Ora parliamo in Napolitano
Come Eravamo
Da Panorama del 22 ottobre 2009
«Dotarsi di un ghost-writer? Macché. Giorgio Napolitano è uno che si scrive tutto da solo: i discorsi, le esternazioni, i pareri. Con la carta e la penna, a mano». La rivelazione a Panorama di Emanuele Macaluso, storico esponente della sinistra migliorista, fra i più grandi amici del capo dello Stato, permette di stabilire che il comunicato di lunedì 12 ottobre («È del tutto falsa l’affermazione che al Quirinale si siano “stipulati patti” su leggi la cui iniziativa, come è noto, spetta al governo») è stato vergato direttamente dal presidente della Repubblica: stilografica e carta assorbente. Dunque l’accordo tra il Colle e Palazzo Chigi sull’approvazione del lodo Alfano da parte della Corte costituzionale era una certezza solo per Silvio Berlusconi. O forse il patto, come risulta a Panorama, è stato rotto dalla Consulta e non da Napolitano, al quale era stata prospettata una soluzione di mezzo, con la legge rimandata alle Camere solo per qualche minimo aggiustamento. Certo è che il comunicato è comunque atipico. Almeno rispetto alla consuetudine del Quirinale. «Napolitano tende a esprimere un linguaggio diretto, a rispondere alle critiche, a spiegare le sue azioni passo dopo passo. È il tratto distintivo del suo settennato» spiega Macaluso. In effetti la storia mediatica della presidenza della Repubblica è un susseguirsi di dire e non dire, di locuzioni come «fonti vicine al Colle riportano» o «ambienti del Quirinale dicono che». In teoria, una consuetudine ideale per Napolitano, classificato come «leader diafano». Lo stesso che Giorgio Amendola, il padre di tutti i miglioristi, definiva «uno che parla usando la vaselina». E invece, per un paradosso della storia, «questo presidente si è rivelato tra i più reattivi» dice il quirinalista del Corriere della sera, Marzio Breda. «Napolitano preferisce che un pensiero si diffonda attraverso le sue parole, più che con la loro interpretazione» ribadisce Macaluso. Ma sono anche cambiati i tempi. Spiega Antonio Ghirelli, ex portavoce del presidente Sandro Pertini: «Negli anni Ottanta la dialettica politica era netta, ma civile. Oggi invece si sfiora la rissa. Napolitano è uomo pacato ma deve necessariamente avere più ruolo e visibilità del focoso Pertini». Di segno dei tempi parla anche Breda: «Il capo dello Stato era così relativamente marginale che fino alle picconate di Francesco Cossiga poche testate avevano il quirinalista». Pertini, per esempio, veniva seguito dai «coloristi», gli specialisti degli articoli di descrizione dell’ambiente. Oscar Luigi Scalfaro preferiva invece esternare soltanto alle cerimonie militari. Carlo Azeglio Ciampi è stato il più silente di tutti. È nel suo settennato che trionfa il metodo del «silenzio parlato». Quando Ciampi stava zitto, parlavano «le fonti del Colle». Quando Ciampi parlava, era per ripetere le stesse cose di predecessori e successore. Una fra tante: «La patria è una e indivisibile». Chi poteva mai contraddirlo? Nonostante le innovazioni di Napolitano, il metodo Ciampi non è del tutto tramontato. Dopo la decisione della procura di Roma di indagare Maurizio Belpietro e Antonio Di Pietro per vilipendio al capo dello Stato, «gli ambienti del Colle» si sono risvegliati. Spiega Breda: «Storicamente, quando le faccende del Paese si complicano, è normale l’esplosione del linguaggio fasciato e delle fonti laterali». C’è sempre un momento, nell’infuriare della battaglia, in cui ci si nasconde un po’.