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Parigi: siamo in guerra e dobbiamo reagire

Parigi: siamo in guerra e dobbiamo reagire

Ora i paesi occidentali devono finalmente coordinarsi e combattere con unità di intenti politici per contrastare il terrore, senza paura

Parigi: siamo in guerra e dobbiamo reagire
EPA/YOAN VALAT

Il dramma dei superstiti agli attentati di Parigi – 14 novembre 2015

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Il silenzio davanti al Carillon cafe a parigi – 14 novembre 2015

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Una donna piange davanti al Carillon cafe a Parigi – 14 novembre 2015

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La prima pagina di un giornale a Parigi con il titolo “L’orrore” tra candelel e fiori – Parigi, 14 novembre 2015

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Alcune persone depongono fiori e candele in ricordo delle vittime degli attentati di Parigi in Place de la Republique a Parigi – 14 novembre 2015

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Un uomo guarda fuori dal Carillon cafe con la vetrina bucata dai proiettili dei terroristi dell’Isis – Parigi, 14 novembre 2015

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Le bandiere dell’Unione europea

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ANSA/ANGELO CARCONI

Fiori davanti l’ambasciata francese a Roma per le vittime dell’attentato terroristico a Parigi. Roma, 14 novembre 2015. ANSA/ANGELO CARCONI

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Giornali francesi il mattino dopo dell’attentato – 14 novembre 2015

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Fiori e candele davanti al Carillon bar a Parigi, uno dei luoghi degli attentati che hanno colpito la città

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Fiori e candele davanti al Carillon bar a Parigi, uno dei luoghi degli attentati che hanno colpito la città

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Una donna in lacrime davanti al Carillon bar nel X arrondissement di Parigi – 14 novembre 2015

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Fiori e candele davanti al Carillon bar a Parigi, uno dei luoghi degli attentati che hanno colpito la città

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Parigi, 13 novembre 2015, lo Stade de France dopo gli attentati terroristici

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Parigi, 13 novembre 2015, lo Stade de France dopo gli attentati terroristici

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Parigi, 13 novembre 2015, lo Stade de France dopo gli attentati terroristici

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Parigi, 13 novembre 2015, lo Stade de France dopo gli attentati terroristici

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Parigi, 13 novembre 2015, lo Stade de France dopo gli attentati terroristici

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Parigi, 13 novembre 2015, lo Stade de France dopo gli attentati terroristici

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Parigi, 13 novembre 2015, lo Stade de France dopo gli attentati terroristici

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SYDNEY, AUSTRALIA – NOVEMBER 14: A woman hold a candle during a vigil for victims of the Paris terror attacks at Martin Place on November 14, 2015 in Sydney, Australia. At least 120 people have been killed and over 200 injured, 80 of which seriously, following a series of terrorist attacks in the French capital. (Photo by Daniel Munoz/Getty Images)

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Fiori davanti all’ambasciata francese in Albania – 14 settembre 2015

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Manifestazioni “Je suis Paris” per le vittime degli attentati della notte – 14 novembre 2015

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A Sudney una donna mostra un cartello “Je suis Paris” per le vittime degli attentati della notte – 14 novembre 2015

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Una delle vittime degli attentati di Parigi coperta da un lenzuolo

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Polizia francese fuori dal Cafe Bonne Biere in Rue du Faubourg du Temple a Paris – 14 Novembre 2015

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La polizia della Scientifica all’interno del Café Comptoir Voltaire, oggetto di attacco terroristico, 14 novembre 2015, Parigi.

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Controlli anti terrorismo presso il Vaticano. Roma.

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Francesi evacuati dal teatro Bataclan a Parigi – 15 novembre 2015

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Il presidente francese nella notte degli attentati di parigi – 14 novembre 2015

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Il corpo di una delle vittime degli attentati di Parigi in Boulevard des Filles du Calvaire vicino al teatro Bataclan

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Alcuni parigini con le coperte termiche vengono portati via dalla zona del teatro Bataclan – Parigi, 15 novembre 2015

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Il corpo di una delle vittime degli attentati di Parigi in Boulevard des Filles du Calvaire vicino al teatro Bataclan

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Alcuni parigini con le coperte termiche vengono portati via dalla zona del teatro Bataclan – Parigi, 15 novembre 2015

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Alcuni superstiti degli attentati di Parigi prima di essere portati via da alcuni autobus in sicurezza – 14 novembre 2015

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Alcuni superstiti degli attentati di Parigi prima di essere portati via da alcuni autobus in sicurezza – 14 novembre 2015

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Lo sgomento sul volto di un sopravvissuto agli attentati di Parigi prima di essere portato via su un autobus – 14 novembre 2015

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La polizia francese raccoglie tracce nel café Comptoir Voltaire sede di uno degli attacchi terroristici – Parigi 14 novembre 2015

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Corpi a terra davanti al Comptoir Voltaire, il café di Parigi luogo di uno degli attentati della notte – 14 Novembre 2015

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Abbracci tra i superstiti degli attentati di Parigi prima di essere portati via da alcuni autobus in sicurezza – 14 novembre 2015

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Alcuni parigini evacuati dal teatro Bataclan in Boulevard des Filles du Calvaire – Parigi, 14 novembre 2015

Ancora non l’avevamo capito. Ancora non ci era entrata nel cervello quest’idea che “siamo in guerra”.

Eppure non semplicemente i segnali congiuravano all’unisono in quella direzione.

La guerra era sotto i nostri occhi
Ma la guerra era già sotto gli occhi di tutti, nel modo che i guerriglieri dell’Isis intendono la guerra. Una guerra non guerreggiata ma “guerrigliata”, la stessa che fanno in Siria, in Libia, nel Sinai, in Iraq. In Europa. Secondo un principio lapalissiano e terribile: voi colpite noi, noi colpiamo voi. Voi ci colpite con gli aerei dall’alto in Siria. Noi vi colpiamo con le armi che abbiamo a Parigi (che conosciamo bene) e in Europa.

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Inutile ripeterci adesso che ci sono falle mostruose nella rete dell’Intelligence. Parigi era in teoria la capitale più presidiata del mondo dopo Charlie Hebdo.

E la falla dei servizi francesi è solo una parte della grande falla dei servizi occidentali che ormai, sul terrorismo e sull’Isis, sono (o dovrebbero essere) pienamente coordinati. Forse qualche “segnale”, in questo senso, c’era stato. Ma nulla di preciso, purtroppo.

Siamo tutti sotto tiro
La guerra di guerriglia dell’Isis è una guerra che usa il terrore non più contro obiettivi prevedibili, “sensibili”, ma sparando nel gruppo, anzi nella massa. Stadi, ristoranti, sale da concerto, centri commerciali. Siamo tutti in pericolo, tutti a rischio, ovunque. Oggi Parigi, domani chissà. Sono vicini, sono qui.

Le rivendicazioni del Califfato rimandano ogni volta a nuovi traguardi di orrore.

Roma e Londra sono evocate esplicitamente come nuove tappe, nuovi target (anche se rivendicazioni ufficiali non sempre ci sono, ma vengono affidate al tam tam della Rete jihadista).

E a Roma tra poco parte il Giubileo, occasione tragicamente ghiotta per i terroristi di tutto il mondo. Questo terrore diffuso, questa grande paura capillare, questa fragilità, dipendono anche dal fatto che l’ideologia totalizzante dell’Islam che ha idee molto nette, molto militanti, su quale modello di “Stato” (sì, Stato) creare, a livello non solo arabo e mediorientale ma globale, è un motore di consenso potentissimo nell’universo dell’Islam. Che ha infiltrato anche l’Europa.

Al contrario, l’Occidente ha dimostrato finora di essere un gigante d’argilla. Incapace di fare la guerra guerreggiata (contro quella guerrigliata), incapace di condividere una linea di politica estera e di sicurezza che sia una, incapace di mostrare i muscoli ma anche di usare il cervello.

L’America di Obama ha optato per la strategia del guidare “dalle retrovie”, la Francia ordina raid che risultano suicidi, scoordinati dagli alleati e utili quasi solo a marcare il territorio e rilanciare la “grandezza” patria.

Addirittura un pilastro della NATO come la Turchia (paese a stragrande maggioranza musulmana) ha chiuso per troppo tempo un occhio mentre i foreign fighters passavano la frontiera con la Siria.

L’Europa non ha saputo gestire né l’immigrazione, né i rapporti con i Paesi arabi, facendo guerre sbagliate come quella contro Gheddafi, in nome di una primavera araba che ha sortito l’unico risultato di rovesciare i dittatori garanti della stabilità e spianare il deserto ai tagliagole.

Urge cambiare politica. Armiamoci e contrastiamo il terrore. Senza paura.

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