La forza della politica estera del governo Meloni
Le difficoltà sul piano interno fanno da contraltare alla forza ed alla chiarezza della politica internazionale dell'esecutivo
Se sul fronte interno il governo è costretto a misurarsi con diverse difficoltà, dal PNRR all’immigrazione, e spesso a procedere con maggiore lentezza per gli equilibri tra i partiti, sul fronte della politica estera Meloni procede spedita e con le idee chiare.
I fronti su cui Meloni è impegnata sono quattro: asse Atlantico con Stati Uniti e Regno Unito; Ucraina; Africa settentrionale e corno d’Africa; indo-Pacifico. La recente visita a Londra mostra non soltanto una crescente connessione tra partiti conservatori, ma anche una collaborazione strategica ad ampio raggio con Londra nei settori della difesa, dell’energia e dell’immigrazione. Una iniziativa che si accoppia alla costruzione del nuovo aereo militare secondo un accordo stipulato tra Italia, Regno Unito e Giappone. Questo asse rafforza di riflesso la cooperazione con gli Stati Uniti, i quali sono interessati al sostegno all’Ucraina e ad una maggior diffidenza nei confronti della Cina e dei suoi piani di espansione tecnologica e infrastrutturale. Nei prossimi mesi capiremo quanto Meloni vuole andare in fondo nel limitare Pechino tanto per quanto riguarda il memorandum della via della seta firmato da Conte quanto sull’esercizio dei poteri di golden power.
Rispetto a Kiev la posizione del governo italiano è inattaccabile: sostegno militare ed economico e partecipazione da protagonista alla conferenza per la ricostruzione dell’Ucraina. Difficile chiedere di più ad un governo che ha nella sua maggioranza due partiti, Forza Italia e Lega, spesso tacciati di essere filo-russi.
Il terzo fronte fondamentale dell’azione governativa è quello africano. L’azione di Meloni è stata decisa: i viaggi in Libia e Algeria con l’Eni per assicurarsi giacimenti e diversificazione energetica, poi quelli in Etiopia e Somalia per sviluppare nuovi business con l’idea di avere in cambio un freno all’immigrazione incontrollata.
Per la prima volta da anni l’Italia si muove come dovrebbe nel continente del futuro, dove i rischi politici sono sempre elevati ma lo sono anche le potenzialità di crescita economica e sociale. Maggiore anche la presenza militare e commerciale italiana nell’indo-Pacifico. Di recente si sono annodati accordi con Bangladesh, India e Giappone. Relazioni commerciali rafforzate nei primi due casi, una collaborazione strategica e militare nel secondo caso. Tutta l’iniziativa si inserisce con coerenza dentro al grande gioco militare disegnato dagli americani per riequilibrare la forza nell’area di Pechino. Siamo nel campo della real politik, priva di idealizzazioni, ma siamo anche di fronte ad una politica attiva nella tutela e nella promozione degli interessi nazionali. La politica estera è stata una leva molto importante per il governo Meloni al fine di evitare le accuse di estremismo ed euroscetticismo, di legittimarsi agli occhi delle maggiori potenze occidentali. Nei prossimi anni invece la politica estera potrà diventare uno strumento di trasformazione e sviluppo economico segnando l’area in cui il governo potrà forse rivendicare i suoi maggiori successi.
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