Berlusconi, l'ex «Diavolo» ora «statista» con sguardo sul Quirinale
Per un ventennio è stato dipinto come il male assoluto; oggi le stesse persone non escludono che il leader di Forza Italia possa arrivare sul Colle più alto
Ha riconquistato il centro della scena, accolto come statista da Angela Merkel al vertice del Ppe, vieppiù ringalluzzito dall'assoluzione a Siena nel processo Ruby Ter, e adesso si concentra sul mettere a fuoco il sogno del Quirinale. Le probabilità non giocano dalla sua parte, ma forse più importante del traguardo è il viaggio: la soddisfazione di tornare protagonista e di sedere a capotavola nelle mani decisive della partita di poker che riempirà le caselle del Quirinale e di Palazzo Chigi.
Che la musica per Silvio Berlusconi non fosse finita, c'era da immaginarselo. Quanto più cercano di relegarlo nel dimenticatoio, tanto più il Cavaliere ritorna sul proscenio. Forse la conseguenza più inaspettata è che anche i suoi acerrimi nemici di un tempo, oggi lo riconoscono – in camera caritatis – come un interlocutore credibile e a tratti indispensabile. Il cambiamento è lampante. A leggere i giornali di venti, o anche solo dieci anni fa, Berlusconi era un pericolo democratico, destinato a far sprofondare il Paese nel populismo più becero. Una minaccia che andava bandita dall'agone politico.
Oggi i toni sono ben diversi. Berlusconi e l'eterno ambasciatore Gianni Letta sono la controparte moderata e istituzionale del centrodestra cui l'intero arco costituzionale fa riferimento. Gli stessi che in passato lo consideravano "unfit", inadatto, oggi debbono necessariamente interagire con lui. E questa interazione non sembra un peso, un passaggio obbligato, ma avviene persino con una punta di ammirazione per quello che da tempo è il personaggio più longevo della politica italiana. Il disprezzo di un tempo è diventato oseremmo dire quasi affetto: in una fase politica confusa, nella quale non vi sono più certezze, Berlusconi sembra diventato un punto di riferimento tranquillizzante persino per chi lo ha sempre osteggiato.
E poi, ovviamente, ci sono gli interessi politici, più forti delle battaglie ideologiche. Da lui si deve passare per la partita del Colle, e prima ancora per il cambio della legge elettorale. Sul suo partito, che pure appare lacerato al suo interno, molti giocatori fanno affidamento per costruire un nuovo centro. Sulla sua figura si investe anche per limitare il movimento degli alleati alla sua destra. Insomma, le motivazioni sono svariate. Certo è che il Cavaliere si è preso la sua rivincita morale: da questo punto di vista ha già trionfato. Mentre agli avversari storici non resta che farsi un lungo e travagliato esame di coscienza.