Pd, il nuovo segretario sarà marchiato dalla sconfitta alle elezioni europee
A parte Nicola Zingaretti, Maurizio Martina, e Matteo Richetti, mancano candidati credibili, specialmente da parte renziana. Il motivo? Il timore di diventare capro espiatorio
È ancora forte all'interno del Pd la sbronza per il successo della manifestazione indetta domenica 30 settembre a Piazza del Popolo contro le politiche del governo gialloverde. Un successo sperato e che è arrivato.
Tuttavia, quello che si è riunito in piazza domenica è l'apparato del Pd che a livello territoriale già in estate aveva dato prova di esistere, e per certi versi resistere, in tutte le feste de L'Unità che in maniera capillare si sono svolte in tutta Italia.
Manifestazioni locali che però, quest'anno, più degli anni passati hanno richiamato una comunità all'impegno in un momento di forte crisi del partito e della dirigenza, dopo la batosta elettorale del 4 marzo.
La piazza del 18 per cento
Se la domanda dilagante tra gli iscritti "è come si riparte?" e la richiesta urlata verso il palco è quella dell'"Unità" - c'è da dire che sotto al palco mancava quella società civile o qualche elettore deluso del Movimento 5 stelle che potesse far sperare in una rimonta numerica del partito. Insomma, a piazza del Popolo c'era quello stesso 18 per cento delle elezioni e non si è mosso nulla di nuovo.
Si riaccende la voglia di primarie
Tuttavia, dopo mesi di stagnazione, quella piazza ha richiamato la dirigenza Pd a un nuovo entusiasmo. Tanto che anche il segretario Maurizio Martina oggi sembra più convinto di scendere in campo alle prossime primarie contro quello che per adesso resta l’unico sfidante in campo: Nicola Zingaretti.
Anche dalle fila renziane, oltre al nome dell’ex viceministro Teresa Bellanova, cominciano a farsi strada ipotesi alternative. Ci sarebbe l’ex capogruppo Ettore Rosato, molto vicino a Dario Franceschini e renziano di ferro. Lui potrebbe essere il personaggio giusto anche per placare i dissensi dell’ex ministro della Cultura, che negli ultimi mesi ha riservato critiche feroci a l’ex segretario Matteo Renzi.
Torna in campo anche l’ipotesi di una candidatura di Matteo Richetti, che potrebbe raccogliere l’eredità dei renziani scettici. L’ex braccio destro di Renzi, nei mesi scorsi aveva fatto una prova di leadership lanciando il movimento (e omonima fondazione) “harambè”, termine kenyota che significa “insieme”, mettendo insieme i giovani amministratori locali del Pd, ma anche Marianna Madia, Gianni Cuperlo e Maurizio Martina all’Acquario di Roma.
Un congresso che rischia di essere l'ultimo
Tutti gli attori in campo rimangono perplessi sui tempi del congresso. Per molti osservatori rischia di essere troppo a ridosso della campagna elettorale delle europee, dove una sconfitta del Pd è data per certa.
Inoltre, si rischia di perdere energie nella campagna congressuale, perdendo del tutto di vista l’obiettivo europeo. Così il neo-segretario dovrebbe trovarsi a giustificare un fallimento elettorale che non gli compete a pochi giorni dalla sua nomina.
Ora i renziani pensano a Martina
Per questo, tra i big renziani si fa strada l’ipotesi di appoggiare Maurizio Martina nella corsa congressuale, per attribuirgli anche le sconfitte a cui il Pd sa di andare incontro tra europee e amministrative di primavera (si vota in 118 comuni e per il rinnovo dei consigli regionali di Emilia-Romagna, Piemonte, Sardegna, Abruzzo, Calabria).
Il 2019, senza un argine forte potrebbe segnare la debacle definitiva del partito e sono pochi i candidati alla segreteria pronti a farsi carico della disfatta. Sarà per quello che il dibattito congressuale stenta a partire e piuttosto si assiste ad una sommessa ritirata di tutti i possibili candidati.