rappresentano due tappe fondamentali della guerra contro il Califfato, una guerra che dal prossimo 20 gennaio 2017, giorno dell’insediamento del nuovo presidente americano Donald Trump, potrebbe prendere nuovo vigore vista l’intenzione del nuovo inquilino della Casa Bianca di migliorare i rapporti con la Russia. Una collaborazione efficace tra russi e americani in Siria e in Iraq potrebbe veramente determinare la fine delle ambizioni di Al Baghdadi e dei suoi sanguinari seguaci sunniti.

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