48 ore al voto decisivo e Draghi usa il bastone e la carota con Conte
Da una parte le convergenze tra l'agenda di governo e le richieste del M5S, dall'altra il pugno duro: «Niente Draghi bis. Il Governo ha senso se lavora»
Un colpo al cerchio ed uno alla botte. Con un messaggio chiaro al Movimento 5 Stelle: se volete la crisi di Governo dal punto di vista personale non ci sono problemi ma sappiate che sarà colpa vostra.
Non fa passi indietro il premier Draghi nella conferenza stampa sul pacchetto di aiuti a famiglie ed imprese presentato dopo l’incontro con i sindacati. Perché al netto dei progetti economico sociali dell’esecutivo, quello che conta di più in queste ore è il futuro, anzi, la sopravvivenza dell’esecutivo davanti alla sfida del voto di dopodomani al Senato sul Dl Aiuti.
«Un governo ha senso finché lavora e fa le cose - ha detto il premier rispondendo alle domande sui rapporti con il Movimento 5 Stelle - ma vorrei dire la stessa cosa a chi (leggasi, Matteo Salvini ndr) ha annunciato sfracelli in autunno. Il governo con gli ultimatum non lavora e non ha senso…». Non solo.
Riguardo all’eventuale fuoriuscita dalla maggioranza dei pentastellati il messaggio che Draghi manda a Conte e a tutto il mondo politico è forte e chiaro: «L’ho già detto. Senza M5S non c’è questo governo. E non ci sarà un governo Draghi senza il Movimento 5 Stelle».Il messaggio a Conte, quindi. è chiaro, ribadito forte soprattutto con la chiamata in causa del Presidente della Repubblica: «In aula per una verifica della maggioranza? Bisogna chiedere a Mattarella…».
Nessun Draghi bis, quindi, con i Dimaniani a sostegno (ps. tra l’altro il passaggio a Insieme per il Futuro di parlamentari M5S è continuato anche oggi…). Se Conte vuole uscire si dovrà assumere le responsabilità della crisi di governo. Crisi che arriverebbe in un momento complesso soprattutto per l’economia. Draghi ha ribadito che il paese sta crescendo ma sono troppe le incertezze internazionali per sapere se questo sarà l’andamento anche dei prossimi mesi. Spaventa soprattutto l’inflazione che, ha spiegato il premier, aumenta le differenze tra classi sociali.
Ma dall’altra parte sono arrivati anche segnali distensivi a Conte, soprattutto sulla questione del documento in 9 punti posti come condizione per restare nella maggioranza. «In quel documento ho visto numerosi punti di convergenza con l’agenda di questo esecutivo…»; in più, nel decreto di aiuti ai lavoratori Draghi ha messo non a caso al centro il lavoro precario, chi ha stipendi bassi (si lavorerà sul conto fiscale, ancor di più) arrivando persino ad ipotizzare una sorta di Salario Minimo, altro punto presente nella lista delle richieste grilline.
Mancano 48 ore dal voto in Senato, ore febbrili. Lo dimostra anche l’incontro di oggi a Palazzo Chigi tra Draghi ed il leader del partito Democratico, Enrico Letta. Un Letta preoccupato non solo per le sorti dell’esecutivo ma anche per quelle dell’alleanza sempre più scricchiolante di centrosinistra con i grillini. Inutile dire che se Conte dovesse rompere e portare al voto anticipato sarebbe molto complicato per Letta presentarsi davanti agli elettori accanto a Conte.
Due giorni, 48 ore che possono cambiare tanto, in questa legislatura quindi ma anche nella prossima. Che farà Giuseppe Conte?