La crescita del Pd, difficile da monetizzare ed in mezzo ai guai del M5S
Mentre la coalizione di maggioranza cresce e si rasserena nell'opposizione i problemi non mancano, anzi, e malgrado il successo dei dem
Mentre tutta l’Europa si interroga sulla maggioranza, l’assetto, le nomine del prossimo parlamento di Bruxelles in Italia si cerca di capire a livello politico nazionale come siano andate queste elezioni e soprattutto quali saranno le conseguenze. La maggioranza ha portato a casa il massimo possibile. Andando contro quanto accaduto in tutti gli altri paesi ed anche contro la storia e la logica secondo la quale stare al governo penalizza in termini di elettori, il centrodestra ha aumentato la percentuale dei propri consensi arrivando quasi al 48%. Inoltre è vero che Forza Italia ha superato ala Lega ma è innegabile che Salvini (grazie a Jannacci) può cantare comunque vittoria. Tutti felici, quindi ed il cielo sopra Palazzo Chigi è sereno.
Diverse le cose nel campo dell’opposizione.
Il Pd festeggia, ormai da 48 ore, e con tutte le ragioni del caso. La crescita in voti reali ed in percentuale è stata importante al punto da portare il Segretario, Elly Schlein a lanciare il guanto di sfida a Giorgia Meloni con l’ormai famoso: «Giorgia, stiamo arrivando!». C’è però un problema: il prossimo appuntamento elettorale nazionale non sembra essere vicino, anzi, a guardare come stanno le cose sono in molti a credere che Giorgia Meloni avrà l’onore di essere uno dei pochissimi Presidenti del Consiglio capaci di durare una legislatura intera. Le politiche dovrebbero quindi tenersi nel 2027, autunno 2027. Mancano quindi più di tre anni e forse, visto come vanno le cose al Nazareno ci sono più possibilità che per quel giorno il segretario del Pd sia diverso da quello di oggi. L’entusiasmo di ieri quindi scemerà presto ed è molto difficile mettere a terra nelle amministrative. Basti vedere cos’è successo in Piemonte dove la sinistra si è presa 20 punti di distacco da Cirio, centrodestra, riconfermato con un plebiscito nel posto di Governatore, per il secondo mandato consecutivo (ai piedi della Mole Antonelliana una cosa insolita).
C’è poi un altro problema: l’alleanza nel campo dell’opposizione. La Schlein ha subito spiegato che visto il successo ed i numeri il perno è il Pd. Poco dopo Fratoianni spiegava che il successo di verdi e Sinistra è netto ed ora siamo «al centro dell’alleanza contro la destra». Il problema è che 24% più 7% più il 10% del Movimento 5 Stelle fa un totale di 41%, cioè sette punti sotto il centrodestra. L’alleanza quindi va allargata ai soliti noti, Renzi e Calenda, che però hanno già detto di non volerne sapere. La matassa quindi per Schlein è difficile da sbrogliare. Anche perché l’idea del Campo Largo (tutti uniti contro la destra) non solo è quasi impossibile da realizzare ma difficilmente pagherà a livello di voti. Un’alleanza non è mai un insieme di numeri lontani tra loro, ma di politiche vicine tra loro…
Chiudiamo con il Movimento 5 Stelle, il vero unico sconfitto delle elezioni.
Giuseppe Conte, l’uomo che sognava di prendersi la guida dell’opposizione alla faccia della Schlein si sveglia sotto il 10% ben 14 punti lontano dai dem. Una batosta che ha scatenato diverse critiche interne, anche dure, dirette proprio alla sua gestione del partito ed anche a certi atteggiamenti personali. La svolta pacifista un tot al chilo, i proclami sul Reddito di Cittadinanza europeo non hanno fatto presa nemmeno al sud, il prezioso bacino di voti grillini. Il Movimento si trova così a vivere forse il momento di maggiore difficoltà della propria storia. Serve un cambio di linea, di idee e forse anche di leadership.
Anche per questo Giorgia Meloni, mentre ieri tutti commentavano il voto, si è spostata a Borgo Egnazia, a pensare al G7, serena.