Elena Ceste, ecco perché il marito Michele Buoninconti è stato condannato
Omicidio premeditato e occultamento di cadavere, 30 anni di carcere. La prova logica lo ha inchiodato, anche se manca la "pistola fumante"
Non poteva che finire così: Michele Buoninconti è stato condannato a 30 anni di carcere per l'omicidio della moglie Elena Ceste, la casalinga di Costigliole D'Asti madre di quattro figli, che nel frattempo sono stati esclusi dalla potestà genitoriale del padre.
Il giudice ha accolto in pieno la tesi dell'accusa, omicidio premeditato e occultamento di cadavere, portata avanti in questi lunghi mesi dal pubblico ministero Laura Deodato e dai carabinieri di Asti guidati dal colonnello Fabio Federici.
Una sentenza prevedibile alla luce degli elementi indiziari rappresentati in aula durante il processo.
Prova logica
È stata la prova logica, il vero nemico del vigile del fuoco di Asti, che è stato inchiodato alle sue responsabilità pur in assenza della classica pistola fumante.
Si è partiti dal dato scientifico. Il corpo senza vita di Elena Ceste viene ritrovato il 18 ottobre dentro un canalone poco distante da casa.
Per il medico legale, il suo corpo è sempre stato lì, non è stato spostato, non è stato trascinato dalla corrente.
Nascosto volontariamente, occultato subito dopo la morte, che è avvenuta in luogo diverso.
A questo punto, procura e carabinieri vagliano tutte le ipotesi, anche quelle improbabili. Si procede per esclusione.
Le varie ipotesi
Si valuta per prima la possibilità di una caduta accidentale.
Ma il punto esatto in cui è stato trovato il corpo è coperto da rovi e da una fitta vegetazione.
Prendendo per buona l’ipotesi del marito, che racconta di una donna in stato confusionale, risulta difficile pensare che nessuno l’abbia vista, che abbia vagato per i campi, sia riuscita ad ad aprirsi un varco tra i rovi per poi cadere e annegare in 15 centimetri di acqua.
Altra possibilità, il suicidio.
Ma non attecchisce per le stesse ragioni e per l’assurdità della scelta di togliersi la vita in un canalone con due gocce d’acqua, quando poco distante c’è il grande e temibile fiume Tanaro, notoriamente avaro nella restituzione dei corpi.
In ogni caso, le analisi tossicologiche sui resti della donna non hanno riscontrato la presenza di farmaci.
Ipotesi successiva. Elena Ceste potrebbe essersi allontanata contro la sua volontà, qualcuno potrebbe averla prelevata a forza dalla sua abitazione per poi ucciderla e disfarsi del corpo.
Ma ci sono alcuni dettagli che non tornano. Il marito ha detto di aver trovato i vestiti della donna in giardino, piegati per bene.
Dovremmo allora pensare che al momento del rapimento la donna dica: "scusate un attimo, si spogli e lasci tutto in ordine".
In tutto questo, il suo amato e fedele cane non abbaia, e i vicini di casa non sentono nulla di anomalo.
Tutti i veicoli
Per non lasciare nulla di intentato, i carabinieri hanno identificato tutti i veicoli passati quella mattina nelle vicinanze. Sono risaliti ai proprietari e si sono accertati dove fossero in quella fascia oraria.
C’è un’ultima possibilità. Elena potrebbe essere fuggita volontariamente con qualcuno che poco più tardi si è trasformato nel suo assassino.
Ma in questo caso avrebbe dovuto lasciare traccia sul telefono, il computer, i social network. Invece nulla, nessun riscontro. Come non è emerso niente dall’analisi del traffico di tutti i telefoni pubblici della zona.
Si torna al marito
Così si torna al marito Michele Buoninconti, che non ha mai convinto per le sue menzogne, le sue fantasie confusionarie, per i continui tentativi di depistaggio.
Un collega vigile del fuoco, in lacrime davanti al magistrato, racconta che durante le ricerche erano passati proprio vicini a quel canalone, ma “Michele ci disorientò volontariamente, era andato lui a vedere nel rio Mersa e poi a cambiare direzione”.
Non basta. Sempre i colleghi avrebbero chiesto a Buoninconti di portare il cane della moglie nelle ispezioni tra i campi, ma l’uomo avrebbe rifiutato dicendo che quell’animale era “troppo stupido”. Cane che pochi giorni dopo sarebbe stato regalato e spedito in un posto lontano.
La domanda finale è semplice: perché Michele Buoninconti racconta che la donna è uscita di casa nuda al freddo e gelo di una giornata come il 29 gennaio?
Gli inquirenti hanno dato la loro risposta: perché nel caso in cui fosse stato trovato il corpo, come in effetti è avvenuto, lui sapeva già che era senza vestiti.
Il giudice ha ascoltato, valutato e accolto la tesi dell'accusa.