Omicidi familiari: in Italia sono oltre duemila negli ultimi 10 anni
Gli omicidi familiari, un tempo considerati casi isolati e aberranti, stanno diventando una drammatica realtà in Italia. La brutalità e la frequenza di questi crimini, in continua crescita, segnano una preoccupante trasformazione della famiglia divenuta da rifugio sicuro a teatro di violenza estrema. Un fenomeno di cui si è tornati a parlare a seguito della strage di Paderno Dugnano comune dell'hinterland milanese, dove un ragazzo di 17 anni ha brutalmente ucciso suo padre Fabio, 51 anni, sua madre Daniela, 49 anni, e il fratellino Lorenzo, di soli 12 anni, infliggendo loro decine di coltellate. Un triplice omicidio che si colloca tra i più recenti episodi di figlicidio nel paese, confermando una tendenza preoccupante.
Secondo i dati riportati da Eures, tra il 2012 e l'1 agosto 2024, sono stati censiti 2.110 omicidi familiari, che costituiscono il 43% dei 4.912 omicidi totali commessi in Italia. Il fenomeno ha visto un preoccupante incremento durante gli anni della pandemia. Tra il 2019 e il 2021, gli omicidi in famiglia hanno superato la metà del totale degli omicidi, con un picco del 53% durante il lockdown. Anche nel 2022 e nei primi sette mesi del 2023, l'incidenza è rimasta elevata, rispettivamente al 46,2% e al 45,7%.
Geograficamente, il Nord Italia si conferma come l'area più a rischio, con il 45,9% delle vittime di omicidi in famiglia (968 su 2.110), seguito dal Sud con il 35,9% (758 vittime) e dal Centro con il 18,2% (384 vittime). Al Nord, gli omicidi in famiglia rappresentano il 56,4% del totale degli omicidi, un dato significativamente più alto rispetto al Centro (46,9%) e al Sud (31,9%).
Il coltello si conferma come l'arma più frequentemente usata negli omicidi in famiglia, con 745 casi (35,3%), seguito dalle armi da fuoco (27%) e dalle armi improprie (9,9%). Le modalità di strangolamento, soffocamento e percosse rappresentano un ulteriore 15% dei casi. La relazione di coppia risulta la più pericolosa, con il 48,1% dei casi (1.016 omicidi), seguita dai casi di matricidio e parricidio (17,6%), figlicidio (12,7%) e fratricidio (4,5%).
Il tragico caso di Paderno Dugnano è solo l'ultimo di una lunga serie di omicidi familiari che hanno lasciato un segno indelebile nella memoria collettiva italiana.
Ferdinando Carretta (1989): A Parma, Ferdinando Carretta uccise i suoi genitori e il fratello minore. L’atto di parricidio, seguito da una confessione pubblica in televisione nel 1998, rappresenta uno dei casi più sconvolgenti di omicidio familiare in Italia.
Pietro Maso (1991): In provincia di Verona, Pietro Maso assassinò i genitori per ereditare il loro patrimonio. Questo crimine, mosso da avidità, è un esempio di come la violenza possa nascere anche da motivazioni economiche.
Erika De Nardo e Omar Favaro (2001): A Novi Ligure, Erika e il suo fidanzato Omar uccisero con crudeltà la madre di Erika e il fratellino Gianluca. Questo caso premeditato scosse profondamente l’opinione pubblica italiana.
Antonio Tagliata (2015): Ad Ancona, Antonio Tagliata e la fidanzata sedicenne uccisero i genitori di lei, respingendo il loro divieto di frequentarsi. Questo crimine, nato da un conflitto familiare, riflette le dinamiche pericolose all’interno delle relazioni giovani.
Benno Neumair (2021): A Bolzano, Benno Neumair strangolò i suoi genitori e gettò i corpi nell’Adige. La brutalità e l’assenza apparente di un movente chiaro rendono questo caso particolarmente inquietante.
Paola e Silvia Zani e Mirto Milani (2021): A Temù, in Vallecamonica, le sorelle Zani e il fidanzato di una di esse, Mirto Milani, uccisero la madre Laura Ziliani in un atto di freddezza e crudeltà sconvolgente.
A parlarci dei delitti in famiglia Andrea Giostra, psicologo, criminologo e scrittore
Chi commette questo genere di reati?
«Gli individui che commettono omicidi in famiglia spesso mostrano una combinazione di caratteristiche comuni. Tra queste, una scarsa capacità di controllare gli impulsi e una limitata intelligenza emotiva sono frequenti. Questi individui possono avere una visione distorta della realtà e spesso non percepiscono la sofferenza altrui. Problemi psichiatrici gravi, come disturbi psicotici o personalità multipla, possono giocare un ruolo cruciale, influenzando il comportamento violento.
Molti di questi aggressori hanno subito abusi fisici, emotivi o sessuali durante l'infanzia, il che può contribuire al loro comportamento violento. Gli omicidi familiari si verificano spesso in ambienti caratterizzati da alta conflittualità e disfunzione, dove le tensioni e le dinamiche malsane predominano. Problemi economici e stress elevato possono ulteriormente aumentare la tensione all'interno della famiglia, contribuendo a comportamenti violenti.
Inoltre, alcuni individui presentano tratti di comportamento violento e controllante, che possono manifestarsi attraverso manipolazione e abuso di potere. L'isolamento sociale e la mancanza di supporto esterno possono amplificare i problemi familiari e ridurre le opportunità di intervento. Vi sono anche segnalazioni di comportamenti aggressivi precedenti che sono stati ignorati o non adeguatamente gestiti. Inoltre
l’influenza di modelli negativi, come quelli rappresentati da serie TV di successo come “Gomorra”, “Suburra” e “Romanzo Criminale”, che glorificano la cultura mafiosa e criminale, può contribuire a una visione distorta delle norme sociali e della convivenza civile. Questi fattori, combinati, possono aumentare il rischio di violenza domestica e di omicidi in famiglia, ma è essenziale ricordare che ogni caso è unico e non esistono indicatori infallibili. La prevenzione richiede un approccio integrato che affronti le cause profonde della violenza e promuova un ambiente educativo e di supporto positivo».
Che impatto ha avuto la pandemia?
«Gli eventi esterni, come la pandemia, hanno avuto un impatto profondo su bambini e adolescenti e in soggetti particolarmente vulnerabili. La pandemia ha causato gravi problemi psicopatologici e relazionali a molti, ma questo non implica automaticamente che i giovani in difficoltà diventino potenziali criminali, ma può essere stata per alcuni una causa scatenante».
Come si possono prevenire gli omicidi in famiglia?
«Non credo che esista una “ricetta” per dire come ridurre il potenziale e il rischio di atti violenti, e tra questi gli omicidi, all’interno della famiglia, indipendentemente loro condizione sociale, culturale, economica e valoriale dei giovani protagonisti. Abbiamo visto dalle cronache, oramai quasi quotidiane, che il fenomeno è assolutamente trasversale da tutti i punti di vista.
Se mi chiede come “migliorare la prevenzione” di violenza adolescenziale, che può degenerare in atti criminosi gravi quali il tentato omicidio o addirittura l’omicidio, allora quello che mi sento di dire è che bisogna basare il futuro dei giovani, da quando nascono fino all’età adulta, su una buona educazione e su una buona cultura di convivenza civile e di rispetto delle regole, perché spesso c’è il rischio che in una società troppo buonista dove si parla di diritti e di doveri, il carnefice venga trasformato in vittima da un sistema che non è riuscito ad aiutarlo in tempo, indipendentemente dalla sua situazione personale».