Iai: «Bene Nordio sulle intercettazioni»
Per il penalista Ivano Iai «non solo gli avvocati difensori ma tutto il mondo giudiziario non può che auspicare il buon fine dell’iniziativa del Guardasigilli in materia di captazioni delle conversazioni personali nella fase delle indagini preliminari».
“Proporremo una profonda revisione” e “vigileremo in modo rigoroso su ogni diffusione che sia arbitraria e impropria”. Acquistano ogni ora il valore di un proclama le parole pronunciate al Senato dal Ministro della Giustizia Carlo Nordio: l’indicazione di una strada maestra da percorrere per portare a soluzione il delicato argomento delle intercettazioni in materia di procedimenti penali. Il Guardasigilli ha evidenziato come proprio attraverso la “diffusione selezionata e pilotata”, le intercettazioni si siano trasformate in “strumento micidiale di delegittimazione personale e spesso politica”. Alla quale sembra essere arrivato il momento di dire basta. Ecco spiegato il rigore che il Ministero di Via Arenula intende adoperare sulle intercettazioni per scongiurare l’utilizzo e la propalazione strumentale, al solo fine di aprire la gogna pubblica agli indagati.
Panorama.it ha incontrato il penalista sardo per fare il punto della situazione in materia di intercettazioni: «quello di Nordio è un invito severo a disinnescare il cortocircuito nella fase delle indagini preliminari».
Avvocato Iai, il ricorso alle intercettazioni come strumento investigativo non smette di agitare la politica ed elevare l’attenzione sull’azione della magistratura. Perché?
«Qualsiasi tema capace di sortire effetti sulle sorti dei singoli e, indirettamente, sulla società, determina reazioni, spesso contrapposte. Le intercettazioni telefoniche o ambientali e, più di recente, quelle che captano le conversazioni mediante l’inoculazione di un trojan, sono uno strumento enormemente invasivo di raccolta di informazioni e dati sulle persone. La stessa vita umana, nelle sue multiformi articolazioni - interrelazionali, domestiche e professionali - diventa oggetto di un inspicere che non risparmia neppure i sentimenti più intimi».
Si tratta di attività prevista dal codice di procedura penale…
«Certamente. Ed è proprio il codice di rito a disciplinarle tra i c.d. “mezzi di ricerca della prova”, subito dopo gli istituti più tradizionali delle ispezioni e perquisizioni e dei sequestri. Ma è dato di esperienza diffusa che la distruzione delle conversazioni irrilevanti non avvenga mai prima che tanti ne abbiano potuto ascoltare, e perfino leggere, il contenuto, non solo tra le carte dei procedimenti».
Si tratta, quindi, di strumenti procedurali diretti a ricercare le fonti di prova. Le reputa ancora utili per il procedimento penale?
«In un sistema processuale moderno chi rappresenta l’accusa dovrebbe ricercare le prove riducendo il più possibile le sofferenze umane che sono già evidenti nel dover affrontare il processo. Occorre, perciò, rivalutare la principale funzione del procedimento e, con essa, quella degli strumenti previsti per il suo svolgimento: le intercettazioni, in particolare, sono un mezzo di ricerca della prova e, proprio perché non assurgono a piattaforma del libero convincimento giudiziale, mai possono costituire il punto di partenza di un’indagine».
Torniamo al mai superato problema del bilanciamento dei diritti!
«Al vantaggio investigativo di un registratore sulla vita delle persone, non necessariamente sottoposte a indagini, si contrappongono, in ogni caso, i sacrifici individuali di riservatezza e le ingenti spese occorrenti per apparati sofisticati che captano non solo voci ma anche flussi informatici e digitali».
Le recenti parole del ministro Nordio sull’abuso dello strumento intercettivo sono un atto d’accusa verso qualcuno?
«Il ministro della Giustizia sa, da magistrato, che il cuore del processo è la giurisdizione. La fase delle indagini, nel corso della quale vengono disposte le intercettazioni, è contrassegnata dal segreto, è presidiata dal pubblico ministero ed è soggetta al controllo di un giudice ad acta, il gip. Probabilmente è sul rapporto tra pubblico ministero e gip che il ministro ha voluto accendere più di un riflettore».
Il Ministro Nordio ha passato una vita tra i banchi dell’accusa: ci sembra esemplare la sua presa di posizione…
«Il suo è stato un invito severo, ma rispettoso, a disinnescare il cortocircuito che può aver finora condizionato il ruolo del giudice in un contesto preliminare in cui, assente il contraddittorio con la difesa, deve comunque preservarne intatto il dovere di terzietà e imparzialità».
Dopo le disposizioni d’iniziativa dell’ex Guardasigilli “Cartabia” sul sistema penale e la giustizia riparativa è in cantiere una riforma “Nordio” sulle intercettazioni?
«Ogni annunciato tentativo di migliorare la disciplina prevista dagli artt. 266 - 271 del c.p.p. è lodevole quando serva realmente a superare cattive prassi o interpretazioni arbitrarie, ma è presto per valutare la portata complessiva di iniziative solo labialmente abbozzate».
Il Ministro Nordio, però, sembra riferirsi all’uso delle intercettazioni fuori dal processo…
«Emerge, ed è apprezzabile, che il Ministro della Giustizia intenda affrontare un altro profilo caldo della materia: la pubblicazione indiscriminata del contenuto delle intercettazioni e il rapporto tra processo e media. Anche questo, tuttavia, è un tema intorno al quale una futura disciplina normativa dovrà individuare strumenti di protezione adeguati a salvaguardia dei diritti della persona».
Cosa intende dire, Avvocato Iai?
«Si assiste da tempo a un paradosso, il cui corso può, tuttavia, essere nettamente invertito in funzione di tutela dei diritti umani individuali, predisponendo regole etiche e prassi negoziate che non sacrifichino, bensì nobilitino, il diritto di cronaca: il profitto dall’uso e dalla conoscenza delle intercettazioni che, sebbene irrilevanti sul piano processuale penale – e lo sono in percentuali molto alte secondo l’esperto Gioacchino Genchi – risultano, spesso, di interesse per la stampa e la società».
***
Ivano Iai, sardo di Nule (Ss), classe 1972, allievo di Giovanni Conso alla Luiss di Roma, è avvocato penalista e ricercatore in procedura penale, dopo essersi specializzato in tutela internazionale dei diritti umani fondamentali. Ha difeso personalità quali il Card. Angelo Becciu, il perito informatico Gioacchino Genchi (consulente dell’allora Sostituto procuratore della Repubblica di Catanzaro Luigi de Magistris), il Ministro Danilo Toninelli e magistrati tra cui l’ex Procuratore generale di Catanzaro Otello Lupacchini. Dal 2019 è presidente del Conservatorio di Stato di Sassari e oggi è candidato alle elezioni per il rinnovo del Consiglio Superiore della Magistratura che si terranno il prossimo 17 gennaio.
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