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(Ansa)
Politica

Sulle Case Green l'Europa continua a farsi male da sola

Manca ancora un passaggio, l'ultimo, al via libera alle norme che costeranno diverse migliaia di euro a noi italiani. In nome di una filosofia per nulla pratica ma solo di facciata

Ancora una volta abbiamo a che fare con politiche europee poco lungimiranti e non allineate con la situazione economica attuale, che rischiano di mettere in ginocchio migliaia di italiani in nome di una rivoluzione verde del tutto ideologica. Dopo le proteste dei trattori sulle norme Ue legate alla “politica agricola comune”, è la volta della direttiva sulla casa green, ossia la Energy performance of building directive. Questa direttiva vuole far diventare il parco immobiliare Ue completamente decarbonizzato entro il 2050, dato che “l’85% degli edifici dell’Ue sono stati costruiti prima del 2000 e tra questi il 75% ha una scarsa prestazione energetica”, precisa la pagina Web della Commissione europea dedicata al progetto.

La direttiva che sarà approvata durante una sessione plenaria del Parlamento europeo programmata tra l’11 e il 14 marzo, è stata più volte oggetto di cambiamento, soprattutto nel 2023, per renderla meno restrittiva rispetto al testo originale per quanto riguarda gli obblighi per i proprietari degli immobili. Questione che ha visto l’Italia coinvolta in prima linea, visto il suo patrimonio immobiliare e la consuetudine degli italiani a possedere una casa e non a vivere in affitto, a differenza di molti paesi del Nord Europa. Da noi c’è poi anche la presenza di diversi edifici storici, oltre che una buona quantità del patrimonio edilizio di non recente costruzione. Secondo il Sole24Ore parliamo di circa 5 milioni di edifici (classe energetica G e F) e spese per il singolo immobile che si aggirano tra i 20 e i 55 mila euro. Le eccezioni riguardano: le seconde case (utilizzo meno di quattro mesi l’anno), gli edifici che sono sottoposti a tutela per particolare pregio storico e architettonico, edifici temporanei (es: stabilimenti balneari, uffici di cantiere), immobili autonomi con superficie inferiore ai 50 metri quadrati, edifici di edilizia residenziale pubblica e la possibilità di essere esclusi dall’obbligo per motivi di fattibilità tecnica ed economica (massimo il 22% degli edifici di un paese).

Le eccezioni sono molte, ma come si può intuire non tutti potranno beneficiarne e la spesa di ristrutturazione energetica ricadrà interamente sulle spalle dei singoli proprietari che potrebbero non avere le disponibilità economiche per mettere in regola la casa. Anche se il modo in cui si arriverà all’obiettivo di decarbonizzazione entro il 2050 sarà definitivo autonomamente dai singoli stati membri, la situazione non cambia. In Italia, per esempio, il modello del superbonus 110% ha fatto scuola, mostrando chiaramente come l’idea di concedere lo sconto in fattura o la cessione del credito, per non pagare di tasca propria i lavori, crei più distorsioni che benefici. Questo fa presupporre che il governo Italiano non riproporrà quel modello ma piuttosto il classico recupero in 10 anni sul 730. Piccolo dettaglio: i soldi bisogna anticiparli.

Norme che non si adattano al presente

Ancora una volta parliamo di una normativa che affonda le sue radici nel maggio 2010 quando fu presentata la direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia. Stando alla ricostruzione cronologica fatta dalla Commissione Ue, dopo 8 anni di stop nel 2018 arriva la modifica alla direttiva n. 844/2018 e l’anno successivo la prima raccomandazione europea sulla ristrutturazione degli edifici. Nel 2020 arriva l'iniziativa Renovation Wave e così via fino ad arrivare al piano RepowerEu nel maggio del 2022 e all’accordo raggiunto, dopo diverse modifiche a dicembre 2023. Parliamo di una direttiva che non è minimamente ancorata al presente dal punto di vista economico. Se lo fosse, non chiederebbe ai cittadini europei, che ancora sono sopraffatti dall’inflazione, dalle politiche restrittive della Bce e da due anni che hanno eroso i loro risparmi, di tirar fuori altri soldi per ristrutturare le case “perché non in linea con gli standard verdi”.

Una direttiva che è nata quando non c’era la guerra Russia - Ucraina, le tensioni sul mercato energetico, l’inflazione impazzita e la guerra tra Israele e Hamas. Fattori che stanno ancora mettendo sotto pressione l’economia europea, con una crescita rivista al ribasso nelle ultime previsioni, e che non è ancora riuscita a stabilizzarsi recependo i continui scossoni esterni. In questo contesto decidere di approvare una direttiva priva di lungimiranza sarebbe l'ennesimo fallimento dell’Ue e della sua politica.

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Giorgia Pacione Di Bello