Alla Spagna e alla Catalogna servono nuovi politici
Per sfuggire a uno scenario con possibili esiti catastrofici è necessario un ricambio ai vertici di Madrid e Barcellona: per negoziare davvero
Il referendum catalano. Nello scenario di tensione giunto il primo ottobre al punto per ora più alto, ci sono echi che richiamano in modo sinistro aspetti della guerra civile (1936-1939).
Al conflitto ideologico (pure presente, a causa delle laceranti divisioni del passato ancora oggi non del tutto elaborate) si è sostituito quello economico.
Più dell’identità culturale e dell’orientamento ideologico, hanno potuto due macro fattori economici: la crisi finanziaria mondiale e la crisi dei debiti sovrani in Europa.
La crisi economica mondiale del 2008
La grande tempesta finanziaria globale del 2008 può infatti essere letta come uno dei contraccolpi della globalizzazione concorrenziale tra Occidente e Oriente (leggi USA ed Europa da una parte, Cina e India dall’altra) e che ha mietuto vittime eccellenti: la florida economia catalana è una di queste.
La crisi dell’Euro del 2010
Asse portante dell’economia spagnola, la Catalogna ha pagato un prezzo molto alto alla quasi contemporanea crisi dell’Euro del 2010.
La moneta unica europea, dimostrando tutti i propri limiti strutturali (come ad esempio l’assenza di una banca centrale europea) ha in un certo senso messo le ali ai paesi del nord Europa e relegato nel triste epiteto di Pigs (maiali) quelli della fascia mediterranea: Portogallo, Italia, Grecia e appunto Spagna.
Alla crisi della finanza mondiale e quella della moneta unica europea, per la Catalogna e il suo capoluogo Barcellona, si è aggiunta infine quella decisiva: il fallimento della politica interna.
(Foto: EPA/Toni Albir) Un megafono per le comunicazioni fuori da uno dei seggi elettorali presi d'assalto per il voto della catalogna indipendente - 1 ottobre 2017
Il fallimento dei partiti politici
Infatti Madrid, sede del governo centrale, ha sistematicamente ignorato la "questione catalana", perpetuando un sistema di governo centralista e fiscalmente opprimente che, alla lunga, ha fatto virare verso l’indipendentismo anche partiti più moderati della Catalogna.
La crisi politica spagnola dura ormai da anni e tanto i partiti tradizionali (Partito Popolare e Partito Socialista), quanto il movimento di Podemos, non sono riusciti a trovare il rilancio.
Con la seconda disoccupazione giovanile più elevata dopo la Grecia, la Spagna senza governo - a differenza di quanto era accaduto al Belgio qualche anno fa che registrò trend economici positivi e inaspettati - ha totalmente smarrito la propria agenda economica. Per la Catalogna e il suo governo regionale, la Generalitat, la misura era colma.
È quindi in questo quadro di clamorose criticità che il referendum sull’indipendenza del primo ottobre si è presentato come l’assoluta novità del panorama politico europeo. A differenza della consultazione scozzese, che si svolse nella piena legittimità giuridica e diede per Londra un risultato confortante, oggi Spagna e Catalogna sono divise su tutto, a partire dalle regole del gioco.
Julian Assange, anima di WikiLeaks, ha parlato di prima guerra mondiale del web; questo perché alle armi di fortuna delle brigate internazionali si sta sostituendo il voto online (gli elettori stampano le schede elettorali con le stampanti a casa propria) e una guerra di propaganda veicolata via web e social network. Anche questo fa della giornata di domenica uno spartiacque tra il prima e il dopo.
(Foto: EPA/Alberto Estevez) La carica della polizia spagnola fuori da un seggio a Barcellona - 1 ottobre 2017
La preoccupazione dell’europa
Non per nulla a Bruxelles e a Francoforte, ossia le capitali politiche e finanziarie dell’Europa, si guarda a Barcellona con grande preoccupazione. La vittoria del “sì” (scontata ma da legittimare, il nodo in fondo è tutto qui), e un distacco della Catalogna dal corpo sociale spagnolo, uno e indivisibile secondo Madrid, suonerebbero come campane a morto per la coesione europea e la tenuta futura dell’Unione.
I due scenari possibili
Due gli scenari possibili ora: il muro contro muro e la conseguente escalation con l’entrata in gioco della forza militare (un ricorso storico da brividi), o la parola alla diplomazia. Tradotto: elezioni anticipate tanto su scala nazionale quanto in Catalogna per nominare nuovi e più capaci negoziatori da ambo le parti.
Siamo appena all'inizio.