Cappelli: «In Basilicata siamo davanti all'epilogo di una sgangherata commedia»
Gaetano Cappelli, scrittore potentino, da sempre attento osservatore della società lucana, commenta le ultime vicessitudini nella sinistra ad un mese dalle elezioni regionali
Dopo i rivolgimenti delle ultime ore che hanno destabilizzato le tradizionali alleanze politiche in vista delle elezioni regionali dei prossimi 21 e 22 aprile, lo schieramento di centro-destra, forte dell’appoggio di Renzi e Calenda, guarda con assoluta tranquillità all’esito del voto. «Alla fine il Campo LArgo l'hanno fatto loro...» dice Gaetano Cappelli, scrittore, uno che conosce la realtà il luogo e la gente come pochi altri
A voler analizzare estensione territoriale, peso politico e clamore mediatico sembra che la Basilicata di queste ore sia riuscita a ribaltare i vecchi stereotipi che facevano di questa terra, stretta tra due brevi tratti di costa separati da montagne e colline a perdita d’occhio, una sorta di perenne sconosciuta. Della Basilicata o Lucania, come con dotto vezzo l’appellano i cultori della classicità, in realtà, si è sempre parlato poco: troppo schiacciata tra Campania, Puglia e Calabria, dalle quali ha anche ereditato una dose non secondaria di flussi criminali…
«Il doppio nome» -interrompe Cappelli- «ecco, è quello che ha creato sicuramente un po’ di confusione sulla reale identità della regione. Ma questa è una cosa che riguarda più il passato. Quanto all’eredità criminale, mi scusi, ma la Basilicata – questo il suo nome da dopo il fascismo, “Lucania” lasciamolo agli intellettuali e ai poeti – la Basilicata, dicevo, è ancora un’isola felice. Pensi che Potenza, in una recente statistica, figura come la città più sicura d’Italì».
D’accordo, diciamo comunque che negli ultimi decenni sono stati storia e cultura, paesaggio e tradizioni enogastronomiche ad imporsi sul proscenio pubblico, creando un ponte tra un passato di prim’ordine (da Orazio a Carlo Levi, giusto per fare qualche nome) ed un presente tutto proteso a riconquistare le occasioni perse.
«Questo può essere vero e spero lo sia! Ma se parliamo di passato di prim’ordine, be’, Carlo Levi lo metterei decisamente da parte. Anzi descrivendo, attraverso il suo bizzarro teorema, questa terra come quella dove il Cristo non è mai arrivato, “né vi è arrivato il tempo, né l’anima individuale… né la ragione e la storia” - cito testualmente - la nostra storia l’ha di fatto negata. In realtà, quando Mussolini lo ha spedito qui da noi, da buon pittore rapito dalla cultura francese, avrà pensato di trovare in Basilicata, come Gauguin la sua Tahiti. E ci ha descritti appunto come trogloditi con l’anello al naso, ignorando per esempio che Potenza nel 1860 fu la prima città ad alzare il tricolore nel meridione e Matera, appena sette anni dopo la sua partenza, il 21 settembre del ’43, e a una settimana dalle più celebri quattro giornate di Napoli, la prima a cacciare i nazi: strano per un posto senza storia, non trova? Il problema è che i lucani ne hanno fatto il santo di una fantomatica civiltà contadina. Pensi che a Matera ancora c’è gente che è contraria all’apertura di un innocuo McDonald’s. Gli rovinerebbe il santuario, ahahah».
Anche la politica lucana non aveva quasi mai toccato le corde del clamore nazionale, perfettamente suddivisa tra personalità di indubbia valenza nazionale ed internazionale come il democristiano Emilio Colombo e una vita regionale sempre appannaggio della sinistra che aveva espresso il presidente della regione dal 1970 al 2019. Esattamente fino alla “rottura” politica figlia anche di un’intuizione di Silvio Berlusconi che, nella primavera di 5 anni addietro, aveva puntato addirittura su Vito Bardi, vicecomandante generale della Guardia di finanza, per la guida del centro-destra, risultato poi vincitore.
Da alcune ore, proprio attorno alla figura del suo presidente Bardi, si è sviluppato un rinnovato fermento che sta trasformando questa terra in un vero laboratorio politico, un unicum nel panorama politico nazionale, capace di frantumare ideologie cristallizzate e storici schieramenti, proiettandoli nell’epoca della politica 4.0 con quella naturalezza che se non esistesse bisognerebbe -realmente- inventarla.
Sì, avete capito bene, ci troviamo di fronte ad un “campo largo” questa volta non governato da Pd e Movimento 5Stelle, ma clamorosamente spostato nel centro-destra che ora potrà guardare con serenità alla propria riconferma alla guida politica della Regione. Eh, sì, perché dopo che Matteo Renzi e la sua Italia Viva avevano già assicurato appoggio politico-elettorale alla compagine moderata, ora anche Carlo Calenda e la sua Azione hanno puntato la prua politica verso il presidente uscente. Clamoroso? Forse per i neofiti, per i nostalgici degli schieramenti a “compartimenti stagni”, per coloro -insomma- che delle rigorose collocazioni ideologiche avevano fatto una bandiera, un vessillo da innalzare ad ogni appuntamento elettorale. Non certo per chi, oggi, vive i mutevoli umori dell’agone politico, sin troppo abituato a veder scompaginato un accordo solo ieri faticosamente condotto in porto. Come accade soprattutto nella provincia italiana, e in quella meridionale in particolare, dove, senza tirare in ballo antropologi e politologi del calibro di Ernesto De Martino (Sud e magia) Edward C. Banfiled (Le basi morali di una società arretrata) o Robert Putnam (La tradizione civica nelle regioni italiane), si vive da sempre in uno spazio metaforico in cui ambientare al meglio ogni narrazione, anche quella politica.
E proprio sui clamorosi risvolti nazionali che la vicenda politica lucana sta avendo in queste ore, Panorama.it ha incontrato non un politico, né, tantomeno, un politologo: ha preferito incontrare un osservatore acuto e scrittore di successo, capace di indagare la provincia lucana grazie ad una serie infinita di personaggi esilaranti ed inquieti. Eccolo Gaetano Cappelli, eclettico, poliedrico e arguto intellettuale potentino, organico al territorio, appunto. Titolare di un pregio raro al giorno d’oggi: non un trasvolatore su questa regione ancora sconosciuta a molti -osservatore appartato da una delle tante torri eburnee della contemporaneità- ma frequentatore testardo di questo stesso habitat, per il quale vizi e contraddizioni non sono un mistero.
Cappelli, la sua Basilicata sta letteralmente rumoreggiando in queste ore come nuovo laboratorio politico nazionale…
«Si tratta di una situazione sicuramente interessante! A guardarla, come lei dice, al di là dei paraocchi dell’ideologia che, assai spesso, acceca. Anche se in realtà, io penso che il centro-destra, e ben prima di questo inedito “campo largo” non governato da Pd e Movimento 5Stelle, avrebbe potuto sicuramente dormire sonni tranquilli… poi soprattutto dopo le recenti figuracce del Pd. La commediaccia sgangherata di cui parlavo prima, con il toto-candidati, buttati alla rinfusa nell’agone. Adesso si tratta di vedere se questa soluzione serve a risolvere i reali problemi della Basilicata, come nonostante tutto io spero, o non piuttosto i problemi di poltrona di qualche politico, precedentemente ampiamente trombato».
Lasciamo le analisi politiche gli esperti: a noi serve il parere del fine osservatore della “vita quotidiana” lucana!
«Mah, la realtà è sotto gli occhi di tutti. Abbiamo una regione non piccolissima e affatto povera. Anzi più che ricca! Acqua e petrolio, grandi imprese ortofrutticole – la nostra fragola Candonga, col suo nome leviano ahahah, spopola nel mondo – piccole agguerritissime imprese all’avanguardia nel campo dell’alta tecnologia. Una regione, tra l’altro, con appena cinquecentomila abitanti: un quartiere di Roma! Siamo stati già soprannominati la California d’Italia, e con tutta questa potenziale ricchezza potremmo essere la Svizzera del Sud o anche una Lucania Saudita e invece siamo al penultimo posto tra i poveri della nazione. Da notare inoltre che dovunque vadano i lucani mettono su aziende produttive. Come mai allora questa depressione? Non sarà forse imputabile alla classe politica? “Un amministratore di condomini, visto che siamo così pochi, forse farebbe meglio” (cit). Ma, al di là di tutto, sono ottimista: spero in queste elezioni!».
Non le chiediamo di “indovinare” che vincerà le regionali, ma di descriverci con che animo i suoi corregionali si recheranno alle urne.
«Mah, le elezioni in democrazia sono fortunatamente sempre un’incognita. Il dubbio c’è su chi andrà a votare… Voglio dire con lo scoramento che vedo in giro, ci andranno?».
Il tema le è piuttosto caro: da un lato c’è il dato sociologico, con la provincia alla ribalta tra quieto vivere e frenesia preelettorale…
«Sicuramente di personaggi ne sono venuti fuori, e altri ne verranno. Tra tutti, quello che è già stato soprannominato a Potenza, città nota per il suo witz, il “cacicco errante”. Prenderò appunti: il genere che bazzico, come lei ha detto, è la commedia».
Nel 2000 lei pubblica Parenti Lontani, (un long seller, ora ristampato da UE Feltrinelli), un viaggio ideale e reale che univa la provincia lucana con l’America. Premio Internazionale Hemingway. La Basilicata e l’America sono accomunate alle urne, quest’anno...
«Be’, è vero che siamo la California del Sud ma il nesso è solo temporale. Aggiungerei: per fortuna!».
Nell’estate del 2005 è la volta de “Il primo” (Marsilio, 2005) che il critico Cesare De Michelis presentò come “un romanzo post-moderno, nel quale distinguere la verità dall’invenzione è sempre più difficile”. C’è un primus nella politica lucana?
«Attualmente non ne vedo. E quelli che vedo, li tengono nascosti. C’è bisogno di uomini che abbiano una visione! Per esempio, Nicola Valluzzi che con un’idea semplice quanto geniale idea, il “volo dell’angelo”, ha trasformato il prima diruto Castelmezzano, paese di cui è sindaco, in una grande attrazione turistica… troppo bravo forse?».
*
Gaetano Cappelli è nato a Potenza nel 1954, dove ha sempre vissuto. Autore dalla prosa ricca e piena di colore, capace di muoversi con naturalezza tra saghe familiari, commedie degli equivoci e satire di costume, ha scritto una quindicina di romanzi. Con La vedova, il Santo e il segreto del pacchero estremo e Parenti lontani si è aggiudicato rispettivamente il premio Hemingway e il Premio Internazionale John Fante, mentre Storia controversa dell'inarrestabile fortuna del vino Aglianico nel mondo, tradotto in Francia e Germania, gli è valso il titolo di Chevalier de la Confrérie du Tastevin di Borgogna e il premio speciale dell'Università degli Studi di Camerino. I suoi pezzi di costume per il Corriere della Sera, Il Messaggero, Il Mattino, Panorama, Class sono stati raccolti in Quanto sei cool, piccola guida ai capricci del gusto (Sonzogno). Ha pubblicato inoltre Lo Snob nell’epoca dello snobismo di massa (Oligo).
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