Sulla questione sci l'ultima figuraccia del governo e dell'Europa
Mancano linee certe, uguali per tutti i paesi e noi paghiamo più degli altri la debolezza del nostro esecutivo
In Italia si litiga, in Francia si decide e nessuno si lamenta, in Svizzera fanno come gli pare, in Austria attaccano l'Europa e a Bruxelles dormono. Sembra una barzelletta ma purtroppo è tutto vero. Quelle che avete appena visto sono, estremizzate, le posizioni dei paesi e della Ue davanti a quella che da giorni è la questione più discussa: a Natale si può sciare o no?
In Italia si tentenna, con il governo che (ancora non ufficialmente) propende per la chiusura degli impianti, memore dell'eccessiva libertà concessa ad agosto rivelatasi poi la miccia da cui è esplosa la seconda ondata, e le regioni alpine con tutto il mondo del turismo che lanciano il disperato grido d'allarme per le perdite da miliardi di euro. Ognuno che dice la sua, compreso Alberto Tomba, ma le divisioni e la tensione resta alta. Unica certezza la richiesta all'Europa di una linea uguale per tutti, ma di rimborsi e aiuti economici non se ne parla.
C'è poi la Francia dove Macron ieri ha comunicato ai suoi concittadini che non si scia, punto e basta. Tutti d'accordo, zero polemiche.
Dalla vicina Svizzera arrivano segnali contrastanti ma alla fine per Natale in una maniera o nell'altra ci sarà il via libera a sciatori e snowboarder. Lo facciamo per non uccidere la nostra economia, dicono a Berna. È sempre una questione di vita o di morte, a volte sanitaria altre economica.
L'altra grande nazione alpina europea, vera patria continentale degli sport della neve, è l'Austria. Il Cancelliere Sebastian Kurz, in maniera molto imperiale, ha detto chiaro e tondo: «Cara Europa, se mi ordini di chiudere tutto io obbedisco ma quello che non incasso me lo devi rimborsare, fino all'ultimo euro e in fretta. Altrimenti tengo aperto».
E poi c'è l'Europa, quell'entità astratta cui spetta l'ultima parola, quella decisiva. Al momento però nessuna notizia certa e, dove non c'è certezza non può che regnare il caos. Con tutti i rischi del caso.
Noi italiani ad esempio saremmo costretti a chiudere le frontiere verso i paesi confinanti dove altrimenti gli sciatori si riverserebbero in massa (il Tirolo è ad un passo dal Brennero, tanto per fare un esempio). Con il rischio che gli italiani vadano ad arricchire le casse di alberghi e piste straniere, invece che quelle nostrane, e poi rientrino magari con qualche malato in più. Il problema è che ci sarebbe da prendere il Trattato di Schengen e metterlo in soffitta per un po'.
La soluzione del caso in realtà è semplice: niente sci fino a metà gennaio con i governi (con i soldi dell'Europa) a rimborsare le perdite delle singole attività del settore. Non dirlo significa solo una cosa: che manca il coraggio e la capacità di farlo.
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