Beppe Sala, il comunista che fa la guerra ai lavoratori
Scomparso dalla campagna elettorale dopo gli incontri con Di Maio (avrà sentito puzza di sconfitta?) il sindaco di Milano che potrebbe essere il volto nuovo del Pd dichiara guerra ai dipendenti dell'Atm (trasporti pubblici) per lo sciopero di domani
Dalla parte dei lavoratori o dalla parte dei padroni? Il sindaco di Milano Beppe Sala, un passato da manager Pirelli e oggi papabile futuro leader della sinistra, forse dovrebbe prendere una decisione definitiva. Dinanzi alla protesta degli autisti dei mezzi pubblici cittadini, stanchi delle continue aggressioni subite sugli autobus, il sindaco si è schierato senza tentennamenti contro lo sciopero. Alla faccia delle lotte sindacali, dei diritti e del popolo di sinistra. “Capisco le ragioni dello sciopero ma probabilmente si poteva evitare, visto il momento”. Il momento delicato è ovviamente il finale di campagna elettorale, dove immaginiamo suoni scortese sollevare problemi che toccano da vicino le amministrazioni di centrosinistra. “Prima di scioperare, si può dialogare”, ha detto il sindaco. Cosa avrebbero dovuto fare, gli autisti: sopportare le violenze notturne nel nome della par condicio, in attesa di un nuovo governo contro il quale lamentarsi?
Peraltro il tema della sicurezza in città sembra essere argomento sensibile per il primo cittadino. Addirittura la regina delle influencer Chiara Ferragni aveva sollevato perplessità, sfogandosi per “dar voce a un sentimento ormai diffuso a Milano e figlio di esperienze personali”. “Milano non è pericolosa”, si è affrettato a rispondere Sala, incassando poi le scuse della Ferragni per eventuali “strumentalizzazioni politiche”. Ma il punto è un altro: si può legittimamente protestare per il problema sicurezza a Milano, o necessariamente occorre danzare diplomaticamente sul filo delle convenienze politiche?
Stessa cosa avvenne alla fine dell’anno scorso, durante le commemorazioni per l’attentato di piazza Fontana, quando Sala si espresse contro lo sciopero: “E’ un diritto, ma farlo è sbagliato”. L’impressione è che oltre ad essersi eclissate le battaglie per i diritti (che non siano quelli arcobaleno) ultimamente ad essere sparito dai radar sia lo stesso Sala.
E dire che da mesi è dato in rampa di lancio con un nuovo movimento di ispirazione ecologista-progressista. Un movimento perennemente in fase di rullaggio, che però non si decide a decollare. Forse che Sala, che non è certo nato ieri, abbia annusato la Caporetto che potrebbe attendere Enrico Letta nelle urne? Evidentemente è meglio restare sotto coperta, mentre infuria la bufera, che rischia di diventare un tornado. Anche il suo contatto più ravvicinato, quello con Di Maio (i due si sono incontrati a New York e poi a Milano nel pieno della crisi di governo) sembra essersi raffreddato. Forse che osservando i sondaggi da prefisso telefonico del partito del ministro degli Esteri, il sindaco abbia deciso di temporeggiare e cercarsi altri partner? Il rischio è quello di presentarsi un giorno come rifondatore della sinistra, ma fuori tempo massimo, quando di fronte non si avranno che macerie.
Per questo il comprimario deve affrettarsi a ritagliarsi un ruolo da protagonista, prima dei titoli di coda. E per farlo, lui che è transitato per il grande capitalismo, e poi il renzismo, e poi il progressismo, dovrebbe prima mettere a fuoco la sua identità politica, spesso ondivaga. Perché in politica, l’indecisione estrema può essere un peccato mortale.
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