Pietro Ingrao, 100 anni a sinistra
Politico, giornalista, partigiano. La sua vita abbraccia un secolo di storia del Paese, da Salandra a Renzi
Quando Pietro Ingrao nasce a Lenola (Latina) il 30 marzo 1915, il Presidente del Consiglio era Antonio Salandra. Oggi ha un suo sito internet che usa per comunicare, all'età di cent'anni. Le ha viste proprio tutte, a cominciare dall'ascesa del fascismo. Figlio di proprietari terrieri e nipote di un siciliano che combattè con Garibaldi, decide di dedicarsi totalmente alla politica nel 1936 con la Guerra di Spagna. È universitario iscritto al GUF, partecipa come tanti altri giovani antifascisti ai Littoriali dell'Arte. Ha due lauree: una in giurisprudenza e l'altra in lettere. È appassionato di cinema, e negli anni '30 frequenta il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Nel 1940 entra nel PCI clandestino e dopo il 25 luglio 1943 è il primo a tenere un comizio a Milano, in piazza Oberdan.
Durante i 600 giorni di Salò è partigiano a Roma. Con la fine della guerra, diventa il punto di riferimento della sinistra del Partito Comunista. Deputato ininterrottamente dal 1948, lascia la carica nel 1992, l'anno di tangentopoli. Ingrao è il primo comunista a presiedere la Camera dei Deputati dal 1976 al 1979, prendendo il posto di Sandro Pertini. Convinto assertore dell'unità del partito contro le tendenze scissioniste, è tuttavia critico nei confronti delle grandi figure del comunismo internazionale primo di tutti Mao. Anche Castro non lo convinse, per la natura repressiva del regime cubano. Stalin fu più difficile da abbandonare, in quanto Ingrao lo considerava soprattutto il vincitore del nazifascismo. Se ne allontana più tardi, quando verrà ripreso da Kruscev per la sua visione del dittatore sovietico. Nel 1966 viene sconfitto all' XI Congresso del PCI dalla destra di Amendola. Nonostante la débacle, Ingrao resterà sempre una figura conciliatrice all'interno del Pci, per l'indiscutibile passione politica e per il rigore intellettuale e morale. Proprio a quest'ultimo aspetto è legata una delle sue espressioni che rimarranno celebri negli anni: la "questione morale", utilizzata per la prima volta in occasione del coinvolgimento di ambienti politici nel caso di Wilma Montesi.
Durante la sua lunghissima carriera politica affronta le grandi scissioni all'interno del Pci. La prima è quella del gruppo de "Il Manifesto". Il gruppo nasceva proprio nell'area del partito più vicina a Ingrao, il quale condivideva la maggior parte delle posizioni del gruppo di Pintor, Rossanda e Parlato. Tuttavia votò nel 1969 la loro espulsione nel nome dell'unità del Pci.
La seconda svolta drammatica che Ingrao vive da protagonista è quella della Bolognina nel 1989. Occhetto, che decretò durante il congresso la morte del Partito Comunista Italiano, era un suo uomo. Ingrao entra comunque nel neonato Pds dove occupa l'ala sinistra in posizione critica. Esce dal partito nel 1993 per andare a occupare una posizione da indipendente vicino a Rifondazione Comunista. Ultimamente ha appoggiato Sel e la figura di Nichi Vendola.