LO SPETTACOLO INDECENTE DEL CONTE TER
Il Premier pur di non lasciare la poltrona pronto a cedere ad ogni richiesta di Renzi. Dal Mini-Mes ai servizi segreti, finendo con una parola da Prima Repubblica: rimpasto
Non sappiamo cosa accadrà il 7 gennaio. Se per quel giorno intoneremo il de profundis per il Conte Bis. Se nascerà un Conte Ter. Se lo stesso Conte abbandonerà il campo o si farà impallinare sulla pubblica piazza parlamentare per fondare poi un suo partito. Un partito di centro, fondato non da Don Sturzo ma da Rocco Casalino. Non lo sappiamo.
E se non lo sappiamo è perché questa crisi, che pure de facto esiste già, naviga nella più totale segretezza. Questo sventurato Paese ha vissuto crisi di governo d'ogni foggia: crisi lampo, crisi al buio, crisi pilotate. Crisi balneari, crisi invernali, crisi di mezza stagione. Crisi burletta, crisi chilometriche, crisi a passo di lumaca. Ma mai come stavolta la crisi è a carte coperte: silenziata, secretata, riservata. I protagonisti si muovono nell'ombra, al riparo dal giudizio della pubblica opinione, oppure, nel dubbio, non si muovono affatto. Sottoporre gli italiani, già lucchettati in casa, già stremati dalla crisi economica, già nauseati dai messaggi trasversali a mezzo stampa, a un simile teatrino, è una pratica che si avvicina alla tortura: contraria non solo all'umana pietà, ma persino ad ogni più elementare diritto umano.
Ciò premesso, l'unico punto fermo è che di elezioni nessuno vuol sentire parlare, per i motivi che immaginerete: la poltrona è comoda, il centrodestra vincente fa paura a tutti, e peraltro allestire i seggi con la pandemia in corso non sarebbe certo una passeggiata.
L'altro elemento su cui sembra non ci siano dubbi, è che Giuseppe Conte non ha nessuna intenzione di farsi da parte, nonostante gli ultimatum di Renzi. Talmente attaccato alla sua poltrona da essere pronto a cedere al rivale fiorentino ogni cosa richiesta: dalla delega ai servizi segreti all' (udite, udite) «Mini-Mes», l'ultimo arzigogolo lessicale per far felice Renzi e provare a salvare la faccia ai grillini, da sempre contrari..
L'avvocato del popolo ha chiesto sacrifici agli italiani per mesi, ma il sacrificio di farsi da parte non viene lontanamente preso in considerazione nelle stanze di Palazzo Chigi. Perché i vari canovacci della prima Repubblica, quelli per cui morto un governo se ne fa subito un altro, non valgono più. Nella maggioranza nessuno si fida più di nessuno. Le garanzie, le strette di mano valgono zero. Anzi, basta un secondo di distrazione che il compagno di banco ti ha già accoltellato.
Il resto, cioè le questioni importanti, come il piano vaccinale o gli investimenti del Recovery Fund, sembrano far da sfondo. In prima fila appaiono vicende più miserevoli, cioè il numero dei vicepremier, la conta degli strapuntini, la poltrone necessarie a placare gli appetiti di Italia Viva, la dose opportuna di ministri Dem da iniettare nella compagine ministeriale, e se Di Maio resterà alla Farnesina oppure no. E da ultimo, chi la spunterà nella corsa a mettere le manacce sulla gestione dei servizi segreti.
Da queste bagattelle di bassa lega passa, purtroppo, il destino del governo. Transitando per quel sottobosco di formule che appassiona soltanto certi giornali: rimpasto, rimpastino, rimpastone. Intanto gli italiani, i quali hanno già perso, per altri motivi, la serenità, adesso cercano ciò che resta della pazienza. E resta davvero poco.
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