Con l'esame del Dna daremo un nome ai marò trucidati nel 1945
Parlano i familiari: «No a strumentalizzazioni politiche, ma giusto identificare i resti dei nostri cari». Quasi 15.000 euro già raccolti per gli accertamenti sulle ossa dei fucilati dai partigiani titini lanciata da Panorama.it
«Per la nostra famiglia sarebbe un sogno identificare i resti di mio zio riportandolo finalmente a casa. È un dovere alla memoria di papà, che non ha mai più saputo nulla di suo fratello partito per la guerra e ufficialmente disperso» spiega Maria Antonietta, nipote di Francesco De Muru, uno dei marò passati per le armi dai partigiani di Tito e sepolti in una fossa comune per 75 anni.
Classe 1924, era partito giovanissimo da Posada, in provincia di Nuoro, per il secondo conflitto mondiale. Dopo la resa, a fine aprile 1945, è stato prima torturato e poi passato per le armi dai partigiani di Tito assieme ad altri 21 marò della X Mas e a sei militi italiani del battaglione Tramontana di Cherso.
Per 75 anni i resti sono rimasti sepolti ad Ossero sull'isola oggi croata. Nel 2019 sono stati riesumati e tumulati con tutti gli onori al sacrario di Bari in 27 cassettine ognuna con su scritto «caduto ignoto». Adesso, grazie ad una raccolta fondi della Comunità italiana degli esuli di Lussino e ripresa da panorama.it, si cercherà di dare ai resti un nome con le tecniche più innovative. «Fino al 13 gennaio sono stati donati 14.772 € per l'identificazione dei marò di Ossero. Un successo» dichiara Licia Giadrossi, che guida il gruppo di esuli costretti ad abbandonare le loro terre dopo la fine della seconda guerra mondiale.
Per realizzare il «sogno» di Maria Antonietta De Muru bisogna partire dal Dna dei familiari delle vittime interpellati da Panorama. «Lo zio aveva 20 anni e noi nipoti siamo in sei, cinque sorelle e un fratello, sicuramente disponibili all'esame del Dna e alle procedure necessarie» spiega la nipote del marò. «Come famiglia siamo pacifisti e pensiamo che sia assurdo aver perso la vita in guerra. Per anni si pensava che Francesco fosse affondato con la nave che lo portava al fronte. Quando ho raccontato alla mie sorelle la fine dello zio, le fosse che ha dovuto scavare con gli altri ragazzi, siamo rabbrividite. Non ci sono parole per commentare i crimini di guerra compiuti da una parte e dall'altra». Dopo tre quarti di secolo «di un dolore tremendo sarebbe un sogno deporre un fiore sulla tomba con il nome dello zio» se verrà identificato dall'oblio di un passato tragico e sanguinoso.
Il vero mastino di questo cold case della storia è Federico Scopinich, esule da Lussinpiccolo che vive a Genova. «Fino ad oggi abbiamo trovato i discendenti di nove marò fucilati a Ossero. E stiamo cercando di risalire agli altri per l'identificazione attraverso il Dna» spiega Scopinic. A dargli una mano nelle minuziose ricerche, Riccardo Maculan, carabiniere in pensione di Vicenza. «Tutto è iniziato 15 anni fa e non è stato facile - racconta l'esule - A Neresine (località sull'isola di Cherso dove i soldati sono stati fatti prigionieri, nda) ho conosciuto Silvia Zorovich che diceva in dialetto veneto "Mi son italiana", assieme alla sorella Maria. Le prime a mettermi sulle tracce della fine dei marò". Le due sorelle rammendavano e facevano il bucato per i militari italiani, ma sono rimaste sotto la Jugoslavia di Tito.
«Mi hanno messo in contatto con Floriana, sorella di Ermanno Coppi, che conservava le lettere spedite a casa dal marò ucciso a Ossero» conferma l'esule. Scopinich grazie a testimonianze e documenti ha ricostruito tutto fino alle fosse comuni. Floriana adesso ha 91 anni, ma Panorama ha parlato con la figlia Gabriella. «All'inizio era dato per disperso e per anni non si è mai saputo nulla» spiega la nipote. «Sono andata a Ossero e ho parlato con un'anziana, testimone oculare di come quella ventina di marò fossero stati portati via e fucilati». Gabriella sottolinea: «Non voglio ci sia alcuna strumentalizzazione politica, ma sono assolutamente disponibile alla prova del Dna. Mi sembra giusto per quanto ha sofferto la nonna e la nostra famiglia».
Per il «cold case» di Ossero si è subito messo a disposizione Paolo Fattorini, esperto di identificazione genetica dell'Università di Trieste, con le tecniche innovative chiamate next generation. Grazie all'iniziativa lanciata da Panorama ha offerto gratuitamente il suo prezioso aiuto anche Francesco Introna, cattedratico di Medicina legale a Bari ed esperto in antropologia forense. «Per contribuire senza indugio in quest'opera di umanità e ricerca della verità storica» evidenzia Luigi Antonio Fino, medico che ha coinvolto Introna. L'esperto ha lavorato pure all'identificazione delle vittime nella guerra etnica in Kosovo.
«Il nostro compito, a parte rappresentare la sede logistica delle operazioni, (le ossa riesumate ad Ossero sono nel sacrario di Bari nda)» osserva Introna «potrebbe essere quella di effettuare sui resti la definizione del numero delle vittime, la determinazione delle cause di morte, nonché tentare la sovrapposizione cranio-foto (ove fossero disponibili foto dell' epoca di ciascun disperso) volte ad indirizzare e corroborare le indagini del Dna».
Il foro alla nuca sul cranio di una delle vittimedi Ossero (Flavio Asta)
Iginio Sersanti
Iginio Sersanti aveva 24 anni quando è stato fatto prigioniero dopo aver difeso un lembo d'Italia a Cherso in una guerra perduta. Cristian Sersanti non l'ha mai conosciuto essendo nato l'anno dopo la fine del conflitto. «Lo zio aveva una fidanzata sull'isola» racconta il nipote. «Dopo la guerra era in contatto con i nonni e ha cercato Iginio per tutta l'Istria, ma inutilmente». Sersanti ha solo qualche foto in bianco e nero del marò fucilato dai titini. «Se riuscissimo a identificarlo con il Dna» sottolinea il nipote «sarebbe bello portarlo a Gabicce, in provincia di Pesaro-Urbino e seppellirlo al fianco di mio padre e dei nonni».
Emilio Biffi.
Le schede biografiche Marò fucilati ad Ossero il 21 aprile 1945.
Degli altri marò trucidati sono stati rintracciati sorella e nipote di Ettore Broggi della provincia di Varese. La figlia di Dino Fantecchi, fiorentino, che poi è scomparsa, ma c'è un nipote, come per Luciano Medri e Fabio Venturi. A Lecco nel 1922 era nato Emilio Biffi e la comparazione con il Dna lo farà uno dei pronipoti. «Era il fratello, dato per disperso, di nonno Carlo» racconta il giovane. «Emilio è stato probabilmente fucilato con gli altri, ma la certezza è possibile solo con la comparazione del Dna, che potrebbe dare un nome ai resti». Il pronipote ringrazia la comunità degli esuli che ha dato vita a questa iniziativa oltre a chi si è concentrato per anni sulle ricerche. E puntualizza: «Lasciamo in pace la storia e da parte la politica. Mi interessa solo il lato umano e se verrà identificato il fratello di mio nonno vorrei portarlo nella tomba di famiglia».
Raccolta fondi: "Per l'identifcazione dei marò di Ossero"
Comunità di Lussinpiccolo - Trieste Fondo Ossero IT45P0103002230000003586982 Monte dei Paschi di Siena
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