I dati economici positivi non frenano i criticoni (a prescindere) della Meloni
Pil, spread, Piazza Affari
Giudicare un governo è complesso, se non impossibile soprattutto guidarlo in maniera obiettiva ed onesta. Qualsiasi decisione o risultato infatti viene letto in maniera differente a seconda che ci si trovi nella maggioranza o nell’opposizione; un atteggiamento che va avanti da qualche decennio ma che il Governo Meloni ha riportato ai massimi livelli.
Ci sono però degli indicatori per quanto riguarda l’economia che, messi assieme portano a conclusioni difficilmente discutibili; si parla infatti di numeri, cifre, non opinioni. Quello che è più è più, quello che è meno è meno.
Così abbiamo controllato ad esempio lo spread, quella cosa che ha terrorizzato il paese all’epoca dell’ultimo governo Berlusconi che proprio dalla crescita di questo valore, arrivato in quei giorni caldissimi oltre quota 500, costrinse il leader di Forza Italia. Ricordiamo bene come la sinistra e non solo, presentavano lo spread come il vero misuratore della forza e della credibilità non solo dell’economia ma di un paese intero. Bene: ultimo giorno di governo Draghi, spread a quota 229. Non solo. Il giorno dopo il voto delle elezioni politiche, martedì 27 settembre 2022, il valore toccava il suo massimo: 250. Inutile dire che l’opposizione, sconfitta, pronosticava ulteriori salite con tutte le conseguenze del caso. Da quel momento però le cose sono cambiate, soprattutto sono andate in maniera diversa. Il calo è stato quasi continuo ed oggi siamo ai minimi con la chiusura di venerdì scorso a 166, valore di assoluta tranquillità.
Parliamo di lavoro ed occupazione. Da ottobre 2022 ad aprile 2023 (il dato di maggio non è ancora disponibile) la crescita degli occupati è stata costante, ad eccezione del solo mese di marzo. Il totale degli occupati è cresciuto di 197 mila unità, la maggioranza dei quali con contratto a tempo indeterminato e soprattutto con prevalenza di donne su uomini.
Trasferiamoci in Piazza Affari, a Milano. La Borsa lo scorso 26 settembre chiuse a quota 21.207; venerdì ha chiuso a 26.700; crescita quasi del 25%.
L’indicatore principe però dell’economia di un paese è il pil; negli ultimi tre trimestri il dato complessivo è di un +0,6% con crescita ad aprile rispetto ad un anno fa di +1,9%.
Se pensiamo che questi numeri siano risultato di una crescita mondiale e continentale globale beh, non è così. La crescita dell’Italia è superiore e non di poco a quella di altri grandi dell’Europa; basti pensare che ad esempio gli ultimi due trimestri della Germania si sono chiusi con un calo del prodotto interno lordo, il che significa recessione tecnica.
Potremmo aggiungere il calo dell’inflazione emerso dalle ultime rilevazioni oppure il boom del turismo, sia per la passata stagione invernale, che per il trimestre dei “ponti e di Pasqua” con le previsioni dell’estate 2023 che si prospetta da record.
Numeri ottenuti, lo ricordiamo, con una manovra economica limitata dalle casse dello Stato non proprio ricche di quattrini.
Basta questo per dire che il governo dal punto di vista economico ha fatto bene? Beh, difficile sostenere il contrario, ma i problemi non mancano; c’è infatti una fetta di persone nel paese che vive situazioni di grande disagio. Ma, di sicuro, risulta esercizio di pura fantasia e tifoseria politica criticare l’esecutivo per le scelte fatte in campo economico. Ripetiamo: tutti gli indicatori sono positivi, in piena luce verde. Forse, più che criticare (come sta accadendo sul Pnrr), sarebbe buona cosa, per tutta Italia, collaborare quanto e dove possibile per far correre questa macchina ancora più veloce, anche se alla guida c’è qualcuno non della mia parte politica.