Pace in Siria: a cosa servono davvero i colloqui di Astana
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Pace in Siria: a cosa servono davvero i colloqui di Astana

All'iniziativa diplomatica voluta da Mosca mancano troppi attori-chiave del conflitto per ipotizzare un vero accordo di pace

La composizione dei membri degli Stati e delle formazioni di opposizione siriane invitate ai colloqui di pace sulla Siria in Kazakistan, presso l’hotel Rixos di Astana, non lascerebbe adito a dubbi: più che di un ambizioso piano per la pace in Siria, i colloqui che si aprono oggi ad Astana possono essere considerati tutt'al più come un tentativo, promosso dalla Russia, e sostenuto dall'Iran e dalla Turchia, per rafforzare il cessate il fuoco entrato in vigore il 29 dicembre scorso (e già violato diverse volte nel mese di gennaio) e puntellare il regime di Assad in alcune aree strategiche: nulla di più, nulla di meno.

COLLOQUI MINORI
L'ottimismo, in questo caso, appare insomma fuori luogo per una ragione piuttosto semplice: i colloqui vedranno la partecipazione soltanto di una parte degli attori presenti sul terreno in Siria.

Mancheranno i curdi turchi, a causa della strenua opposizione di Ankara, che li combatte nel nordest della Siria con l’operazione Scudo dell’Eufrate.

Mancheranno direttamente l'Egitto e i rappresentanti dei Paesi del Golfo, finanziatori di alcuni gruppi di opposizione ad Assad, anche se ci saranno formqazioni ribelli considerate vicine all'Arabia saudita.

Se a questo si aggiunge che il governo di Trump, nonostante i buoni rapporti con Mosca, ha potuto inviare (a causa dell'opposizione di Teheran) soltanto l'ambasciatore americano kazako, George Krol, il quadro appare abbastanza chiaro: i colloqui kazaki servono  nell'immediato alla Russia e ai suoi alleati, vecchi - come l'Iran - o nuovi - come la Turchia di Erdogan - per aiutare Assad a siglare alcuni accordi locali di disarmo con alcuni gruppi ribelli e per rafforzare il ruolo mediatorio di Mosca nella crisi. Gli obiettivi dei tre Stati che sono stati più attivi sul piano diplomatico (la Russia, la Turchia, l'Iran) hanno obiettivi non coincidenti: Russia e Iran vogliono mantenere la loro influenza politica e presenza militare. La Turchia vuole creare una “fascia-cuscinetto” nel Nord, controllata dalle sue truppe e da ribelli di etnia turkmena. 


POCHI RIBELLI
Ci sarebbe anche, per di più, un passo indietro rispetto alla tregua del 29 dicembre. I gruppi di opposizione che avevano sottoscritto la tregua  infatti erano sette: Faylaq al Sham (Legione della grande Siria, circa quattromila combattenti), Ahrar al Sham (Uomini liberi della grande Siria, circa sedicimila miliziani), i jihadisti Jaish al islam (Esercito dell’islam, 12mila combattenti), Thuwar al Sham (2.500 miliziani), Jaish al mujahidin (ottomila uomini), Jaish Idlib (seimila), Jabhat al shamiyah (tremila).

Ad Astana ci sono soltanto l’Alto comitato per i negoziati, l’organizzazione ombrello che comprende una trentina di gruppi dell’opposizione nata a Riyadh nel dicembre del 2015, e Jaish al islam, una formazione islamista già etichettata, in passato, come terrorista dalla Russia. Nel complesso sono circa la metà dei gruppi armati presenti in Siria.  Lo stesso capo negoziatore dei ribelli Mohammad Allush, che è il leader politico di Jaish al islam, è stato poi chiarissimo, a dimostrazione delle difficoltà dell'iniziativa diplomatica moscovita: Allush - che è vicino ai Paesi del Golfo - non intende tenere colloqui diretti ad Astana con i rappresentanti del governo di Assad. Il governo di Assad inoltre non intende intavolare colloqui diretti con la Turchia dopo che Erdogan ha di fatto dato luce verde, nel nord del Paese, all'invio di 15 mila soldati curdi iracheni sotto la guida di Massoud Barzani, con l'obiettivo di sconfiggere e sostituire i curdi turchi dell'YPG.

A riprova della relativa centralità dei colloqui di Astana c'è poi un fatto tutt'altro che trascurabile. Non ci saranno  i capi di governo, né i ministri degli Esteri degli Stati coinvolti, ma solo i rappresentanti di livello minore, per di più militari, coaudiuvati da un team di esperti in questioni tattiche e giuridiche.

La vera partita in Siria si aprirà in realtà a Ginevra sotto l'egida dell'Onu, l'8 febbraio. I colloqui di Astana - cui partecipa come osservatore anche l'inviato speciale dell'Onu De Mistura - potrebbero semplicemente, nel migliore dei casi, preparare il terreno ai colloqui di Ginevra, estendendo l'area del cessate il fuoco e rafforzando il ruolo mediatorio della Russia in  Siria. 

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Redazione Panorama