Caro Di Maio, altro che abolita; la povertà si è moltiplicata
Due anni fa la celebra frase dal balcone di Palazzo Chigi che oggi sa tanto, troppo, di presa in giro
Nell'epoca della turbopolitica ogni giorno fa storia a sé. Come in una sit-com, le dichiarazioni della sera sono già contraddette la mattina dopo. Viviamo in un eterno presente, dimenticandoci in fretta del passato.
Cogliamo dunque l'occasione per ricordarlo, il passato, celebrando un anniversario importante: "Il discorso del balcone". Esattamente due anni fa Luigi Di Maio si affacciava dal davanzale di Palazzo Chigi per gridare alla folla riunita in piazza Colonna quello che poi sarebbe divenuto lo slogan di una stagione politica: "Abbiamo abolito la povertà". Essendo il personaggio abituato semmai all'abolizione della sintassi, in tanti pensarono a una svista. Un inciampo grammaticale, un errore di vocabolario. Invece no: Di Maio parlava proprio di "abolizione" della povertà. E per giunta tramite decreto, anzi, contando su un Def miracoloso che poggiava su due pilastri: il reddito di cittadinanza, e Quota 100.
Due anni dopo, ci risvegliamo con lo stesso premier che dice di voler eliminare quota 100, e di voler riformare il reddito di cittadinanza perché non funziona. Ci risvegliamo con Di Maio che è passato dal Ministero del Lavoro a quello degli Esteri per imprecisati meriti sul campo. E ci ritroviamo con un Pd che da "Partito di Bibbiano" è stato promosso alleato di governo. Nessun romanziere, nessuno sceneggiatore di fantascienza avrebbe mai potuto immaginare un finale così distopico: l'abolizione della realtà.
Già, perché la povertà, purtroppo, è tutt'altro che abolita. Nel secondo trimestre la ricchezza nazionale è precipitata del 12,8%, e chiuderemo l'anno forse con un calo in doppia cifra. Secondo Confesercenti le famiglie perderanno in media 1200 euro l'anno, nonostante i sussidi (inutili) e la cassaintegrazione (che fatica ad arrivare per tempo). Il tasso di disoccupazione giovanile è tornato sopra il 30%. Il reddito di cittadinanza ha procurato un posto a 200 mila persone a fronte di 3 milioni di percettori. La tenuta sociale del Paese danza sul parapetto, un po' come Di Maio che su quel balcone prometteva il paradiso per tutti.
Certo, c'è stata la pandemia di mezzo. Certo, ci siamo ancora dentro. Ma se l'economia affonda, in questo tempo di guerra, è anche perché nessuno in tempo di pace ha saputo traghettarla in un porto sicuro. Allo stesso modo, oggi come ieri, non esiste ancora un piano dettagliato per uscire dalla palude, per riaccendere la produzione industriale, i consumi e l'occupazione. Regna per l'appunto la "politica del balcone", le televendite, gli annunci, i provvedimenti spot, i cerimoniali televisivi, e da ultimo, si è preferito tagliare i parlamentari piuttosto che gli sprechi veri.
Chi oggi dovesse mai riaffacciarsi su piazza Colonna per sparlare di povertà, si tufferebbe non già in un bagno di folla, ma di fischi. E verrebbe considerato per quello che è: fuori come un balcone.