Il turismo fa male all'ambiente
Uno studio quantifica per la prima volta le emissioni di gas serra connesse ai viaggi e ai voli aerei nel mondo globale. Il paradosso della democratizzazione del benessere
Il turismo, dai voli aerei alla produzione di souvenir, contribuisce per quasi un decimo del totale al riscaldamento globale. Uno studio di varie università australiane ha quantificato per la prima volta l'impatto dei giramondo globali sulle emissioni di anidride carbonica, il gas che riscalda l'atmosfera ed è il motore dei cambiamenti climatici.
Quattro volte più inquinanti del previsto
Le stime fatte finora attribuivano al turismo globale un ruolo tutto sommato poco rilevante nel calderone dei vari fattori, dal traffico veicolare all'allevamento. Il nuovo studio, pubblicato su Nature Climate Change, stima che l'impatto sia almeno quattro volte superiore a quello che si riteneva, vicino all'8 per cento del totale. E le cose sono da questo punto di vista solo destinate a peggiorare, considerato che il turismo è uno dei settori che sta crescendo di più, molto più velocemente del commercio internazionale.
Il boom dei turisti cinesi
Fatto scontato, tra i paesi più inquinanti ci sono quelli più grandi e con le maggiori economie, in testa gli Stati Uniti, e poi Cina e Germania. In linea con i trend descritti nello studio, secondo i dati resi pubblici il mese scorso dalla agenzia delle Nazioni Unite per il Turismo, la UNWTO, nel 2017 i cinesi sono stati i viaggiatori che hanno speso di più al mondo, 258 miliardi di dollari, quasi il doppio degli americani.
Aerei "pesanti"
Il singolo fattore che pesa di più nel conto delle emissioni di gas serra sono i voli aerei, e le previsioni sono che nel futuro incideranno ancora di più, via via che anche nei paesi in via di sviluppo aumenta la domanda per i viaggi. Inoltre, allo stato attuale, non ci sono vincoli e soglie entro cui contenere le emissioni, in quanto l'aviazione internazionale è esclusa dagli accordi sul clima di Parigi.
Nella stima è stato incluso quasi un miliardo di catene di servizi connesse in un modo o nell'altro al turismo, in 189 paesi: oltre ai voli aerei, le emissioni connesse alla gestione di hotel e ristoranti per il soggiorno fuori casa, allo shopping e all'acquisto di souvenir.
Addio ai voli low-cost?
Secondo gli autori dello studio, è necessario iniziare a pensare a un turismo a basso impatto, che contenga le emissioni di questa industria globale. Non sarà un problema di facile soluzione. Basti pensare, esempio fatto da Manfred Lenzen dell'Università di Sydney, uno degli autori dello studio, che per compensare con misure a favore dell'ambiente le emissioni di un viaggio aereo dall'Australia all'Inghilterra, il volo dovrebbe costare oltre 400 dollari in più. Temi non proprio digeribili ora che abbiamo fatto l'abitudine ai voli low-cost.
D'altra parte, l'industria stessa del turismo ha molto da perdere dalle conseguenze dei cambiamenti climatici: le località sciistiche e quelle note per le attrazioni invernali potrebbero risentire sempre di più della mancanza di neve e dell'imprevedibilità del meteo, mentre molte isole tropicali e località costiere potrebbero ritrovarsi sommerse dall'innalzamento del livello del mare.