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ANSA/ANGELO CARCONI
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Di Maio e Salvini: tutte le liti tra i due vicepremier

Dagli inceneritori al condono, dalla prescrizione alle Olimpiadi; da inizio legislatura i due leader se ne sono dette di tutti i colori

"Gli inceneritori non servono a una ceppa". I litigi, gli scambi di battute al vetriolo e le incomprensioni tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini sono la diretta conseguenza di due anime e culture politiche differenti che cercano di convivere nel ridottissimo spazio di Palazzo Chigi.

Due nemini-amici a Palazzo

Dallo scorso giugno quando l'esecutivo guidato da Giuseppe Conte ha giurato davanti al Presidente Mattarella sono state decine le frizioni più o meno gravi tra i due leader e, a mettere i bisticci uno accanto all'altro, sembra di poter ricostruire la trama di una di quelle commedie degli equivoci di memoria goldoniana.

Prendiamo l'ultimo caso. Il vicepremier Salvini si reca a Napoli e, nel corso di una visita al Corriere del Mezzogiorno, a proposito dell'emergenza rifiuti in Campania dice: "Bisogna capire che serve un termovalorizzatore per ogni provincia".

Questione inceneritori

Affermazione che ai duri e puri del reciclaggio di matrice pentastellata fa l'effetto del gessetto sulla lavagna e così a distanza arriva la piccata replica di Di Maio che, a proposito della questione, scrive su Facebook: "La terra dei fuochi è un disastro legato ai rifiuti industriali, provenienti da tutta Italia (...) Quindi gli inceneritori non c’entrano una beneamata ceppa e tra l’altro non sono nel contratto di governo".

E la "benamata ceppa" al capo leghista non è piaciuta per nulla tanto che a sera si è detto "choccato" per le parole dell'alleato e, sempre via Facebook ha spiegato: "La percentuale di raccolta differenziata in Campania è di quasi 20 punti inferiore rispetto alle altre regioni italiane.
Non solo: nel 2016 la regione ha esportato in Italia e in Europa 300MILA tonnellate di rifiuti con una spesa per decine di milioni di euro. Da anni non ci sono interventi. 
Mi chiedo: qual è la soluzione per tutelare la salute dei campani, che peraltro pagano la tassa per i rifiuti? 
In Lombardia ci sono ben 13 termovalorizzatori che non inquinano ma producono energia e ricchezza: chi dice sempre e solo dei No provoca roghi tossici e malattie".

E ancora, a fine giornata, è stato il Presidente della Camera Roberto Fico a parlare e a chiudere la querelle scrivendo, sempre via Facebook "La camorra ha investito sul business degli inceneritori. Questo è il passato che non vogliamo più. Il futuro che vogliamo in tutta Europa è senza inceneritori e senza camorra".

Social porta rogne

E forse proprio l'abuso dei social networknella strategia comunicativa è quello che favorisce le tensioni penta-leghiste visto che l'anima gialla e quella verde del governo utilizzano per lo più la Rete per comunicare con la propria base e con l'opinione pubblica tirando acqua al proprio mulino e utilizzando toni spesso grevi.

Tanto è vero che è stato lo stesso Salvini in una recente intervista concessa a DiMartedì ha sottolineare che poi, con Luigi, le tensioni si sciolgono a sera quando i due si sentono per telefono: "Io e Di Maio ormai siamo una coppia di fatto - ha detto il vicepremier - Andiamo in giro, ci messaggiamo la mattina e la sera e ci vediamo appena possibile".

Quando i due giamburrasca dell'esecutivo esagerano a intervenire è l'azzeccagarbugli del popolo, il premier Giuseppe Conte,che cerca di distendere gli animi e mettere pezze qua e là per garantire la stabilità del Governo.

Tutta colpa della "manina"

Come dimenticare l'episodio della "manina". Metà ottobre; discussione nell'ambito del decreto fiscale. Di Maio è impegnato a far sparire la depenalizzione dei reati di auto-riciclaggio e Salvini è pronto a cedere a qualche rettifica, poi però il decreto viene firmato e nella versione definitiva la depenalizzazione resta.

Di Maio accusa l'alleato di aver manipolato il testo, di averci messo "la manina" e lo definisce "furbo", e Salvini, scandalizzato, rimanda al mittente le accuse dicendo di non voler passare per "Stupido".

"La pazienza ha un limite - sbotta Salvini in una delle molteplici dirette Facebook - la Lega non può finire in mezzo alle beghe dei Cinquestelle. O non hanno capito, o non hanno letto, o hanno cambiato idea. Se qualcosa non andava bene, non c’era bisogno di un tale cancan: si alzava il telefono e si cambiava tutto. Però adesso per scemo non passo. Inizio ad arrabbiarmi" e così Di Maio replica: "Se Salvini dice che non vuole passare per fesso, io non posso essere scambiato per bugiardo. E se mi si dice che io ero distratto, non ci sto. Quella roba dello scudo penale per l’auto-riciclaggio non serve, e siccome non serve sistemeremo la norma".

Tra il "fesso" e il "bugiardo" a metterci una pezza ci prova Conte che ribadisce la presenza di una fantomatica "manina" che avrebbe trascritto male la norma.

E visto che la toppa è peggiore del buco la tensione non si placa e lo scambio di accuse tra i due "cugini" di Governo prosegue. Salvini accusa Di Maio di aver imposto ben 81 emendamenti al "suo" decreto sicurezza dicendo "Non si fa così tra alleati di Governo" rinfacciando ai pentastellati di aver voluto infilare il condono Ischia all'interno del decreto Genova. 

Le Olimpiadi invernali

Per non parlare poi dei botta e risposta sul tema Olimpiadi a Milano, Torino o Cortina e con che soldi. Se il Movimento 5 stelle ha fatto a lungo scudo intorno alla battaglia del sindaco Appendino per avere Torino come unica sede per i giochi olimpici invernali del 2026, Salvini ha spinto per favorire la candidatura dell'asse nord est con il binomio lombardo veneto a cura della premiata ditta leghista Fontana Zaia.

Il tira e molla è durato a lungo prima che i 5 stelle cedessero a patto che le regioni s'impegnassero a non prendere i soldi di Roma.

Del resto in quelle settimane c'era in ballo il reddito di cittadinanza che la Lega ha fatto passare col naso tappato con Salvini che ha ammesso: "Va bene perché Di Maio mi ha detto che serve per il reinserimento nel mondo nel lavoro e non sarà una misura di assistenzialismo a fondo perduto".

Le mille liti di Di Maio e Salvini

Me le occasioni per tirare il freno a mano l'uno al carro dell'altro non sono mancate fin da subito e sono andate dalla direzione dell'Agenzia Spaziale alle nomine Rai variando per tema e importanza politica.

A giugno, ad esempio, i pentastellati avevano rilanciato la vecchia battaglia sulle targhette identificative per la Polizia con un Salvini che aveva tagliato corto asserendo: "Non se ne parla proprio, le nostre forze dell'ordine sono fin troppo in balia dei delinquenti" e così Di Maio aveva pizzicato il parente-serpente di Governo sottolineando che la vecchia battaglia salviniana sul vincolo ai pagamenti in contanti non era nel contratto di governo.

Ma si potrebbe andare avanti all'infinito. Sulle grandi opere, per esempio. Se il movimentismo grillino ribadisce il No a oltranza l'anima imprenditoriale della base leghista invoca il Sì ai lavori per favorire business e crescita.

E così un giorno sì e un giorno no l'alleanza dalle tinte carioca scricchiola anche se Salvini ribadisce sempre che "Farò quello che mi è umanamente possibile fare per salvare il Governo".

La questione prescrizione

Adesso la tensione è tutta sul Ddl anticorruzione all'esame della commissione Affari Costituzionali della Camera con i grillini che hanno ottenuto il sì agli emendamenti che introducono la sospensione della prescizione dopo una sentenza di primo grado e il sì all'arresto in flagranza di reato per i corrotti.

Nello stesso tempo però, per volere leghista, è stato ritirato l'emendamento sul reato di peculato e si sospetta che sia stato fatto per tutelare alti dirigenti con presunti coinvolgimenti in questo tipo di processi.

Insomma: un colpo al cerchio e uno alla botte, come ai vecchi tempi, quelli della Balena Bianca, quando le larghe intese e le pacche sulle spalle coprivano tensioni e malumori politici profondi perché a conti fatti, il Governo del cambiamento, rappresenta la promessa mantenuta di gattopardiana memoria: "Se vogliamo che tutto rimanga come è - diceva un profetico Principe di Salina - bisogna che tutto cambi". 

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Barbara Massaro