Grillo indagato a Milano segna la fine di un intero progetto politico
Il Corriere scopre che il fondatore del M5S sarebbe indagato per «traffico di influenze illecite». L'ultima tegola su un uomo ed il suo Movimento che proprio sulla giustizia (forcaiola) aveva uno dei suoi capisaldi
Un’altra tegola sul fondatore del Movimento Cinque Stelle. Beppe Grillo è indagato dalla procura di Milano per traffico di influenze illecite. Sotto la lente dei pm, una serie di trasferimenti in denaro e contratti pubblicitari tra il blog di Grillo e la compagnia marittima che fa capo all’armatore Vincenzo Onorato. Secondo i magistrati Onorato avrebbe chiesto a Grillo una serie di interventi a favore della sua azienda Moby: richieste che il leader avrebbe veicolato ad esponenti politici. Nel comunicato del procuratore di Milnao si legge che Grillo è indagato in quanto la sua società ha percepito da Moby spa 120 mila euro all'anno nel 2018 e nel 2019. Gli uffici dell’azienda di Grillo, che gestisce il suo sito, in queste ore sono stati perquisiti dalla guardia di Finanza di Milano.
IL COMUNICATO DELLA PROCURA DI MILANO
E’ l’ultima grana per il fondatore pentastellato, che si aggiunge ai guai del figlio Ciro. Il quale, per le accuse di violenza di gruppo in Sardegna è stato rinviato a giudizio. La figura di Beppe Grillo, nata e cresciuta nel segno del giustizialismo più giacobino, si inabissa, anche mediaticamente, proprio sotto le carte bollate dei tribunali. L’ultimo sussulto, rumorosissimo, risale appunto ai giorni dell’esplosione della vicenda giudiziaria che ha colpito il figlio, quando Grillo perse la testa in diretta internet, di fatto piazzando una pietra tombale sulla sua credibilità di leader.
La ragion d’essere del Movimento, riassunta nel motto “onestà onestà”, si eclissa assieme alla gloria del capocomico. A cascata, la parabola del partito precipita, anche perché punti di riferimento autentici, in quella galassia, non ce ne sono mai stati. Il tramonto del potere carismatico del “guru” coincide con i problemi politici del “paraguru” Giuseppe Conte, costretto a giocare quasi la parte del commissario liquidatore di ciò che resta di questa creatura politica nata nel segno della rottamazione e moribonda nel segno di Mario Draghi.
Ne fa prova la sostanziale irrilevanza del M5s nella partita del Quirinale: incapace di avanzare una proposta che potrebbe frantumare il movimento, si dimena tra i protagonismi di Conte e i sotterfugi trasformistici di Di Maio. Non a caso, in questa catastrofe politica, culturale e personale, il partito crolla nei sondaggi intorno al 13%, cioè ai minimi storici. Resta da capire se nel tracollo resteranno in piedi dei cespugli vaganti, o se nelle enciclopedie politiche archivieremo questo fenomeno come una moda passeggera. Le cinque stelle cadenti.
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