Costabile: «Il rapporto politica-mafia al Sud esiste, ma è minoranza»
Le notizie di rapporti stretti tra uomini delle istituzioni, politici locali e non solo fanno discutere sulla convivenza tra i due poteri. Il sociologo Antonio Constabile spiega che però le cose sono meno drammatiche e profonde di quello che si dice
Dopo le affermazioni del presidente della Regione Puglia Michele Emiliano e la smentita del sindaco di Bari Antonio Decaro, riemerge il tema della crisi della qualità democratica, soprattutto nel Mezzogiorno
L’episodio sta facendo ritornare alla mente di osservatori, studiosi e cittadini il difficile rapporto tra territorio, istituzioni e agibilità democratica per come si palesa nel nostro Paese e, come sottolinea il sociologo della politica Antonio Costabile, «anche nella misura in cui ampie zone del Mezzogiorno mostrano segnali drammatici di sovvertimento della qualità democratica».
Il racconto della visita effettuata nel 2006 quando, in qualità di sindaco di Bari, Michele Emiliano si sarebbe recato con l’allora suo assessore Antonio Decaro -oggi sindaco della città capoluogo della Puglia- a casa di Lina Capriati, sorella del boss di Bari vecchia, Antonio Capriati, sta creato non soltanto imbarazzo tra i due esponenti del Pd, ma una cascata di polemiche politiche che stanno stressando il già teso clima della campagna elettorale per comunali, regionali ed europee. Soprattutto ora che nel comune di Bari si è appena insediata la commissione di accesso che dovrà valutate se la vita amministrativa del comune capoluogo di regione sia stata condizionata dalla pressione della criminalità.
Panorama.it ha dialogato con Antonio Costabile, sociologo della politica dell’Università della Calabria, tra i principali studiosi del sistema politico meridionale.
Professor Costabile, la vicenda di Bari allarma: pur senza entrare nel merito, colpisce la tradizionale tendenza a risolvere la questione meridionale nella “questione criminalità”, ovvero nella “questione illegalità”. Una specie di “Sindrome Gomorra”…
«Commentando questi fatti da osservatore esterno, esprimo sincera preoccupazione per i contenuti e le modalità politico-mediatiche del recente “caso Bari”, la prima città italiana per grandezza e popolazione il cui Municipio è oggetto di una procedura d’accesso per il pericolo di infiltrazioni mafiose (dopo oltre 300 procedimenti analoghi nei 30 anni di vigenza dell’attuale normativa): mi riferisco alla violenza verbale dello scontro nazionale tra maggioranza e opposizione sulla misura adottata dal Governo a ridosso della scadenza elettorale e, per altro verso, al contorno di foto e di memorie contraddittorie che la accompagnano».
Il momento politico-amministrativo della città capoluogo della Puglia non è dei migliori.
«Come sostengono non da oggi alcuni studiosi della materia, probabilmente la legge sullo scioglimento dei Comuni per mafia, che pure è uno strumento indispensabile di contrasto al malaffare, nella versione attuale è superata e rischia, purtroppo, di diventare, volenti o nolenti, uno strumento della lotta politica di parte, alimentando la sfiducia antiistituzionale anziché rafforzarla, com’è interesse comune».
Rimbalza forte il carattere pervasivo che ha assunto la dipendenza dalla politica nella società meridionale…
«Senz’altro la debolezza (che più volte assume i caratteri della marginalità) del tessuto produttivo meridionale, soprattutto nelle regioni tirreniche nonché nelle aree interne del Sud, esprime un problema secolare irrisolto, che si collega, in termini di causazione circolare, alla dipendenza della società meridionale dalle risorse pubbliche provenienti dalla distribuzione politica, che si decide nelle sedi europee, nazionali, regionali, locali. Si tratta di un circolo vizioso dal quale finora non si è riusciti ad uscire».
E di seguito l’idea di una diffusa “illegalità”, non solo giuridica, quanto socio-politica
«E’ l’altro aspetto del circolo vizioso al quale accennavo pocanzi: i fondi pubblici sono utilizzati solo in parte per fini di sviluppo economico e civile generale (infrastrutture; imprese; servizi per la popolazione; istruzione di qualità e innovazione), mentre in larga misura servono per favorire l’arricchimento privato a livello di elites superiori, ed i “piccoli” favoritismi parcellizzati a livello di scambio clientelare di massa».
Tutto ciò determina evidenti ricadute negative.
«Purtroppo! Sia per quanto riguarda la precarizzazione della vita di fasce sempre più estese della popolazione che la pervasività delle attività illegali, tollerate perché ritenute indispensabili, così da rendere alfine, in non pochi contesti, la legalità “illegittima” e l’osservanza della legge “deviante”».
Il tema delle varie forme di illegalità (comune, organizzata, scambio occulto, carenza di capitale sociale) è direttamente collegato all’insorgere e alla strutturazione delle mafie?
«Bisogna fare molta attenzione e non far coincidere l’illegalità di massa con le organizzazioni criminali, come diceva lucidamente già Giovanni Falcone quasi 40 anni fa. Si tratta di fenomeni per certi aspetti confinanti eppure ben distinti: il primo, l’illegalità, coinvolge settori estesi della popolazione e parti delle stesse istituzioni in innumerevoli e mutevoli forme (fiscali, professionali, lavorative, edilizie, commerciali, ambientali, amministrative ecc.), che devono essere combattute con le armi pacifiche della politica e del buongoverno, del lavoro, del sostegno all’impresa, dei servizi alla persona, dell’istruzione e della cultura, dell’associazionismo, dell’efficienza della giustizia civile»..
E il secondo?
«Il secondo fenomeno -la criminalità vera e propria- sguazza in questo contesto sociale degradato per nascondervisi, lo sfrutta per legittimarsi, ma lo Stato deve saperlo distinguere dal primo per combatterlo meglio e fino in fondo, questa volta con le armi della repressione e della intransigenza verso ogni complicità, come si fa con i gruppi violenti che minacciano l’esistenza stessa dello Stato di diritto e democratico».
Un rapporto patologico tra politica, società e criminalità, vero?
«Le distorsioni, come abbiamo visto, sono sotto gli occhi di tutti. Anche qui, però: realismo sì, pessimismo no. La società meridionale esprime nel contempo grandi risorse di intelligenze, aziende, giovani, atenei e centri culturali, associazioni e istituzioni locali e Comuni che stanno contrastando con coraggio sia la mafia sia gli stereotipi antimeridionali che la accompagnano, attraverso buone pratiche di accoglienza e integrazione dei migranti, di uso rispettoso e lungimirante del territorio, di servizi intercomunali, di democrazia partecipata, di transizione ecologica, di digitalizzazione ecc. Tocca alla politica regionale e nazionale di metterle in rete e valorizzarle».
La vicenda barese, inoltre, ha fatto riemergere il ruolo che dei poteri criminali territoriali: una costante sfida allo Stato, tramite la lotta violenta per il controllo del territorio…
«La mafia pugliese, dicono gli studi sul campo, è la più giovane e spesso violenta, specie nell’area foggiana, tra le mafie meridionali. La violenza feroce è purtroppo spesso la conferma del minore radicamento storico e del maggiore bisogno dell’uso della prepotenza fisica per affermarsi. Il controllo combinato del malaffare e del territorio è, come noto, il segreto della forza delle mafie, a differenza di altri gruppi criminali moderni, che non godono di pari integrazione ambientale. Ecco perché la distinzione tra illegalità di massa e criminalità organizzata è fondamentale, e si collega all’urgenza del buongoverno e alla necessità assoluta di evitare l’uso politico di parte delle istituzioni».
Né possiamo tacere il tema -forse più preoccupante- delle convivenze e delle ambivalenze, perché chiamano in causa le relazioni con le classi dirigenti…
«Le relazioni di complicità, connivenza, tolleranza da parte di settori delle classi dirigenti meridionali e nazionali verso l’azione delle mafie sono dimostrate da decenni di processi, inchieste e ricerche. Non bisogna però, anche in questo caso, procedere con generalizzazioni false e fuorvianti: nelle regioni meridionali lavorano, per lo più in silenzio e senza clamore, tante e tante migliaia di professionisti, operatori della giustizia e della sicurezza, imprenditori, lavoratori, esponenti di sindacati e associazioni di categorie e di terzo settore, movimenti sociali, operatori parrocchiali che ogni giorno costruiscono legalità con le loro azioni».
Se questo è il quadro “politologico”, non c’è da scandalizzarsi della sempre più scadente partecipazione politica: si parla di “partecipazione distorta”…
«E’ vero. Il dato della partecipazione elettorale, che vede crescere in maniera travolgente nell’intero paese il partito del non-voto, segna nel Sud indici ancora peggiori, tanto che in qualche provincia meridionale alle ultime elezioni politiche, quelle del 2022, ha votato meno della metà degli aventi diritto. E’ un dato estremamente grave e preoccupante, a maggior ragione se combinato con la presenza nelle stesse realtà di quote notevoli di voto di scambio, gestito nella maggior parte dei casi dalla clientela politica, ma in alcune zone, peggio ancora, direttamente dalla mafia».
Professore, “Sud delle patologie” e “Sud delle speranze”?
«Credo che il Mezzogiorno d’Italia esprima, in maniera esasperata, molti nodi irrisolti che caratterizzano, per altro verso, la crisi delle democrazie occidentali: disuguaglianze crescenti a livello sociale e regionale, inadeguatezza dei governi, disaffezione e discredito nei confronti delle istituzioni e delle organizzazioni politiche, tentazioni autoritarie, legalità debole e minaccia criminale diffusa. Eppure, non meno di altre società in crisi, il Mezzogiorno è malato ma assai vivo, e più vivace di quanto appaia a prima vista».
*
Antonio Costabile, cosentino, classe 1953, già ordinario di Sociologia dei fenomeni politici presso il Dipartimento di scienze politiche e sociali dell’Università della Calabria, si occupa principalmente dei caratteri del potere politico, delle relazioni tra politica e comunità, della modernizzazione sociale
e politica nel Mezzogiorno d’Italia. Nel 2009 ha dato alle stampe una della più importanti ricerche sul sistema politico meridionale (Legalità, manipolazione, democrazia, Carocci, Roma), evidenziandone le maggiori prospettive di analisi lungo i filoni della legalità, della manipolazione sociale e politico-elettorale e della qualità della democrazia. Tra le altre sue pubblicazioni occorre ricordare Il potere politico (Carocci, 2002); (con P. Fantozzi), Legalità in crisi (Carocci, 2012); (con M. Pendenza), Max Weber. Teorie sociologiche e politica (Franco Angeli, 2021).
TUTTE LE NEWS DI POLITICA
- La foto della trattativa Pd-mafia ›
- Decaro sarà candidato Pd alle elezioni europee ›
- Caso Decaro: la timeline degli eventi ›
- Decaro si candida alle Europee. Ed ha usato il suo caso politico-giudiziario a proprio vantaggio ›
- Per difendere Decaro, Emiliano confessa la trattativa Pd-mafia ›
- Il caso Emiliano-Decaro mostra chiara la differenza tra centrodestra e sinistra ›