Omicidio Mollicone: tutti gli indizi che portano alla caserma
La perizia dei Ris conferma la tesi investigativa: Serena sarebbe stata uccisa presso la sede dei Carabinieri di Arce
Serena Mollicone sarebbe stata uccisa presso la caserma dei Carabinieri di Arce, nel frosinate.
Ne sono convinti i Ris (Reparto Investigazioni Scientifiche) dell'Arma che hanno depositato in procura a Cassino gli esiti della perizia eseguita dopo la seconda autopsia sul corpo di Serena Mollicone, 18 anni, trovata senza vita in un boschetto di Fonte Cupa (oggi Fonte Serena) ad Anitrella, località a pochi chilometri da Arce nel 2001.
Cosa hanno scoperto i Ris
I Ris, su richiesta della procura, hanno analizzato alcune polveri di legno e vernice rilevate sul nastro adesivo con cui la diciottenne è stata legata, mani e piedi, prima di essere abbandonata nel boschetto dove, due giorni dopo, è stata trovata morta.
Quelle stesse polveri sarebbero state ritrovate in alcuni ambienti della caserma e quindi quel nastro potrebbe provenire proprio dalla sede dei Carabinieri di Arce esattamente come i frammenti di legno rimasti attaccati al corpo della vittima.
Quel legno proverrebbe, infatti, dalla porta della stanza della caserma dove la giovane (che si era presentata per sporgere denuncia) sarebbe stata uccisa. Nel novembre dello scorso anno un altro indizio aveva portato a credere che il luogo dell'omicidio potesse essere proprio la caserma.
Le lesioni sul capo della vittima sarebbero, infatti, state compatibili con la frattura rinvenuta proprio sulla porta della caserma di Arce.
A stabilirlo, in quel caso, era stata la consulenza medico scientifica firmata dalla Dottoressa Cristina Cattaneo e consegnata al procuratore capo di Cassino Luciano d’Emmanuele che, a 18 anni di distanza dai fatti, cerca di dare un nome all'assassino di Serena Mollicone insieme al sostituto procuratore Maria Beatrice Siravo.
Quel documento unito alla perizia consegnata nella serata del 27 settembre 2018 in Procura potrebbe portare alla conclusione di uno dei più drammatici cold case della storia della cronaca italiana.
I fatti
Era il primo giugno 2001 quando Serena, studentessa diciottenne di Arce, venne vista entrare nella Caserma dei Carabinieri di Via Valle.
A quanto pare (così sostiene da sempre suo padre Guglielmo Mollicone) avrebbe voluto denunciare qualcuno per qualcosa.
Due giorni dopo quel primo di giugno il suo corpo sarebbe stato trovato senza vita in un boschetto di Fonte Cupa (oggi Fonte Serena) ad Anitrella, località a pochi chilometri da Arce.
Era imbavagliata, legata e la sua testa era avvolta da un sacchetto di plastica. Sul corpo evidenti segni di lesioni, ma nessuna violenza carnale.
Dopo 16 anni non è ancora chiaro cosa sia successo in quei due giorni e soprattutto non ha ancora un nome il suo o i suoi assassini.
Nel frattempo sei persone sono state iscritte nel registro degli indagati. Il carrozziere Carmine Belli è stato processato e assolto, il brigadiere Santino Tuzi si è ucciso, il cadavere di Serena è stato riesumato e papà Guglielmo Morricone non ha mai smesso di chiedere giustizia per la figlia convinto che Serena da quella caserma di Arce non sia mai uscita uccisa per qualcosa che sapeva.
Da sei anni, con l'accusa di omicidio volontario e occultamento di cadavere, sono indagati l'ex comandante dei Carabinieri Franco Mottola, suo figlio Marco e la moglie di Mottola.
La tesi dell'accusa
L'accusa sostiene che Serena quel giorno si sia recata in caserma per denunciare un giro di spaccio di droga che avrebbe coinvolto anche il figlio dell'allora comandante dei Carabinieri, Marco Mottola.
La giovane è stata vista entrare dal brigadiere Tuzi che, nel 2008, dichiarerà: "Serena quel giorno è entrata in caserma per fare una denuncia, io ho chiamato l’appartamento del comandante e mi hanno detto di farla salire. Quando ho lasciato il lavoro intorno alle 14.30 Serena non era ancora uscita".
In quel periodo di tempo l'aguzzino o gli aguzzini della ragazza l'avrebbero picchiata prendendola a pugni e calci e facendole sbattere il capo sulla porta d'ingresso della stanza. La Mollicone, priva di sensi, ma non ancora morta, sarebbe stata quindi legata e imbavagliata e portata nel boschetto di Fonte Cupa.
Dopo una buona quantità di tempo qualcuno sarebbe tornato a verificare lo stato del corpo della ragazza rendendosi conto che era ancora viva e decidendo di metterle la testa all'interno di un sacchetto di plastica per ucciderla soffocandola. Il corpo è stato scoperto due giorni dopo.
Il suicidio Tuzi
Una serie di depistaggi, reticenze e omertà a lungo taciute hanno rischiato di far archiviare il delitto senza che nessuno fosse condannato. Una battuta d'arresto all'intero impianto accusatorio era stata data dal suicidio di Tuzi trovato morto nella sua auto ucciso da un colpo di pistola all'addome sparato dalla pistola d'ordinanza.
La figlia di Tuzi, all'indomani della deposizione della perizia medica, rompe il silenzio e oggi al Messaggero dice: "Mio padre è stato ricattato, qualcuno gli ha prospettato ritorsioni contro figli e nipoti. Per questo, per anni, ha taciuto sulla morte di Serena".
E poi ha aggiunto: "Quanto emerso dalla consulenza conferma a pieno la tesi sostenuta da anni da Guglielmo Mollicone: che Serena quel giorno si sarebbe recata in caserma. Per quanto concerne mio padre, credo che il suo silenzio, durato sette anni, sia stato il frutto di un senso di protezione nei confronti della famiglia. Qualcuno lo ha ricattato, non ho le prove ma è quello che abbiamo portato all'attenzione della Procura che ha riaperto le indagini sulla sua morte".
La fiducia di Mollicone
Anche Guglielmo Mollicone si è detto fiducioso dai dati emersi dalla consulenza: "A questo punto - commenta l'uomo assistito dall’avvocato Dario De Santis - mi aspetto che si arrivi presto a una svolta per sapere chi ha ucciso mia figlia. La procura di Cassino sta facendo un ottimo lavoro e sono sicuro che stavolta la strada è quella giusta".
Per Francesco Germani, l’avvocato che assiste la famiglia Mottola, "Non c’è alcun elemento oggettivo a carico dei miei assistiti. Si è trattato di rilievi tecnici che ci vedono fiduciosi. Del resto, tutti gli accertamenti svolti in precedenza sono stati negativi".
Il caso era stato riaperto nel 2016 su istanza della Prucura di Cassino che ha chiesto la riesumazione del cadavere affinché fosse trasferito all'istituto di medica legale di Milano dove la Dottoressa Cattaneo l'ha analizzato per più di un anno. La consulenza era stata disposta per accertare eventuali correlazioni tra la morte di Serena e la sua presenza il primo giugno nella caserma dei carabinieri di Arce.