Giorgia Meloni compatta i conservatori ma sul fisco resta ancora tanto da fare
La kermesse di Milano conferma la centralità di Fratelli d'Italia
Nel congelamento del sistema politico italiano dovuto al governo Draghi e alla guerra in Ucraina Giorgia Meloni e il suo partito stanno attraversando il loro momento migliore. Non soltanto sondaggi in salita, ma dalla kermesse di Fratelli d’Italia che si è tenuta lo scorso weekend a Milano emerge un partito unito e una leadership più matura. Merito dell’opposizione prolungata, dove essere uniti e coerenti è più facile che stando al governo, ma anche dell’abilità della Meloni nel gestire messaggi e passaggi politici.
Ad esempio, la leader di Fratelli d’Italia è sempre stata aperta al dialogo e all’ascolto con il premier Draghi, optando per una opposizione soft; nella partita del Quirinale si è mossa con discrezione, senza offendere Mattarella che non ha votato; e ha poi scelto un posizionamento internazionale atlantista e conservatore, ma non euroscettico. La Meloni sembra aver compreso, e non da oggi, che chi aspira a governare un paese sommerso da vincoli europei, internazionali e finanziari non può flirtare né con posizioni anti-euro né con gli interessi russi e cinesi. Se tutto questo è un cammino positivo per la costruzione di una destra di governo - come avviene in Spagna, Francia, Austria, Polonia, Olanda e molti altri paesi europei - ancora non del tutto chiaro è il programma economico di Fratelli d’Italia. Lo scenario in cui si muove la fine della legislatura è molto fosco.
La crescita è in frenata, l’inflazione è in ascesa, i rischi di una stagflazione sono concreti. Inoltre, per reagire alla pandemia il debito pubblico italiano è stato lasciato esplodere ma presto i suoi costi diventeranno più pressanti, lo stato ha esteso il proprio intervento tanto sul lato sociale quanto su quello imprenditoriale, il Recovery Plan ha creato nuove forme di dirigismo multilivello la cui efficacia è tutta da verificare nei prossimi anni. Ci si chiede quale sia, guardando al futuro, la posizione della Meloni su questi temi. Come devono convivere stato e mercato, dove tagliare eventualmente la spesa pubblica, come gestire un apparato pensionistico sempre più pesante, quali priorità portare ai tavoli europei e, di conseguenza, quale politica fiscale adottare per rilanciare l’economia?
Sul fisco, per un partito che ha svelato la chiara ambizione di voler parlare a chi produce, sembra esserci ancora molto da fare per Fratelli d’Italia. Il paese abbisogna di una radicale riduzione del peso fiscale su chi produce, ma questi tagli devono essere sostenibili. E per farlo ci sono due strade, percorribili insieme oppure separatamente: negoziare maggiore spazio fiscale in Europa oppure coprire le defiscalizzazione con tagli di spesa o razionalizzando i numerosissimi bonus. La formula pragmatica si può trovare, ma è evidente che il paese che produce - imprese e lavoratori - da questo momento si aspetta molto da Fratelli d’Italia. Lo stesso vale per la gestione del risparmio, dove esiste la necessità di “finanziarizzare” il paese per far fluire il risparmio liquido dei cittadini verso le imprese italiane. Si può fare con un veicolo pubblico oppure attraverso il coordinamento di attori privati, ma vista la caratura tutta politica della Meloni è bene che il suo programma si spinga oltre, laddove i tecnici come Draghi non ha potuto osare. In altre parole, la posizione e la comunicazione politica funzionano ma una visione generale dell’economia e dello Stato italiano sembrano ancora in uno stato embrionale.
È probabile che Fratelli d’Italia diventerà il primo partito del centrodestra. È possibile che dal 2023 si ritroverà a governare o insieme alla Lega e Forza Italia, due partiti in crisi di consensi e leadership, oppure in una nuova grande coalizione. Per svolgere al meglio questo compito è bene che si arrivi a quel momento con la massima chiarezza possibile delle idee, in special modo economiche. Nelle stanze del governo, infatti, iniziano poi le contrattazioni con gli alleati e, soprattuto, quelle con una burocrazia arcigna e, nel caso di Fratelli d’Italia, quasi sempre lontana sul piano ideologico. Due fattori che tendono a risucchiare e depotenziare anche i programmi più chiari, figurarsi quelli meno. In conclusione, è necessario che il lavoro della Meloni non si fermi nei prossimi mesi e che il suo partito arrivi con promesse e soprattutto con priorità chiare all’eventuale prova di governo. Si dice sempre che il Parlamento sia una palude, ma non è meno vero per i corridoi ministeriali di Roma e per le direzioni generali di Bruxelles. Il ritorno della politica, in un paese che ha lasciato quasi tutte le decisioni ai tecnici, richiede sempre maggiore impegno da parte di chi aspira a rappresentare, governare e cambiare qualcosa.
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