Il ddl Zan è discriminatorio e lo dice anche arcilesbica
Dubbi sul tanto discusso disegno di legge arrivano pure da chi, più di tutti, dovrebbe trarne beneficio
Non solo gli "ultracattolici", come noi di Pro Vita & Famiglia: anche Arcilesbica, molte femministe, e la maggioranza silenziosa degli omosessuali non allineati alla lobby LGBTQIA (...) sono fortemente critici rispetto alla proposta di legge Zan. Sanno bene che essa è ingiustamente discriminatoria nei confronti delle donne (perché devono accettare nei luoghi protetti e nelle competizioni sportive, come fossero donne, anche persone dotate di attributi e corporatura maschile, se non vogliono essere condannate per transfobia); sanno bene che è una norma liberticida perché punisce "l'intenzione" (lo dice anche Platinette), ma sanno bene che è fortemente discriminatoria anche nei confronti delle stesse persone omosessuali o transessuali che vivano con disagio la loro condizione.
Traduciamo un post dell'utente di Twitter "Eden - @mothergender" che è diventato virale poco tempo fa: «Oggi sono passati 5 anni dalla mia mastectomia bilaterale. Non pensavo che avrei sofferto così tanto, ma è davvero difficile da sopportare. Le cicatrici sono così grandi e profonde che vorrei sgusciare via, fuori dalla mia stessa pelle.
Ancora non riesco a credere che da ragazzina mi sia stato permesso di sottopormi a questa procedura. Nessuno mi ha preparato alla realtà. Mi avevano promesso sole e arcobaleni. Felicità. Tutta la mia tristezza e la disforia di genere sarebbero andate via. Ovviamente, ragazza infelice, ho accettato immediatamente.
Ora non mi sento più adatta a nessun "genere". La mia disforia è peggiorata più di quanto avrei potuto immaginare. Il sogno febbrile della transizione mi aveva accecato. Sono così stanca. Vorrei poter tornare ad essere una ragazzina e sentire dirmi di no, che la transizione di genere è la strada sbagliata».
Basta cercare su internet "detransition" per trovare centinaia di testimonianze come quella di questa ragazza (non si sa bene quanti anni abbia, ma si è fatta amputare i seni da minorenne, a quanto sembra), perché un numero crescente di persone stanno esternando i molti rimpianti che hanno dopo aver tentato di "cambiare" sesso (le virgolette sono d'obbligo, perché il sesso non si cambia: XX o XY. Quello è e quello resta). Anche il Tg di Sky UK si era interessato alla questione tempo fa e ha dato risonanza agli scandali che hanno coinvolto il Tavistock Centre del Regno Unito - dove si usano senza scrupoli farmaci ancora sperimentali, i cui effetti a lungo termine sono scarsamente studiati e documentati, su minorenni e persino su bambini di tre anni, allo scopo di bloccarne la pubertà per far "cambiare" loro sesso. In Svezia, da pochi giorni, iI Karolinska Hospital ha posto un freno e un limite a questi trattamenti per adolescenti perché hanno «conseguenze avverse estese e irreversibili come malattie cardiovascolari, osteoporosi, infertilità, aumento del rischio di cancro e trombosi». Ma noi, invece, vogliamo a tutti i costi che si approvi una norma che criminalizza chi mettesse sull'avviso e cercasse di dissuadere le persone sessualmente confuse.
E infatti, il motivo ricorrente di rimpianto dei "detransitioner" è che tutti si sono premurati di "affermare" il loro "genere percepito" e nessuno (medico, psicologo o altro consulente) li ha mai invitati a una pausa di riflessione. Nessuno li ha invitati a far adeguare la mente (plasmabile) al corpo; tutti li incitano ad adeguare il corpo alla mente con le connesse pesanti cure ormonali (che durano tutta la vita), e la chirurgia mutilante, dolorosa, con risultati il più delle volte poco soddisfacenti.
Molti medici e psicologi sono fortemente ideologizzati, accecati da quello "sbaglio della mente umana" che è la teoria gender. Gli altri sono terrorizzati dal dover subire l'accusa di omo-trans-fobia: voler "curare i gay" o voler negare ai ragazzini il diritto di "essere del genere che percepiscono" sono le accuse più infamanti che si possano subire. Ci si rimette la carriera. E - se passa la proposta di legge Zan - si commette un atto di "discriminazione", o di "violenza" nei confronti dei pazienti: in base al nuovo testo dell'art. 604 bis del codice penale, come lo vorrebbe l'art. 2 della pdl, si rischia da uno a quattro anni di reclusione (salvo aggravanti).
Gli stessi detransitioner, rischierebbero la galera: il loro grido di dolore viene facilmente interpretato come un'istigazione all'odio transfobico. Per non parlare degli ex gay e delle ex lesbiche come Luca Di Tolve o Nausica Della Valle, messi all'indice e perseguitati perché testimoniano che l'orientamento sessuale può cambiare, che l'attrazione verso le persone dello stesso sesso li ha resi infelici e che però - con adeguate "terapie riparative" - se ne sono liberati. Sulla scia delle varie "leggi Zan" vigenti, all'estero è stato vietato ai professionisti di aiutare queste persone a ritrovare se stesse. Non è questa una tragica discriminazione nei loro confronti?
Non parliamo poi dei genitori: opporsi alle "lezioni" LGBTQIA(...) nelle scuole sarà certamente reato. Rischieranno di perdere la patria potestà? Gli scandali di Bibbiano li abbiamo completamente dimenticati? In Canada, Rob Hoogland è finito in galera perché non accetta che la figlia minorenne sia stata indirizzata verso la "transizione di genere" dalla scuola e dagli assistenti sociali a sua insaputa. Anche in Italia sarebbe punibile, in base all'art. 2 della pdl Zan.
Esistono e sono pienamente efficaci le norme del Codice penale che puniscono l'omicidio, le percosse, le lesioni personali, l'ingiuria, la diffamazione con relative aggravanti per abietti o futili motivi. Perché, se si vuol - giustamente - punire più severamente chi commette violenza sulle persone, non si aumentano le pene già esistenti? Perché chi picchia o bullizza un obeso o il "secchione" della classe deve essere punito meno severamente di chi bullizza un gay? Perché la vita, la salute e l'integrità fisica di tutti gli altri vale meno di quella degli omo-trans-bisessuali?
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