Meloni in Senato: «Sosteniamo gli sforzi di Trump per la pace, no all'invio di truppe italiane in Ucraina»
(Ansa)
Politica

Meloni in Senato: «Sosteniamo gli sforzi di Trump per la pace, no all'invio di truppe italiane in Ucraina»

Nel suo intervento alla Camera alta la premier sottolinea l'importanza dell'unità occidentale, definendo l’invio di truppe europee proposto da Francia e Regno Unito come «un’opzione rischiosa, molto complessa e poco efficace». Sul "ReArm Europe" l'Italia «non intende distogliere un solo euro dalle risorse dei fondi di coesione».

È da poco terminato l’intervento in Senato della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, recatasi oggi in aula per riferire in vista del Consiglio europeo del 20-21 marzo. Tanti i temi affrontati, dalla guerra in Ucraina alle relazioni transatlantiche, per terminare con il piano "ReArm Europe", dove nei giorni scorsi la coalizione di governo ha dovuto far fronte ad alcune differenze di vedute, con la Lega di Matteo Salvini che non ha mai nascosto un certo scetticismo nei confronti del piano.

Proprio per superare queste lievi differenze di vedute, la maggioranza ha elaborato una risoluzione di dodici punti, evitando riferimenti espliciti al piano di riarmo europeo e privilegiando formule più generiche. Il testo sottolinea il ruolo complementare di Nato e Unione Europea, richiamando all’unità dell’Occidente sul tema ucraino e dei doganali.

L’intervento della premier si è aperto sottolineando il ritardo accumulato dall’Europa nello sviluppo delle tecnologie più avanguardistiche, sottolineando quel «cambio di strategia» che richiederà al prossimo Consiglio europeo in fatto di competitività. Questo di pari passo con la richiesta di una maggiore semplificazione dei processi di regolamentazione europei, «sarò chiara, se l’Europa pensa di sopravvivere continuando a pretendere di iper-regolamentare tutto invece che liberare le tante energie di cui dispone, semplicemente non sopravviverà».

A tal fine la premier inviterà la Commissione a lavorare per raggiungere l’obiettivo di ridurre il costo di tutti gli oneri amministrativi almeno del 25% per tutti e almeno del 35% per le piccole e medie imprese, «faremo tutto quello che possiamo per impedire che l’Europa venga soffocata dalle sue stesse regole», ha sentenziato Giorgia Meloni.

È arrivato poi il commento sulla guerra dei dazi, con gli Stati Uniti che hanno imposto dazi sull’importazione di acciaio e alluminio e la Commissione europea che ha annunciato tariffe di ritorsione. «Sono convinta che si debba continuare a lavorare con pragmatismo per trovare un possibile terreno d’intesa e scongiurare una guerra commerciale che non avvantaggerebbe nessuno, né gli Stati Uniti né l’Unione Europea», è stato il commento della premier, che ha poi sottolineato i rischi collegati ai dazi di ritorsione, come ad esempio un aumento dell’inflazione. «Non sono sicura che rispondere ai dazi con altri dazi sia la scelta giusta», ha chiosato Meloni.

Sul tema immigrazione la Presidente del Consiglio sottolinea il ruolo di apripista che l’Italia ha assunto nel nuovo approccio alla gestione dell’immigrazione clandestina, rimarcando come sia fondamentale che «l’Unione Europea diventi efficace nella gestione dei rimpatri, se arrivi illegalmente in Europa devi essere rimpatriato!». A tal fine la premier ha anche rivendicato la scelta dei cpr in Albania, sottolineando anche in questo caso l’interesse e il sostegno mostrato da sempre più Nazioni europee.

Uno dei temi centrali del prossimo Consiglio sarà certamente la guerra in Ucraina. Qui la premier ha ribadito la «ferma e totale condanna dell’invasione russa», sottolineando come sia lo stallo sul campo ad aprire gli spiragli di pace. «Salutiamo positivamente questa nuova fase e sosteniamo gli sforzi del Presidente Trump in questo senso» per raggiungere un accordo che includa «solide garanzie di sicurezza».

Sui rapporti transatlantici la Presidente del consiglio ha le idee chiare: «Non è possibile costruire garanzie di sicurezza efficaci e durature dividendo l’Europa e gli Stati Uniti. È giusto che l’Europa si attrezzi per fare la propria parte, ma è folle pensare che oggi possa fare da sola fuori dalla cornice della Nato». Un attacco velato alle opposizioni. «Chi ripete ossessivamente che l’Italia dovrebbe scegliere fra Europa e Usa lo fa strumentalmente per ragioni di polemica domestica», ecco invece l’attacco diretto. «Scavare un solco fra le due sponde dell’Atlantico serve solo a indebolire l’intero Occidente a beneficio di ben altri attori».

È arrivato infine il momento degli argomenti più scottanti: l’invio di forze europee di peace-keeping e il piano “ReArm Europe”. Sul primo argomento la premier ha affermato che «l’invio di truppe italiane in Ucraina non è mai stato all’ordine del giorno», rimarcando anche che non si debba sostenere acriticamente ogni decisione dei partner europei a danno dei partner americani, ma fornire un franco punto di vista e, se necessario, segnalare il suo dissenso.

Ecco quindi arrivare la critica al piano franco-britannico di inviare soldati per il peace-keeping in Ucraina: «proposta che rispettiamo ma che non ci convince», «riteniamo che l’invio di truppe europee proposto da Francia e Regno Unito sia un’opzione rischiosa, molto complessa e poco efficace». Meloni ha quindi reiterato la sua proposta: proporre rassicurazioni simili all’articolo 5 all’Ucraina, che, come sottolinea la premier, non prevedono un intervento automatico in guerra a favore dell’Ucraina, ma l’assistenza all’aggredito con le azioni che si reputano più necessarie.

Sul “ReArm Europe”, che aveva generato qualche tensione con la Lega, Meloni afferma che «senza approccio a 360 gradi non c’è difesa, senza difesa non c’è sicurezza, senza sicurezza non c’è libertà». La premier ha quindi voluto puntualizzare che gli 800 miliardi annunciati dalla Commissione «non sono né risorse tolte ad altri capitoli di spesa né risorse aggiuntive europee; l’Italia si è opposta con fermezza alla possibilità che una quota dei fondi di coesione, per noi fondamentali, venisse automaticamente spostata sulla difesa. È una battaglia che abbiamo vinto. L’Italia non intende distogliere un solo euro dalle risorse di fondi di coesione».

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Simone Mesisca