Il Recovery Fund è morto, ucciso dalla sua Taskforce
Conte spiega come verranno gestiti i 200 mld europei. A decider sarà l'ennesima cabina di regia (questa volta piramidale), che, come le precedenti, fallirà
Arriva la madre di tutte le taskforce. La bomba Maradona delle commissioni governative. Quella che farà naufragare in barzelletta il piano per il Recovery Fund.
Non bastava la tragica parentesi della commissione Colao, e poi la taskforce sulla fake news, e poi il gruppo di regia sulla liquidità per le imprese, e poi la carnevalata a porte chiuse degli Stati Generali. Oggi a incaricarsi di scrivere il piano che dovrebbe farci accedere ai quattrini europei, ci sarà una "struttura piramidale" che resterà nel guinnes dei primati delle follie burocratiche.
Solo a parlarne si viene colti da labirintite fulminante, ma proviamoci lo stesso. Al vertice della piramide, a guisa della Trinità, ci saranno i tre moschettieri Conte, Gualtieri e Patuanelli, i quali formeranno una "cabina politica" con i partiti della maggioranza, la quale sarà affiancata da un "comitato" di sei manager, "coadiuvati" da una "assemblea" di 300 persone. Un'idea da ricovero, più che da Recovery. Un "monstrum" tecnocratico i cui componenti, solo per stringersi la mano, impiegheranno sei mesi.
Insomma, se la Francia ha già pronto il suo piano da tempo, noialtri siamo ancora alle presentazioni, ai triumvirati, alle cabine, alle equipe di esperti. Più il tempo stringe, e più l'Ufficio Complicazioni di Palazzo Chigi dà il meglio di sé. Tra pochi, giorni, a gennaio, scadranno i termini per presentare il progetto al fine d'ottenere – pur con il contagocce - i famosi 209 miliardi. Se perdiamo il treno, l'Italia verrà ricordata per decenni come un paese di peracottari, poiché mai s'è visto un governo che dovendo ricevere dei soldi non si decide a chiederli.
E pensare che doveva essere un "occasione storica" da cogliere al volo. "Mai permetteremo di procrastinare il Recovery Fund", tuonava il mese scorso il capo del governo. Oggi è una concreta eventualità. L'unico compitino che siamo riusciti a partorire, qualche settimana fa, consiste in quattro paginette di bei propositi – le famose linee guida –, talmente sconclusionati da conteggiare risorse per 600 miliardi, ben più dei 209 formalmente assegnati all'Italia. Poi più nulla. Nella manovra è inserito un articolo che prevede la creazione di due conti correnti per ricevere fondi da Bruxelles: ma per farci cosa non si sa. Perché tutto, nei palazzi del potere, è ammantato dalla segretezza più tenebrosa, nel tentativo di celare le guerre intestine della maggioranza. Con i ministeri che si azzannano per intestarsi una quota di fondi, e accontentare i capibastone dei rispettivi partiti.
Così, mentre ai piani alti si discute di amici da piazzare e poltrone da rimpastare, il Paese sta rischiando grosso. Se slitta la presentazione del piano, slitta di conseguenza anche l'erogazione di quel 10% di aiuti previsto per l'anno prossimo. Poca roba, ma perché buttarli via? A settembre, davanti ai ragazzi di un istituto superiore di Norcia, Giuseppe Conte aveva dichiarato: "Se perdiamo la sfida del Recovery Fund, potete mandarci a casa". Ma oggi si parla addirittura di Conte-ter, con buona pace delle promesse infrante.
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