Parigi 2024/16 - Mani utili
Si chiude l'Olimpiade e l'Italia trova la vittoria più bella con la pallavolo femminile: rotto il tabù grazie a una nazionale trascinata dal ct Velasco e da Paola Egonu
Aveva ragione Julio Velasco: non esistono maledizioni. E ha ancora ragione il ct icona del volley italiano a spiegare che quanto accaduto nelle due settimane parigine è un'impresa che va oltre il semplice risultato: le Olimpiadi si preparano in cicli di quattro anni, lui e le azzurre salite sul gradino più alto del podio lo hanno fatto in quattro mesi. Ereditando un gruppo che si era disgregato, una situazione in cui pareva che fosse impossibile mettere insieme i migliori talenti e superare gli individualismi.
Julio Velasco ha chiuso il cerchio. L'architetto della generazione di fenomeni, imbattibili in tutto tranne che nei Giochi, l'uomo che ha creato il volley in Italia proiettandolo oltre la dimensione di sport di nicchia, è stato anche colui che ha fatto l'impresa. Le mani utili le hanno messe le ragazze. Tutte. Con citazione speciale per Paola Egonu, sia perché ha disputato un'Olimpiade fantascientifica insieme a compagne straordinarie, sia perché proprio il suo era il talento che un anno fa sembrava di troppo. Poi, per fortuna, è arrivato Velasco a rimettere la chiesa al centro del villaggio.
I Giochi si chiudono con un bottino identico nella quantità a quello di Tokyo (40 medaglie), con due ori in più (12) ma con qualche vittoria di peso in meno. Ci sarà tempo per le analisi, visto che considerando la mole di quarti posti la verità è che il sistema sportivo italiano si è piazzato più in alto del decimo posto assegnatogli dal medagliere. Il presidente del Coni, Giovanni Malagò, ha ragione nel dire che non era scontato, soprattutto in un Paese in cui fare sport di base (la base della piramide che porta all'eccellenza) è spesso un privilegio per pochi.
E' particolare che l'Italia stia vivendo la sua migliore stagione sportiva dopo decenni in un momento di forte conflittualità con la politica. Il ministro Abodi ha detto a chiare lettere che Malagò deve togliere il disturbo alla fine del mandato, non potendo più ricandidarsi. Giusto così, sia mai che l'Italia si mostri al mondo come il paese degli incollati alla poltrona... La domanda, però, è un'altra: c'è oggi un dirigente sportivo che possa fare gli interessi del movimento tutto meglio di Malagò? E che lo possa traghettare all'appuntamento epocale con Milano Cortina 2026 senza ulteriori scossoni? Se la risposta è sì, si proceda al cambio. Altrimenti lo sport si tiene stretto il caro, vecchio, usato e lascia alla politica il compito fondamentale di sostenerne gli sforzi.