Perché Grasso fa paura al PD
Da ieri è ufficialmente un candidato delle prossime elezioni. Una figura che gode del rispetto dell'opinione pubblica anche tra gli elettori di Renzi
Ora Pietro Grasso fa paura davvero e i toni dell’intervista rilasciata da Matteo Renzi a Che Tempo che fa? fanno trasparire una certa preoccupazione a Largo del Nazareno. Il segretario del PD, in previsione delle prossime elezioni politiche, per screditare l’avversario ha utilizzato i vecchi e logori schemi: la regia occulta di Massimo D’Alema e l’appello al voto utile per non favorire la vittoria della Lega e di Forza Italia in molti collegi.
Con il paradosso che oggi gli avversari sono quelli con cui il Pd fino a qualche giorno fa cercava di tessere un’alleanza. Perché Pietro Grasso, che ieri ha ufficializzato la sua leadership, rappresenta un pericolo. Non è un uomo di sinistra, ma delle istituzioni che durante tutta la sua carriera professionale (fino a poche settimane fa) si è affermato come uomo delle regole, costruendo così la sua reputazione, anche politica.
Il "papa straniero"
Giudice a latere nel maxiprocesso nato dalle indagini di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e poi come Procuratore nazionale antimafia, funzione che ha svolto senza dimenticare mai l'importanza del dialogo con i giovani, alla scadenza dell’incarico nel 2012, su invito di Pier Luigi Bersani, Grasso decise di candidarsi nelle fila del Partito Democratico, per diventare poi Presidente del Senato e per un momento anche candidato al Colle.
Grasso ha sempre nutrito una stima per l’ex segretario del Pd, mentre intanto in questi anni il partito ha cambiato pelle e stile. Tanto che all’indomani del suo abbandono Grasso si giustificò dicendo che "Il vero Pd era quello di Bersani insieme a Sel, quello del bene comune. Non so se sono uscito io dal Pd oppure è il Pd che non c'è più”. Una stilettata non tanto agli uomini, quanto allo stile con cui dall’abbandono di Bersani sono stati trattati i vari passaggi politici che hanno caratterizzato la legislatura.
Perché Grasso è una minaccia per il PD
Quindi è difficile immaginare lo schema di un Grasso eterodiretto da Massimo D’Alema, che ieri era presente alla convention che ha sancito la nascita del nuovo soggetto “Liberi e uguali” che mette insieme Mdp – Si e Possibile. Perché se D’Alema ha sempre giocato un ruolo da avversario di Renzi dentro e fuori il partito, Grasso è fuori da questi schemi, è il papa straniero delle prossime elezioni politiche, quello che rappresenta una certa idea di intendere le istituzioni come casa comune.
Inoltre l’operazione Grasso è la logica conseguenza di una stagione, probabilmente iniziata con Tangentopoli, che dà più fiducia alla magistratura che alla politica, anche nella gestione della cosa pubblica. Il Pd in questo è vittima di se stesso. Soprattutto da quando nel 2015 ha commissariato il comune di Roma, guidato da Ignazio Marino, imponendo nella giunta diversi magistrati, di cui uno con delega alla legalità. E oggi allora perché gli elettori, anche quelli delusi, non dovrebbero fidarsi di uno con il curriculum di Grasso?
Senza contare che per come sono state disegnate le regole del Rosatellum un soggetto a sinistra del Pd in grado di raggiungere il 10 per cento rischia di far suonare un requiem al Pd in molti collegi. Con la guida di Grasso il progetto di Bersani, Fratoianni e Civati prende una forma e riconsegna un soggetto di sinistra al panorama politico, mentre Pisapia sembrerebbe aver perso il treno, ancora perso a cercare un'intesa con il Pd.
In quest’ottica oggi, Renzi è più impegnato a combattere Bersani & C. che Berlusconi e Salvini. Con il risultato che alla fine della stagione della rottamazione, Renzi avrà rottamato tutto il centrosinistra e riunito il centrodestra. E ironia della sorte tutto questo avviene a dodici mesi esatti dalla bocciatura del referendum costituzionale che lo costrinse alle dimissioni da Palazzo Chigi.