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CHRIS J RATCLIFFE/AFP/Getty Images
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Perché sarà una Brexit soft

Conviene sia al Regno Unito sia all'Unione europea e si fonderà sulle "quattro libertà": circolazione dei beni, dei servizi, delle persone e dei capitali

Che dubbio, quello tra soft o hard Brexit. E parecchio controverso. Innanzitutto: a chi spetta decidere? E poi: è più importante il “cosa” o il “come”? Già, ma senza dimenticare il fondamentale: “quando”? Ripartiamo da capo.

Soft o hard?

In principio il Leave (un concetto hard) ha vinto il referendum, tutti d'accordo su questo, ma lo ha fatto sfruttando un quesito mal posto e una campagna elettorale basata su due cardini molto seducenti, “sovranità nazionale” e “immigrazione”, che la soft Brexit non potrà mai garantire.

C'è un però la soluzione hard, che al contrario li garantirebbe entrambi, non può essere scelta senza l'Europa, la controparte a ventisette teste nella negoziazione.

Sarà, quindi, soft Brexit e lenta. Questo ci porta a rispondere finalmente al cosa, al come e al quando, ma soprattutto al “Perché”. Perché Londra si sta orientando, anche grazie ai fragili equilibri del governo di Theresa May, verso la soluzione morbida.

Perché soft

Perché, a conti fatti, conviene sia alla Uk che alla Ue. Soft significa che il Regno Unito continuerà ad avere accesso al mercato unico europeo senza esserne giuridicamente membro comunitario: come d'altronde già accade oggi per Liechtenstein, Norvegia e Islanda.

In cosa consiste la versione soft

Con buona pace di chi ha votato per la hard Brexit, la soft si baserà su quattro principi fondamentali, noti anche come four freedoms, già osservati dai paesi prima citati: libertà nella circolazione dei beni, dei servizi, delle persone e dei capitali.

Londra avrebbe tutto da perdere negando, ad esempio, libertà di movimento e cittadinanza ai cittadini comunitari perché questo vorrebbe dire perdere anche le altre voci. Le più sostanziose, come Downing Street ben sa.

Che fare

Insomma, la Corte di Giustizia Europea, con l'opzione soft continuerebbe a esser l'arbitro tra Londra e Bruxelles, mentre quest'ultima continuerebbe ad incassare contributi dal Regno Unito. La sola alternativa possibile, per Londra, sarebbe quella di far valere le regole della World Trade Organization, come fanno Cina e USA (ma anche India e Giappone) quando fanno affari con l'Europa, ma è un'opzione che richiede spalle larghe.

Proprio quelle che mancano ora al governo May, che ha appena perso nel Ministro della Difesa Michael Fallon (travolto da uno scandalo a sfondo sessuale) un alleato di ferro della premier. Tatticamente la May, e la maggioranza dei parlamentari, sanno che l'opzione soft è la preferibile per tener fede al mantra Brexit means Brexit, dimostrando così di voler rispettare il volere della maggioranza degli elettori (per quanto disinformati essi siano).

Ma anche Bruxelles deve persuadersi che l'opzione soft è in fondo la miglior sintesi, in quanto una rottura dell'equilibrio porterebbe Londra ad andare per la sua strada basandosi su esempi concreti: la Svizzera, ad esempio, ha accordi commerciali diretti con la Cina (ottenuti dopo tre anni di colloqui) e non tradisce alcuna frustrazione a non far parte del mercato unico europeo.

Il nodo sostanziale sono le quattro libertà che Bruxelles, una volta tanto mostrando coerenza tra principi e azione, intende come indivisibili e sinora è stata in grado di difendere. Ecco il punto d'incontro. Soft non solo è più saggia, ma in fondo conviene a tutti.

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Alessandro Turci

Alessandro Turci (Sanremo 1970) è documentarista freelance e senior analyst presso Aspenia dove si occupa di politica estera

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