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Ospitalità ai rifugiati, chi la offre e chi si prepara

L'appello lanciato dal Papa ha raccolto molti consensi da parte di parrocchie e strutture religiose. Ma non solo

Da Lampedusa al Vaticano

"Ogni parrocchia, santuario, monastero, comunità religiosa d'Europa accolga una famiglia di profughi".

L'appello, lanciato da Papa Francesco durante l'Angelus domenica 6 settembre, ha raccolto già molti consensi. E molti si sono subito messi in moto per organizzare l'ospitalità. Innanzitutto lo stesso VAticano. Saranno due infatti le famiglie di rifugiati che andranno a vivere vicino al Papa, accolte dalle parrocchie vaticane.

"Il Papa vuole che vengano messi a disposizione due appartamenti del Vaticano per accogliere due nuclei familiari di profughi", ha detto l'Arciprete della Basilica Vaticana di San Pietro, il Cardinale Angelo Comastri, spiegando che l'individuazione delle famiglie che saranno ospitate è in via di definizione, ma sicuramente proverranno da Lampedusa.

Papa Francesco "ha voluto - ha precisato il porporato - che fossero accolte in due appartamenti vicinissimi al Vaticano in modo che fossero quasi sull'ombra della paternità del Papa e avessero l'assistenza sanitaria vaticana per non gravare sullo Stato italiano. Anche questo è un gesto molto bello e delicato da parte del Papa". Sarà' "l'elemosiniere del Papa", mons. Konrad Krajewski, ha annunciato il card. Comastri, "l'incaricato a trovare queste due famiglie. Una volte individuate verranno accolte. Per tutte le piccole e grandi necessità provvederà immediatamente l'elemosineria e anche le due parrocchie poi speriamo che si possano integrare nel tessuto italiano e di Roma e possano avere qui un loro futuro".

"Le due parrocchie insieme prenderanno a cuore l'emergenza immediata - ha aggiunto Comastri - poi cercheremo di trovare loro un lavoro: già ci sono state offerte di persone disposte a dare un lavoro. Delle disponibilità ci sono. Speriamo di poterle inserire anche in un tessuto lavorativo, data la situazione italiana non è facile ma vedo che il cuore della gente è molto grande. Di fronte a questi drammi come l'immigrazione ci sono delle risorse e generosità inimmaginabili". "La parrocchia di San Pietro corrisponde con la Basilica - ha concluso il card. Comastri - quindi non ha una comunità vera e propria ma ci siamo noi. Vogliamo vivere in prima persona l'appello del Papa e saremo in prima persona coinvolti nell'accogliere queste famiglie a cominciare dalla mia persona".

Il premier finlandese

Juha-SipilaIl primo ministro finlandese Juha Sipilä. EPA/STEPHANIE LECOCQ

Una bella villa nel bosco a 500 chilometri da Helsinki sarà disponibile per qualche profugo siriano dal primo gennaio 2016. È quella del primo ministro finlandese Juha Sipila, che l'ha offerta dai microfoni della tv YLE affermando che "al momento non è molto utilizzata" visto che la sua residenza è nella capitale e augurandosi che i connazionali seguano il suo esempio.

Sawiris: un'isola nel Mediterraneo

Il magante egiziano Naguib Sawiris ai funerali del Capo della Chiesa copta ortodossa d'Egitto, Papa Shenouda III, il 20 marzo 2012. (Credits: EPA/KHALED ELFIQI)

"La Grecia o l'Italia mi vendano un'isola, dichiarerò l'indipendenza e accoglierò i migranti, a cui offrirò posti di lavoro per costruire il loro nuovo Paese". È l'annuncio del miliardario egiziano Naguib Sawiris, che si dice scosso dalle notizie di questi giorni sull'esodo dei migranti.

"Sono molto serio", ha detto a una tv privata egiziana, annunciando che intende presentare l'iniziativa ufficialmente al premier italiano Matteo Renzi e a quello greco Alexis Tsipras. "Avete (Italia e Grecia, ndr) decine di isole deserte che potrebbero accogliere centinaia di migliaia di rifugiati", ha sottolineato, spiegando che ha deciso di prendere l'iniziativa perché "nessuno di fronte a quanto accade può decidere di stare con le mani in mano". Con una vera e propria "città dei migranti", i profughi "non saranno più umiliati e trattati come bestie".

Secondo il tycoon egiziano, il terzo uomo più ricco del Paese, il costo per un'isola potrà aggirarsi tra i "10 e i 100 milioni di dollari", ma il tema più importante sarà l'investimento per le infrastrutture". I migranti potrebbero essere accolti in un primo momento in centri temporanei, "poi potrebbero iniziare a costruire case, scuole, università e ospedali". "Se la situazione dovesse migliorare poi potranno tornare nei loro Paesi d'origine, se lo vorranno", ha precisato il magnate, celebre tra le altre cose per aver costruito dal nulla il centro turistico di Gouna, sulle coste del Mar Rosso, un mega resort capace di ospitare 32.000 persone. Una terra deserta che la famiglia Sawiris ha reso abitabile. 

Donne e bambini nel santuario di Pompei

8 maggio 2014. Fedeli alla celebrazione per la Supplica alla Beata Vergine del Santo Rosario di Pompei (Napoli), officiata dal segretario di stato vaticano Piero Parolin.

ANSA/ CIRO FUSCO

"Le parole pronunciate ieri all'Angelus da Papa Francesco sono risuonate fortemente qui al santuario di Pompei" dove "l'accoglienza è uno stile di vita quotidiano". Lo ha detto l'Arcivescovo di Pompei, mons. Tommaso Caputo, in un'intervista al Tg2000, il telegiornale di Tv2000, rispondendo all'appello all'accoglienza dei migranti lanciato ieri dal Papa.

"Da oltre 130 anni - ha spiegato mons. Caputo - bambini, poveri, orfani, figli di carcerati, anziani, ex tossicodipendenti, diversamente abili, donne adolescenti in difficoltà hanno trovato e trovano casa, istruzione, futuro ma soprattutto amore concreto e diffusivo". "Tra due settimane sarà inaugurata una nuova casa famiglia che sarà dedicata ai bambini e ai bambini diversamente abili. Negli ultimi mesi abbiamo accolto 30 donne migranti con i loro bambini che provengono da Eritrea, Nigeria, Guinea. Attualmente sono ospitate presso la nostra casa 12 donne con 2 bambini".

La ex casa del sacrestano di San Bernanrdino alle Ossa

Il bilocale nel complesso della Basilica di Santo Stefano Maggiore e di San Bernardino delle Ossa, pieno centro di Milano, destinato ad accogliere i migrantii, 7 settembre 2015. ANSA/DANIEL DAL ZENNARO

Per decenni era stata l'abitazione del sacrestano. L'ultimo era andato in pensione due anni fa e da allora il bilocale nel complesso della Basilica di Santo Stefano Maggiore e di San Bernardino delle Ossa, pieno centro di Milano, era rimasto vuoto. "Proprio alcuni mesi fa avevamo deciso di trasformarlo in aula per il catechismo per i ragazzi - dice il parroco, Don Alberto Vitali - Ma considerata questa emergenza lo abbiamo sistemato e messo a disposizione: stasera consegniamo le chiavi alla Caritas che deciderà da chi farlo occupare".

L'appello di ieri del papa alle parrocchie di accogliere i migranti, a Milano ha trovato un terreno pronto. L'arcivescovo Angelo Scola già a luglio aveva rivolto un invito simile ai suoi parroci e il 2 settembre lo aveva ulteriormente ribadito spiegando nel dettaglio come metterlo in atto. Ma l'arcidiocesi di Milano, la prima in Europa per numero di cattolici, un'estensione che arriva alle province di Varese, Lecco, Monza e sfiora quelle di Como, Bergamo, Pavia, 1107 parrocchie, oltre 2000 preti, circa 800 religiosi, più di 6.000 religiose, si era già mossa. Dopo l'emergenza profughi con gli arrivi alla stazione Centrale nei mesi di giugno e luglio, molti parroci infatti avevano cominciato a mettere a disposizione oratori o case famiglie. O una porzione della propria abitazione, come fa da mesi a Erba (Como) Don Ettore Dubini.

A Milano la prima ad accogliere gli appelli di papa e cardinale non poteva che essere la basilica di piazza Santo Stefano, dove da 20 anni ha sede la Cappellania Generale dei migranti, dal 2 febbraio scorso trasformata nella Parrocchia deimigranti. "Abbiamo una lunga tradizione nell'accoglienza degli stranieri - spiega Don Alberto - ma finora ci siamo sempre occupati di immigrati che volevano fermarsi a Milano, questa è un'emergenza diversa". Proprio per questo l'ex abitazione del sacrestano ('si trova al piano sotto quello dove vivo io', dice Don Alberto) saraà gestita dalla Caritas insieme alla Prefettura. "Lo spazio da oggi è pronto, rimane da decidere se farlo diventare un appartamentino, mettendoci anche una cucina, o un posto solo per dormire, entro una settimana comunque potrebbe ospitare i primi migranti - spiega il parroco - Se diventa un appartamento può starci una famiglia anche di 5 persone con dei bambini". "L'aula per il catechismo può attendere - dice ancora don Alberto - mi sono consultato anche con monsignore episcopale e non abbiamo avuto dubbi".

Gli interventi di sistemazione del bilocale sono durati pochissime settimane. A offrirsi per svolgere i lavori anche alcuni stranieri, un ecuadoriano, alcuni egiziani, che pure loro arrivarono anni fa a Milano come immigrati, senza soldi e casa, e trovarono aiuto nella parrocchia.

Gli appartamenti a Caserta

Dopo l'appello lanciato ai parroci dal Papa di ospitare rifugiati nelle parrocchie, arriva da Caserta un "si'" convinto dei sacerdoti seppur nel rispetto delle competenze, essendo la prefettura l'ente che gestisce la collocazione dei migranti. Don Nicola Lombardi, parroco della Chiesa Santa Mria Assunta della frazione di Mezzano, 400 abitanti, annuncia che riunirà "il Consiglio pastorale a cui proporrò di affittare un monolocale per ospitare profughi. È giusto che anche i fedeli si facciano carico di questa emergenza. La nostra parrocchia ha già una casa-famiglia dove sono attualmente ospitati 4 minori egiziani non accompagnati da genitori, mentre un'altra casa famiglia è pronta ad ospitarne nove. L'invito del Papa è stato provvidenziale, la Chiesa ha tante strutture vuote ed è necessario che tutti i parroci facciamo un esame di coscienza".

Don Antonello Giannotti, nella centrale Chiesa del Buon Pastore, ha ospitato fino all'11 agosto scorso, nel teatro annesso alla parrocchia, 18 nigeriani, 13 dei quali sono ora a Lecce mentre cinque sono rimasti a Caserta in un appartamento di via Ferrarecce gestito da una coop. "Siamo pronti ad accogliere nuovi rifugiati - dice il parroco - anche perché l'esperienza conclusasi ad agosto e durata due mesi è stata bellissima; i cinque nigeriani rimasti a Caserta tutte le mattine vengono nella parrocchia perché da noi si sono trovati molto bene sentendosi quasi a casa loro".

Suor Rita Giarretta, che gestisce Casaruth, associazione che negli anni ha ospitato decine di donne con problemi, anche ex prostitute, oggi in un appartamento di Corso Trieste ospita 6 donne nigeriane e della Costa d'Avorio, due delle quali incinte e una con un bimbo piccolo. "Siamo pronti a attuare l'invito del Papa, nessuno può ignorare quanto sta accadendo sul fronte dei rifugiati".

Fermo, il seminario per i ragazzi fuggiti dalla guerra

"La Diocesi ha gia' risposto da tempo all'appello di papa Francesco a fare accoglienza: la nostra storia inizia 15 anni fa, nel 2000, con i profughi, tutti minori non accompagnati, della guerra in Kosovo. Poi con la crisi dell'Afghanistan, poi con l'Egitto, quindi con i flussi dal centro Africa". Cosi' Mons. Vinicio Albanesi, responsabile della comunità di accoglienza di Capodarco, che gestisce 80 posti letto destinati a giovani migranti e profughi nel seminario arcivescovile di Fermo, messo a disposizione dalla Curia.

Fermo è stata la prima esperienza di accoglienza in Italia realizzata destinando un'intera ala del seminario ai ragazzi in fuga da paesi in guerra. "Nel tempo - spiega don Vinicio - la comunità di minori si è ridotta numericamente. Nell'aprile del 2014, quando è iniziato il grande esodo dal centro Africa, con la Prefettura e l'arcivescovo si è data la disponibilità dell'ala ovest del seminario, per un totale di 80 posti (oggi coperti solo da uomini fra i 18 e i 35 anni, ndr), e da qui finora sono passati circa 250 ragazzi''.

''In seguito, nel centro ex-Sagrini abbiamo potuto accogliere altre 20 persone, tra donne e bambini''. Mons. Albanesi sottolinea che ''il metodo di accoglienza e convivenza è attento e rispettoso, e prevede regole da seguire: l'obbligo della scuola per imparare la lingua italiana, la frequenza di un corso professionale per saldatori, attivato in collaborazione con l'Istituto Artigianelli di Fermo, e nel futuro prossimo il lavoro in una cooperativa agricola''.

Il sacerdote ammette che ''all'inizio ci sono state difficoltà, soprattutto perché la Commissione per l'accoglienza era a Caserta; ora che sta ad Ancona è tutto più semplice. Nonostante le diversità, il clima all'interno della struttura è sereno e di rispetto reciproco", ma la preoccupazione maggiore resta il momento in cui i ragazzi si "sganceranno" dal centro". "Molti sanno dove andare e hanno riferimenti, altri, i piu' deboli, no, ed è per questo che insegnamo loro un mestiere. Tuttavia, il messaggio che mi sento di trasmettere è che per accogliere servono capacità e competenze, perché non è semplice".

Ungheria, una sfida alle istituzioni

Bambini sul treno da Budapest e Monaco al confine di Hegyeshalom Vladimir Simicek/AFP/Getty Images

La Chiesa di Ungheria non ha del tutto chiuso le porte ai migranti. Il cardinale Peter Erdo, arcivescovo di Budapest, ha detto ieri che la Chiesa locale non può rispondere all'appello del Papa percheé dare ospitalità a migranti in transito, irregolari, è un reato. Ma c'è chi in questi giorni invece ha comunque aperto le porte, sfidando la legge e anche l'atteggiamento più duro delle istituzioni ungheresi.

La stampa locale riferisce il caso dell'Abbazia benedettina di Pannonhalma che, anche nei momenti più difficili, quando le autorità non avevano ancora messo a diposizione i mezzi per portare i migranti in Austria, ha comunque ospitato famiglie, soprattutto siriane, in transito e portate all'abbazia da volontari. Una storia che si ripete: la stessa abbazia, uno dei più antichi monumenti storici dell'intera Ungheria, nel 1944 accolse molti ebrei che sfuggivano dalla persecuzione nazista. Sempre secondo le notizie rilanciate in queste ore dai media ungheresi, l'abate Varszegi Asztrik ha esplicitamente fatto sapere che se qualcuno chiederà aiuto non gli sarà negato. "Non possiamo lasciare fuori nessuno, è contrario agli insegnamenti del Vangelo", avrebbe detto l'abate secondo quanto riferito da persone a lui vicine.

E così nel cuore della notte, nei giorni scorsi, alcuni volontari hanno portato ai frati due famiglie siriane in transito verso l'Austria, una di queste con cinque figli piccoli. È stata allestita la palestra con dei materassi. Nell'abbazia sarebbero arrivati anche due siriani minorenni soli e i frati li avrebbero anche messi in contatto telefonico con i loro genitori. Poi quando è stato reso possibile il passaggio verso l'Austria i profughi hanno lasciato l'abbazia, accompagnati però da giovani che studiano nel convento dei benedettini. In una sorta di pellegrinaggio ora fanno da spola tra le famiglie che continuano ad essere ospitate qualche giorno nel convento per poi riprendere la via verso Vienna.

A Udine una comunità per l'accoglienza

Una comunità cristiana che ha anticipato "da sempre" il forte invito di Papa Francesco ad "aprire le porte" ai profughi. È la parrocchia di San Domenico a Udine - fondata in un quartiere della periferia urbana nel 1990 - che al momento accoglie quattro nuclei familiari per un totale di circa dieci persone, preparandosi a dare vitto e alloggio e sostegno morale anche a "un'altra famiglia, probabilmente siriana". A raccontarlo è il presidente del Consiglio pastorale parrocchiale, Giampaolo Gri, tra i 'fondatori' della comunità udinese.

"Sin da quando siamo nati - ha spiegato Gri - non potevamo immaginarci come parrocchia senza accoglienza e la progettazione e la costruzione degli spazi comunitari, oltre alla chiesa e all'abitazione del parroco, hanno subito previsto alcuni ambienti appositamente creati per dare un tetto a chi ne ha bisogno". In questa struttura, costituita da alcuni appartamenti, dagli anni Novanta fino a oggi sono passate "almeno cento persone per una cinquantina di nuclei familiari, provenienti da diverse parti del mondo", ha sottolineato Gri. "Siamo partiti come parrocchia dell'accoglienza - ha aggiunto - all'epoca dei profughi in arrivo dall'ex Jugoslavia in guerra e dal Ruanda e Burundi sconvolto da un sanguinoso conflitto".

In questi giorni, la parrocchia si sta organizzando per ricevere un'altra famiglia. La comunità, ha fatto sapere Gri, "è tra i fondatori dell'associazione locale 'Vicini di casa' e l'accoglienza di questa famiglia dalla Siria sarà organizzata in collaborazione con questo sodalizio". E tutta la comunità è impegnata nel nuovo progetto di solidarietà. "Pagheremo l'affitto dell'appartamento in cui la famiglia sarà alloggiata - ha detto Gri - e la sosterremo materialmente e moralmente. In questo momento i nostri appartamenti sono già  tutti occupati, altrimenti li avremmo già ospitati".

A San Domenico, le famiglie di profughi e richiedenti asilo sono seguite da persone addette all'accoglienza di 'secondo grado', il livello successivo alla prima emergenza. "Le persone stanno da noi per alcuni mesi - ha concluso Gri -, finché non riescono a trovare un lavoro e una casa. Per loro è veramente fondamentale vivere questa ricerca con la necessaria serenità".

Vicenza, porte aperte in vescovado

A Vicenza finn dalla scorsa Quaresima il vescovo Beniamino Pizziol ha aperto le porte di un appartamento in Vescovado che è stato dedicato all'accoglienza. Un primo gruppo di quattro richiedenti asilo provenienti dall'Africa è stato ospitato in quella casa, che rimarrà a disposizione anche una volta che i primi quattro dovessero trovare diversa sistemazione in seguito al riconoscimento dello status di rifugiati.

I successivi appelli di mons. Pizziol tendono a creare un centro di accoglienza in ognuno dei 23 vicariati dei quali è composta la diocesi, che conta in tutto di 354 parrocchie, molte delle quali si sono giaà adoperate per l'accoglienza. Un esempio in città è la chiesa di Aracoeli ma ci sono anche quelle di Alonte, Poleo e Sacro Cuore a Schio. In controtendenza la situazione di Valle di Castelgomberto, piccolo centro a ovest del capoluogo. Qui don Lucio Mozzo aveva proposto di collocare una decina di profughi nella canonica che è vuota, ma 200 fedeli riuniti gli hanno risposto con un secco "no". E ora una riunione fissata per mercoledi' a dover dire la parola definitiva, sulla quale potrebbero pesare molto gli inviti del Papa.

I minori non accompagnati nel Salernitano

 "Su tutto il territorio diocesano - spiega il Vescovo di Salerno-Campagna-Acerno, mons. Antonio De Luca - noi accogliamo mediamente mille migranti. Attualmente abbiamo tre gruppi di minori non accompagnati e cerchiamo di aiutarli al meglio con le nostre comunità di accoglienza e con la Caritas. Alcuni di questi giovani sono stati inseriti in progetti-lavoro; abbiamo realizzato, per alcuni di loro, borse lavoro, mentre i più piccoli, i minori non accompagnati, verranno integrati in percorsi scolastici e di formazione".

"Nel corso di tutta l'estate - aggiunge - abbiamo allestito nell'episcopio di Policastro, un salone con servizio docce e bagno, oltre alla cena che abbiamo offerto a chi ce lo richiedeva. Noi abbiamo recepito i precedenti appelli di Papa Francesco che già ci chiede da tempo gesti del genere. In ogni caso, per il futuro, ci attiveremo per rispondere sempre più all'appello del Santo Padre. Quando ho aperto il salone temevo rimostranze da parte della collettivita' e invece ho riscontrato un consenso inaspettato e totale".

Il monastero a Taranto

L'arcivescovo di Taranto, mons. Filippo Santoro, ha deciso di destinare all'accoglienza dei migranti il monastero Gesù Sacerdote delle Carmelitane Scalze, edificio vicino al seminario di Poggio Galeso. La decisione è stata presa in attesa di raccogliere le disponibilità delle singole parrocchie ad accogliere gli immigrati dopo l'appello di papa Francesco. "Per anni - osserva il presule - questo luogo è stata la dimora di preghiera di monache claustrali che adesso, trasferendosi in un altro luogo, desiderano renderlo disponibile alle esigenze caritative dell'arcidiocesi di Taranto. Quelle mura che per decenni hanno ospitato tante donne consacrate a Dio, saranno sicuramente il porto migliore per tante famiglie che speriamo arrivando lì si siano lasciati la morte e la guerra alle spalle, incontrando serenità e maggiore fiducia nel futuro". 

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Redazione Panorama