G7 puglua
(Ansa)
Politica

Il vero sconfitto al G7 in Puglia? È Emmanuel Macron

Già indebolito dalle elezioni europee, il presidente francese non ha toccato palla sui dossier rilevanti

Se c’è un grande sconfitto del summit G7 tenutosi in Puglia, quello è Emmanuel Macron. Uscito significativamente azzoppato dalle elezioni europee della settimana scorsa, il presidente francese si è rivelato sostanzialmente irrilevante nel corso del consesso, rimediando anche alcune cocenti umiliazioni.

Innanzitutto, si è visto sbattere la porta in faccia dal ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant. Nel corso del G7, Macron aveva proposto una conferenza trilaterale tra Francia, Israele e Stati Uniti per cercare di allentare la tensione al confine libanese. Una proposta che Gallant ha respinto seccamente. “Mentre combattiamo una guerra giusta, difendendo il nostro popolo, la Francia ha adottato politiche ostili contro Israele”, ha dichiarato il ministro israeliano. “Israele non parteciperà al quadro trilaterale proposto dalla Francia”, ha aggiunto.

In secondo luogo, l’inquilino dell’Eliseo non ha fondamentalmente toccato palla sul dossier africano. Una differenza notevole rispetto a Giorgia Meloni, che è riuscita a far inserire il Piano Mattei, proposto dal governo italiano, nel comunicato finale del summit. Non solo. La titolare di Palazzo Chigi non ha neppure risparmiato una velata stoccata alla politica postcoloniale di Parigi in Africa. “La presidenza italiana ha voluto dedicare ampio spazio a un altro continente fondamentale per il futuro di tutti noi, che è l'Africa: con le sue difficoltà e opportunità ci chiede un approccio diverso da quello che spesso abbiamo dimostrato in passato”, ha affermato giovedì la Meloni. Macron, insomma, non è riuscito a essere determinante sul continente africano, mentre la Francia sta continuando a perdere decisamente influenza in Mali, Niger e Burkina Faso.

Un terzo fronte problematico per il presidente francese è stato quello della Cina. Il comunicato finale del G7 ha espresso preoccupazione per la situazione dei diritti umani in Tibet e nello Xinjiang, criticando inoltre il sostegno di Pechino a Mosca. Il nodo per Macron risiede nel fatto che, appena poche settimane fa, aveva ricevuto Xi Jinping in pompa magna a Parigi. Non solo. Era l’aprile dell’anno scorso, quando il leader francese si recò nella Repubblica popolare, sostenendo posizioni controverse sul dossier taiwanese e affermando che gli europei non dovevano essere “follower” degli americani. Una posizione filocinese in netto contrasto con quella del governo Meloni, che l’anno scorso non ha rinnovato il controverso memorandum d’intesa sulla Nuova via della seta.

Messo all’angolo, Macron ha provato a mettere in difficoltà la titolare di Palazzo Chigi, agitando la questione dell’aborto: una mossa con cui il presidente francese sperava di mettere Joe Biden contro di lei (non dimentichiamo infatti che, per Biden, quello dell’interruzione di gravidanza è un tema dirimente in vista delle prossime elezioni presidenziali americane). Manovre, quelle di Macron, che sono tuttavia naufragate. Il presidente americano vede infatti nell’attuale governo italiano una sponda atlantista sia sulla questione ucraina sia su quella cinese. Senza dimenticare che, nel faccia a faccia di venerdì con la Meloni, Biden ha anche affrontato il tema del Piano Mattei. In tal senso, Macron non aveva troppo margine di manovra per riuscire a guastare i rapporti tra l’inquilina di Palazzo Chigi e quello della Casa Bianca. Il leader francese, insomma, esce ulteriormente indebolito dal summit del G7. Non una buona notizia per lui, vista la campagna elettorale che deve prepararsi ad affrontare.

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Stefano Graziosi