Nel giorno più lungo del suo esecutivo Draghi tende la mano a Conte e al M5S
"Senza il M5S questo governo non si fa" ha spiegato il premier alla stampa dopo il consiglio dei ministri cercando di smorzare le polemiche, che nel Movimento restano
A vedere la conferenza stampa post Consiglio dei Ministri di Mario Draghi si potrebbe anche pensare ad un giovedì più o meno tranquillo con l’attenzione dell’esecutivo focalizzata sul rinnovo del Decreto Bollette con il prolungamento delle misure contro il caro energia (compreso lo stoccaggio del gas su cui si punta al 90%, con riempimento in crescita) ed il via libera all’assestamento di bilancio (provvedimenti in scadenza proprio il 30 giugno). “Per questo sono rientrato ieri notte e non oggi dal vertice Nato prima del previsto” ha esordito nella conferenza stampa post cdm il premier Draghi, giusto per chiarire alcune delle voci sulle tensioni di queste ultime ore nella maggioranza.
E invece quello di oggi è stato senza dubbio il giorno più lungo per il suo Governo che nelle ultime 24 ore ha dovuto fare i conti con le tensioni mai cos forti con il Movimento 5 Stelle. Tensioni scoppiate ieri dopo la presunta richiesta di allontanamento di Giuseppe Conte che Draghi avrebbe fatto a Beppe Grillo. Frase inutilmente smentita sia da Palazzo Chigi che dallo stesso Grillo dato che nel M5S è scattato l’allarme rosso. Molti, moltissimi i parlamentari pentastellati che hanno chiesto e spinto per lasciare l’esecutivo, concedendo un appoggio esterno; tutto questo malgrado il fondatore, corso a Roma per gestire l’emergenza (senza poco successo), abbia più volte ribadito la linea della fedeltà all’esecutivo.
“I risultati sul piano internazionale e nazionale sono il merito di questa maggioranza che sa prendere decisioni con generosità avendo come bussola l’interesse dell’Italia - ha spiegato Draghi alla stampa a Palazzo Chigi - Abbiamo davanti molte sfide. Sono convinto che potremmo superarle se sapremo mostrare la stessa convinzione mostrata in questi mesi di governo. Sono ottimista. Il governo non rischia perché l’interesse nazionale è preminente in tutte le forze che sostengono l’esecutivo. Questo governo è stato formato per fare. Ho anche detto che questo governo non si fa senza il M5S, non ci accontentiamo di un loro appoggio esterno. Lo dissi nelle consultazioni e lo ribadisco ora. Sono certo che il movimento darà il suo prezioso contributo in questi mesi. Nessuno ha chiesto un rimpasto e non ci sarà”.
Ma le tensioni tra i grillini sono alte proprio tra chi si schiera con Grillo (una piccola minoranza) e chi invece, molto, molto numerosi, sono dalla parte del Capo Politico, Giuseppe Conte. Chi per fedeltà al due volte presidente del consiglio e chi, senza nemmeno troppo nasconderlo, per combattere l’altra grande partita interna al Movimento, quella sul doppio mandato.
Grillo anche oggi ha ribadito la linea dura con il tetto dei due mandati, senza alcuna regola perché “si tratta di uno dei nostri principi fondamentali che non possiamo tradire”; dall’altra parte invece Conte, disponibile a togliere il limite o quantomeno a concedere più di una deroga.
A testimonianza dell’alta tensione tra i palazzi della politica a Roma anche l’incontro al Quirinale tra Mattarella (che ieri aveva ricevuto per oltre un’ora un irritatissimo Conte) e Mario Draghi, rientrato prima del previsto e del desiderato dal vertice Nato di Madrid. Secondo i comunicati ufficiali si è trattato di un colloquio con al centro proprio l’esito del G7 e del vertice Nato ma è scontato che in realtà si sia parlato molto anche della politica interna e delle tensioni nella maggioranza.
Dove, come se non bastasse la polveriera a 5 Stelle, anche la Lega ha alzato il tono della voce contro le manovre del Pd sullo Ius Scholae e sulla liberalizzazione delle droghe leggere. Salvini ha ribadito che i due provvedimenti non avranno l’appoggio leghista, non solo, ha anche spiegato che non è il modo e nemmeno il momento di rompere gli accordi tra le parti variegate della maggioranza.
Una posizione netta che ha obbligato il Partito Democratico ad una mezza marcia indietro; il Nazareno infatti oggi ha precisato che il provvedimento sulla cittadinanza per gli studenti stranieri “non fa parte del programma di governo ma si tratta di una battaglia di civiltà”.
“Sono proposte di iniziativa parlamentare. Io governo non prende posizione ed io non li commento. Di sicuro non portano a nessun problema per il governo” ha chiosato sui temi il premier.
Per non farsi poi mancare nulla non sono mancate nemmeno oggi degli attriti tutti interni alla coalizione di centrodestra. A riaccendere la brace che cova ormai da mesi, una dichiarazione dell’ex leghista e sindaco di Verona, Tosi, oggi in Forza Italia e eliminato al primo turno delle elezioni comunali vinte dal centrosinistra, secondo cui “Giorgia Meloni è come Marine Le Pen, ha la maggioranza dei voti ma non vince mai…”. La pace ed il dialogo che il popolo di centrodestra si aspetta e merita sono un’altra cosa
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