Draghi mette la politica spalle al muro: fiducia sul Ddl concorrenza
A sorpresa convocato un consiglio dei Ministri d'urgenza; 8 minuti per avvisare la politica: «Troppi freni e lentezze. Rischiamo di perdere i soldi del Pnrr»
8 minuti, dopo una telefonata a sorpresa. Nel pomeriggio Mario Draghi con due gesti fulminei mette sottosopra la politica italiana. Eppure in mattinata dopo l’informativa sull’Ucraina in cui aveva preso tempo senza dire nulla (soprattutto sull’invio delle armi a Kiev) la situazione sembrava bloccata, anzi , anestetizzata sulla stessa lunghezza d’onda con cui si va avanti da diverse settimane, per non dire mesi: partiti divisi internamente e tra di loro, più concentrati ad affilare le armi in vista delle prossime elezioni politiche che ad occuparsi della difficile questione politico-economica.
Un atteggiamento che ha portato allo slittamento eterno sulla Delega Fiscale, allo stop della Riforma della Giustizia, a mille altri freni e paletti responsabili del rallentamento dell’azione di governo. Fino alle 17.
Tra la sorpresa di tutti i ministri ed i capi di partito arrivava la convocazione per un Consiglio dei Ministri straordinario. In 8 minuti a Palazzo Chigi Draghi metteva tutto l’esecutivo davanti ad un aut aut: si metta la fiducia sul Ddl concorrenza o salta tutto.
La motivazione «tecnica» per quel che riguarda il decreto in questione, è legato alla questione dei balneari su cui Lega e Forza Italia avevano di fatto posto un veto e chiesto modifiche all’impianto originario. Ma la questione in realtà è più politica e molto più profonda: troppi freni, troppe lacerazioni, troppe puntualizzazioni dai vari leader di partito, troppe lamentele sottovoce. «Rischiamo di perdere i fondi del Pnrr» ha detto Draghi ai suoi ministri, frase che prima aveva confidato al Quirinale, informato (unico nel mondo politico italiano) della convocazione del Cdm pomeridiano e straordinario e, da quel che si dice, con un Mattarella irritato e preoccupato per l’atteggiamento dei partiti in questi ultimi mesi.
Ai ministri cui non è stato concesso troppo tempo per repliche e domande, non è rimasto altro da fare che accettare la fiducia. Si andrà in aula a contarsi e a vedere se l’invito, duro, del premier sia stato raccolto o meno.
Tutto questo mentre il centrodestra è spaccato (basti vedere il fallimento del vertice ad Arcore di pochi giorni fa), mentre il centrosinistra nemmeno esiste più con il M5S in crisi di voti ed identità sempre più lontano, soprattutto sulla politica estera, dal Pd.
Draghi comunque non scherza; il messaggio è arrivato forte e chiaro, senza possibilità di interpretazioni.
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